Nonostante i fatti in corso a Gaza il nostro Paese continua a investire in Israele somme significative. “La maggior parte delle aziende sono felici di farlo -ha scritto in un recente rapporto il ministero dell’Economia e dell’Industria israeliano- sebbene evitino di mostrarlo pubblicamente”. Quali sono i settori interessati e qual è il ruolo dell’Ufficio per il commercio e gli investimenti con sede a Milano
“Sebbene le piazze italiane non siano filo-israeliane, il governo sostiene in gran parte Israele e le sue attività, e, di conseguenza, anche le aziende italiane non evitano il commercio con Israele”.
L’ultimo rapporto sugli scambi commerciali tra Italia e Israele, pubblicato a luglio scorso dal ministero dell’Economia e dell’Industria israeliano, si esprime con toni ottimistici.
Secondo l’analisi, gli eventi del 7 ottobre 2023 avrebbero sì influenzato il commercio con l’estero ma, grazie al supporto del governo italiano, non solo i flussi commerciali con il nostro Paese hanno subìto una flessione minima ma “la maggior parte delle aziende sono felici di continuare a commerciare con Israele, sebbene evitino di mostrarlo pubblicamente”.
Nonostante gli oltre 42mila morti nella Striscia di Gaza, l’Italia continua a investire in Israele somme significative, mantenendo un ruolo centrale come fornitore di attrezzature industriali, veicoli, cibo, abbigliamento, cosmetici e arredamento. Nel 2023, il volume degli scambi commerciali, ovvero il valore delle importazioni ed esportazioni tra i due Paesi, si è attestato a quota 4,8 miliardi di dollari.
Simili relazioni commerciali, prosegue il documento, sono diffuse anche in altri Paesi, ma in Italia appaiono sempre più intense. L’interesse italiano per l’innovazione tecnologica israeliana negli ultimi anni si è infatti particolarmente rafforzato, spingendo importanti imprese ad aprire sedi permanenti in Israele (tra gli esempi più rilevanti vengono menzionate aziende come Enel X, Adler e Snam, che si affiancano a quelle già attive in Israele come Tim e Leonardo) e, allo stesso tempo, favorendo investimenti israeliani in realtà italiane.
Seguono i fatti, dunque, alle parole pronunciate durante il primo Forum Italia-Israele a marzo dello scorso anno, che aveva visto la partecipazione di oltre cinquanta aziende ed enti italiani con interessi in Israele, con l’obiettivo di consolidare ulteriormente la collaborazione economica, industriale, tecnologica e scientifica tra i due Paesi.
Per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, accolto allora con picchetto d’onore dalla premier Giorgia Meloni, con l’Italia c’è “spazio per un’enorme collaborazione”, dalla cybersicurezza all’agricoltura, ma soprattutto nel campo energetico, con la penisola pronta a trasformarsi in hub per la fornitura di gas israeliano verso l’Europa.
Il 29 ottobre 2023, a tre settimane dall’inizio della brutale offensiva contro Gaza, il ministero dell’Energia di Tel Aviv concedeva infatti a Eni la licenza (illegittima, come ricorda la diffida di Al-Haq, Al Mezan Center for Human Rights e Palestine Center for Human Rights) per l’esplorazione di giacimenti di gas nelle acque territoriali palestinesi antistanti la Striscia.
Per rendere più efficace la promozione dei propri affari a livello internazionale, il governo israeliano ha istituito nel corso del tempo più di cinquanta missioni economiche in tutto il mondo.
A Milano, l’Ufficio per il commercio e gli investimenti, alle dipendenze del ministro dell’Economia e dell’Industria israeliano, opera da diversi anni con l’obiettivo di aprire la strada alle aziende israeliane sul mercato italiano, grazie a una capillare e consolidata rete di contatti nel nostro paese. Così, mentre le aziende italiane mantengono un profilo basso sui propri affari con Israele per evitare eventuali proteste e inviti al boicottaggio, la missione economica israeliana in Italia promuove regolarmente opportunità di finanziamento e inviti alla cooperazione, agendo come un efficace facilitatore tra le parti.
Dai grandi nomi del settore caseario all’alimentazione vegetale, le possibilità di partnership sono all’ordine del giorno. L’Ufficio israeliano a Milano organizza numerosi eventi mirati per aprire canali di contatto e facilitare l’espansione delle aziende e gruppi di interesse israeliani oltre il Mediterraneo, normalizzando e rendendo strutturale la presenza di imprese che traggono profitto dall’occupazione e dall’annessione delle terre palestinesi all’interno del tessuto economico e produttivo italiano.
Lo stesso rapporto israeliano sul commercio con l’Italia sottolinea l’importanza della partecipazione di Israele alla prossima edizione di Ecomondo, la fiera di riferimento per la green e circular economy, in programma a Rimini dal 5 all’8 novembre 2024. Mentre prosegue senza sosta l’ecocidio delle terre palestinesi, il governo israeliano intensifica così il proprio “greenwashing” all’interno di un ampio padiglione espositivo, visitato lo scorso anno dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, che ha salutato aziende controverse come la SolarEdge, finita nel mirino delle organizzazioni per i diritti umani per le attività nei territori occupati e per l’installazione di campi fotovoltaici su terreni palestinesi confiscati dai militari israeliani.
Un altro aspetto fondamentale che alimenta quello che l’analisi di luglio definisce “il rapporto speciale tra Israele e Italia” è quello della sicurezza. Non c’è alcun accenno delle dichiarazioni del governo italiano su una presunta sospensione delle forniture militari dopo il 7 ottobre -smentita dalla stessa Leonardo, come rivelato dall’inchiesta di Altreconomia, menzionata addirittura da Calcalist, uno dei principali quotidiani economici israeliani.
Al contrario, dal report si evince come la collaborazione nell’ambito della difesa resti centrale. Lo dimostrano, del resto, i recenti acquisti “in casa” da parte dell’industria aerospaziale israeliana: secondo i dettagli forniti da Yoram Gabison su The Marker, Elta Systems, società leader nella progettazione e produzione di sistemi avanzati di comunicazione e difesa elettronica, parte dell’Israel aerospace industries (Iai), sarebbe prossima all’acquisizione del 75% della società italiana Ics Technologies, specializzata in radar per la difesa costiera e il monitoraggio del traffico marittimo.
Stando a quanto riportato, l’accordo prevederebbe un anticipo di tre milioni di euro all’attuale proprietario, Francesco Vaccaro, e un ulteriore pagamento di tre milioni di euro entro il 2026, oltre a garanzie e prestiti fino a cinque milioni di euro, per un investimento complessivo di circa 11 milioni di euro.
Fondata nel 2015, la start-up italiana ha registrato una crescita costante in termini di vendite e profitti negli ultimi tre anni, collaborando con diversi Paesi della Nato, tra cui Corea del Sud e Norvegia. L’obiettivo di questa acquisizione è quello di consentire alla società bellica israeliana di accedere, tramite l’azienda italiana, ai fondi di difesa dell’Unione europea e dei Paesi Nato, consolidando la propria presenza sul mercato internazionale e potenziando quelle stesse tecnologie che oggi vengono utilizzate a servizio dell’occupazione e di quello che la Corte internazionale di giustizia, nemmeno un anno fa, definiva il “plausibile genocidio” nella Striscia di Gaza.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 28 ottobre 2024