L’ultima difesa la poesia. Iniziamo oggi una nuova rubrica e inviamo voi lettori a inviarci i vostri testi all’indirizzo redazione[at]ilmanifestobologna.it con un breve profilo biografico. Le selezioneremo e le pubblicheremo volentieri.
di Carmelo Giummo
Guardare la storia dall’angolo privato, la storia che è fatta di tempo e nel tempo, finisce sempre per coinvolgere osservazione e visione, realtà e verità. Davanti a un telegiornale che da una parte rievoca un anniversario (magari sbandierando un ‘mai più’ o un ‘finalmente’) e dall’altra presenta nuove cronache che dicono che tutto va a ripetersi, in quel momento idee, intuizioni, riflessioni ed emozioni, le cose fatte e rinviate, i luoghi visitati e da visitare, le persone incontrate (quelle belle, quelle inutili, quelle dannose) si rapprendono in una sorta di déjà vu in cui il passato è ancora vivo, visibile e, se sei fortunato, scrivibile.
HOLIDAY SONG (Kan ma kan)
Aerei gallerie sale d’attesa
un forestìo di braccia e gambe
criniere luccicanti ed occhi accesi
tutti disposti a muoversi
dentro i negozi impiumati
nell’intrigo di notti e discoteche
sulle spiagge ondulate in tutti i versi.
E da quelle vacanze tra un’isola e una torre
dalle marmitte stregate fiorirono fumanti
cibo caldo serpi sguscianti rasoi
carte d’imbarco anemoni e pellicole
e costumi da bagno e fiocchi di natale
e graffi sugli anelli, asciugamani inzuppati e calze nuove.
Da Ustica al Kuwait, a Pechino a Baghdad a Tel Aviv
dall’Appennino piumoso, giù ai suoi piedi
le ansie della storia si strinsero alle mie.
Fiorivano sorrisi brevi in quei giorni di gesso
nella minaccia che morisse ogni futuro
che non cantassero gli angeli a Berlino,
che il pane e l’olio restassero a seccarsi.
E c’erano pure giorni d’aria che accadeva
che un bimbo impertinente sorvolasse
col suo motoscafo capovolto il cielo del Cremlino,
che in una piazza di Cina un giovane
giocasse alla libertà con suo fratello
nascosto sudando dentro un carro armato.
E gli studenti che s’abbracciavano a se stessi:
e io col ricordo fievole elusivo
degli improbabili eroi di stracci e voci alte
di decenni perduti quattro decenni fa.
Ora io vedo tutto da qui dentro lo schermo:
è la pace celeste su in Germania,
sembra che luccichi anche sull’East River,
vedo treni di carta torri di cera corpi di sacco e stecco
e quelle notti contate da milledue in avanti,
svolazzate di ghoul, dèmoni e djinn di morte
abbacinante fuoco senza fumo. Quei fiumi rossi
sinuose mezzelune di sangue e terra fertile.
Ora che tutto è tranciato,
tranne questo apparente viaggio facile
che ci comprime coatti in un silenzio insereno,
gli altri tutti qui: politici e viaggiatori
osservatori e sopravvissuti preoccupati
di correttezza, diritti umani e d’Indiacina
sorridenti al poeta mutastro, al pacifista
ingenuo, sbadato, in agonia. Adesso
non gli date più falsi:
non è corallo o rubino
che si rapprende lucido negli occhi
ma bruno sangue secco sul cemento.
Basterà.
(1990-91)
PREGHIERA PER LA FINE DEL TEMPO
Complessità disordine catastrofi
nessun chiaro di mare in questa abbacinante oscurità:
e che armonioso equilibrio
dentro il laboratorio della modernità.
Sessant’anni e di più e ancora mi regali
pelle-di-squama orchidee occhi-di-rospo
formalina acqua fredda e un fiore rosso.
Senza sapore i giorni sfuggono nel sole
finiti spersi scomposti fragorosi
fra le finestre e i fumi intensi delle raffinerie.
Corrono lingue e traduzioni
nell’arco del mare-fra-le-terre, e sull’oceano vasto
di scorrerie, di aurore, di dubbi, di balene
al di qua della luce e al di là.
Ma quanti cavalieri occorreranno perché sia rivelata
con le sue teste d’idra coi suoi corni
l’evidenza flagrante dell’apocalisse?
La luna è molto chiara (niente pioggia)
le stelle dense e gli animali calmi
(proprio sereno domani).
E invece piove e duole il braccio e il sale è molle
mentre aspettiamo che il tempo cessi di crearsi.
(2007)
STANCO
A Istànbul imballato a Strasburgo ignorato
appartato a Pretoria linciato in Alabama
imbavagliato nel Venezuela
a Mosca malmenato incancellato a Gaza
bombardato a Baghdad a Kabul lapidato
imbugiardato a Washington
evaporato a San Saba, Santiago, Buenos Aires.
Tuttavia offeso dai pulpiti violato
nelle quiete casette di questo grande borgo bianco.
Ti dessi tutti i nomi del falso e della frode,
tutti e sette i peccati capitali
io che non ho valori né morale
come ti chiamerei?
Ma sono stanco di sentirti, e spiegare,
convincere, dimostrare,
di darti nomi ed io
non me ne attribuisco più.
(2007)
Nota biografica di Carmelo Giummo
Carmelo Giummo è nato a Catania, nel 1953 e vive ad Augusta, città in cui è docente di lingua e letteratura inglese presso il Liceo Classico-Scientifico dove ha tenuto in passato diversi laboratori di scrittura poetica e recitals di poesie con gli studenti e con il pubblico.
L’esordio editoriale risale al 1990 con una raccolta di poesie edita da EM, Bologna, intitolata Graffi, alla quale fanno seguito Dieci Donne (1996), Nove haiku senza primavera (2007), Doppia Traccia (2009) Alle mie scarpe (2012). Sono in fase di pubblicazione due nuove raccolte poetiche e un book fotografico di cui curerà le didascalie poetiche. Ha pubblicato liriche su antologie e riviste (tra le quali Lo Specchio della Stampa) per eventi letterari e/o artistici a Noto, Siracusa, Recanati, Torino, Napoli, Cagliari, Ferrara, Londra e altrove. Tra il 2006 e il 2009 altre liriche sono state inserite nei cataloghi di varie edizioni dell’International Mail Art Project, e per il progetto Sale Nostrum di Cervia (RA).
Giummo ha spesso collaborato con artisti e musicisti. Già dal 1989 quando a seguito del Garden Venture Music Theatre Course (organizzato dal Covent Garden di Londra), il compositore inglese Robert Keeley ha messo in musica un suo ciclo di liriche inedite (Römische Lieder). Con artisti emiliani quali Maria Agata Amato, Anna Boschi, Benedetta Iandolo e altri è stato coinvolto in svariate iniziative e realizzazioni. Le più significative: un Manifesto di Amato contenente la poesia ‘Holiday Song’ (Manifesti per il 2 agosto: testimonianze d’arte, 1996), ancora in collaborazione con Amato, il libro di poesie e immagini dal titolo Nove haiku senza primavera (Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Castel S. Pietro) e, nel 2012, la raccolta Alle mie scarpe per l’evento Le scarpe, le strade, i viaggi ovvero la dozzina del diavolo, curato da Benedetta Iandolo (Galleria del Carbone, Ferrara). Sempre del 2012 è il nuovo libro d’artista firmato Amato-Giummo in occasione dell’Omaggio a John Cage. Di questo evento Giummo firma anche la Presentazione del catalogo della mostra.
Carmelo Giummo è l’unico scrittore membro dell’associazione artistico-culturale Arteinessere che ha sede in Castel S. Pietro (BO) con la quale collabora con articoli o presentazioni degli artisti. Al momento per Arteinessere, sta curando una nuova edizione dell’International Mail Art Project dal titolo FAHRENHEIT 450° che avrà luogo nel 2013.