Sul Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione – SINP

di Maurizio Mazzetti /
22 Settembre 2024 /

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Il SINP è formalmente previsto dall’art. 8 del Tu 81/2008 (https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2008-04-09;81!vig). In estrema sintesi dovrebbe raccogliere ed elaborare in maniera integrata ed accessibile tutte le informazioni di interesse per la prevenzione e sicurezza sul lavoro, con il Ministero del Lavoro che lo Governa, l’INAIL che lo gestisce tecnicamente,  i vari soggetti istituzionali competenti (INPS, Regioni, ASL ecc.) che lo alimentano ed utilizzano, le parti sociali che lo consultano.

Se la conoscenza dei fenomeni è il necessario presupposto per intervenirvi, in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro la prima domanda da farsi è se questa conoscenza, cioè le informazioni che si ricavano dall’incrocio dei dati elementari e dalle elaborazioni statistiche, è adeguata, approfondita, utile.

Ad oggi, quando il TU 81/2008 ha ormai assolto, a 16 anni dall’emanazione, il proprio obbligo scolastico, il SINP però coincide ancora sostanzialmente con la Banca dati INAIL https://www.inail.it/portale/it/attivita-e-servizi/dati-e-statistiche.html.  E non casualmente: l’art. 8 prevedeva al comma 8, con la consueta clausola di stile che “Le attività di cui al presente articolo sono realizzate dalle amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse personali, economiche e strumentali in dotazione”. Clausola di stile che, nella sua ragionieristica impostazione, ignora un elemento persino banale: ogni sistema informativo, e potremmo dire ogni investimento, ha un costo; e non esistono pasti gratis, come ci ricordano strumentalmente troppi politici quando tagliano qualche servizio pubblico. L’unico ente pubblico con un consistente attivo è, da decenni, appunto l’INAIL, che la sua parte, nei limiti dei compiti assegnati, magari l’ha fatta. Non altrettanto in particolare il Ministero, anzi i ministeri del Lavoro e della Sanità, nonché le regioni, indipendentemente dall’orientamento politico dei governi succedutisi: ben poco è stato fatto, molto più per mancanza di volontà politica che per difficoltà tecniche e costi dell’operazione.

Tornando alla banca dati INAIL, ripetiamo pressoché coincidente con il SINP, per quanto ricca e approfondita essa sia, sconta (rimandiamo ad alcune osservazioni pubblicate nei precedenti articoli) alcuni limiti insuperabili, che qui brevemente si riassumono:

  1. I dati sono raccolti con logiche assicurative (come ovvio, essendo l’INAIL anzitutto una assicurazione, sia pure pubblica, automatica, monopolistica ed obbligatoria) e non prevenzionali. I dati riguardano quindi solo i soggetti coperti dall’assicurazione obbligatoria INAIL per gli infortuni e le malattie professionali, che tuttora non copre alcuni milioni di lavoratrici e lavoratori che pure sono esposti ai medesimi rischi di chi è coperto dall’INAIL, cioè:
  2. i lavoratori autonomi non artigiani con partita IVA (categoria che in base agli ultimi sbandierati, dal Governo, dati ISTAT sull’occupazione 2024 è l’unica a registrare un + 5% sul 2024, mentre calano i lavoratori dipendenti sia a tempo indeterminato sia determinato; e non approfondiamo qui la questione dell’effettiva autonomia di molte partite IVA, in particolare quelle con monocommittenza, che in realtà);
  3. quelli autonomi occasionali e/o con ritenuta d’acconto e compensi sotto i 5000 euro (sono tali, ad esempio, la stragrande maggioranza dei ciclofattorini);
  4. forze dell’ordine, militari, certe categorie di dipendenti pubblici, personale navigante nelle compagnie aeree;
  5. coltivatori diretti già in pensione, o (sia pure con meno frequenza) pensionati che comunque svolgono ancora attività lavorativa;
  6. gli agenti di commercio;
  7. ovviamente, chi lavora in nero (settori come l’agricoltura, il turismo, la ristorazione sono quelli ove il fenomeno è più diffuso; forse anche per effetto del vituperato 110 e dei fondi PNRR, e relativi meccanismi, controlli e procedure, nell’edilizia ci sono segnali di miglioramento).
  8. In base alle stesse logiche, conosciamo solo il numero degli infortuni cosiddetti in franchigia, cioè con assenza dal lavoro inferiore a tre giorni, senza ulteriori elaborazioni; dal 2016 gli infortuni di un solo giorno si preveda siano anch’essi comunicati all’INAIL alimentando una specifica banca dati con funzioni solo statistiche, e mancata rilevazione addirittura amministrativamente sanzionata (e con sanzioni che nel massimo superano i 1900 euro). Ma invito i curiosi (e pazienti …) a cercare nella ricca Banca dati INAIL qualche dato sull’oggetto, o semplicemente qualche indicazione, sul suto INAIL, su come provvedervi.
  9. E ancora, i soli dati INAIL sono tempestivi solo per gli eventi denunciati; per quelli riconosciuti, ed indennizzati in base alla gravità delle conseguenze, di solito occorre attendere l’anno successivo.
  10. Non esiste una banca dati nazionale fruibile a tutti i soggetti istituzionalmente competenti delle aziende che abbiano registrato irregolarità/subito sanzioni, o per altro verso, che abbiano ottenuto finanziamenti e/o agevolazioni per interventi in materia di prevenzione e sicurezza, la cui efficacia è quindi con rare eccezioni irrilevabile. Di tali banche dati, e soprattutto della prima, si parla ciclicamente almeno da venticinque anni (e i limito alla mia esperienza diretta) e la prevede esplicitamente il primo comma del citato articolo 8. Teoricamente, una tale banca dati sarebbe il naturale completamento, o forse il presupposto, per un sistema di qualificazione delle imprese che non si risolva in una burla come è la imminente patente a crediti in edilizia. Per il funzionamento di quest’ultima una sorta di versione ristretta per la sola edilizia è prevista, in quanto indispensabile al conteggio dei crediti ed il funzionamento della patente a crediti. Detti crediti che (si veda il precedente articolo pubblicato l’8 settembre) è previsto diminuiscano appunto in relazione alle irregolarità riscontrate: ma a meno di due settimane dalla data prevista per l’entrata in vigore della patente, tutto tace, anzi, qualche politico della maggioranza sia pure sommessamente, nonché le associazioni di categoria dell’artigianato, ne chiede uno slittamento al 01 gennaio 2025. Per chi volesse conoscere i dettagli, rinvio all’articolo pubblicato su Punto Sicuro il 20 settembre 2024  (https://www.puntosicuro.it/edilizia-C-10/la-patente-a-crediti-in-edilizia-le-posizioni-le-ipotesi-di-rinvio-al-2025-AR-24691/9. Tuttavia, sottolineo come emerge ancora una volta una consolidata e pessima italica abitudine, di cui ci sono sin troppi esempi: quando una norma comporta nuovi obblighi/oneri, la reazione pavloviana è chiederne un differimento dell’applicazione, senza in realtà né sollecitarne modifiche, né tantomeno prepararsi davvero, salvo che a chiedere ulteriori proroghe scaduto il termine della prima …

Tornando ai numeri degli eventi, se in qualche misura è possibile censire, o quantomeno stimare quante siano le persone che lavorano non coperte dall’assicurazione INAIL, mancano pressoché totalmente i numeri sui loro infortuni e malattie professionali. E se si pensa che siano comunque scarsamente significativi, perché la platea degli esposti al rischio è minore e soprattutto ma i rischi lavorativi sono inferiori (in particolare per la partite IVA, operanti tendenzialmente nel Terziario; ma ricordiamo che nella strage alla centrale elettrica di Suviana due vittime erano appunto partite IVA), mi permetto una breve parentesi sugli ultimi dati INAIL https://www.inail.it/portale/it/inail-comunica/pubblicazioni/bollettino-trimestrale.html

Nei primi sei mesi del 2024 sono stati denunciati 299.303 infortuni, con meno dell’1% di aumento rispetto al corrispondente periodo del 2023; di essi 469 con esito mortale (erano 450, + 4,22%), di cui 105 in itinere. Degli infortuni denunciati, poco più del 15,49% (cioè 46.352) in itinere nel percorso casa – lavoro o viceversa, in aumento di circa il 5%. Le malattie professionali proseguono, nel pressoché totale silenzio di addetti ai lavori, media, politici e sindacalisti, la loro ininterrotta crescita: ne sono state denunciate 45.512, una ogni 7 infortuni (una quindicina di anni fa erano una ogni 15), con un aumento di ben il 19,64% rispetto alle 38.042 dei primi sei mesi 2023. Ed invito chi legge ad immaginare, invece, quali sarebbero eco e reazioni politico-mediatiche se si registrasse un analogo aumento di infortuni e di infortuni mortali ….

Circa questi ultimi, esiste però un Osservatorio privato, gestito volontaristicamente (e lodevolmente) dal bolognese Carlo Soricelli, che raccoglie anche i dati relativi ad eventi e soggetti non coperti dall’assicurazione INAIL https://cadutisullavoro.blogspot.com/

Ebbene, i numeri dell’Osservatorio indicano, al 7 settembre, 724 morti sui luoghi di lavoro e 241 in itinere, per un totale di 965 decessi. Ora, una disamina sulla correttezza di queste cifre sarebbe possibile solo caso per caso ed è evidentemente impraticabile; ma la differenza coi dati ufficiali INAIL – che, ripeto, sono gli unici diffusi e riconosciuti – è troppo grande per poter essere attribuita solo ad errori o a metodiche di rilevazione: è la platea degli eventi osservati che è diversa, e ben più ristretta per i numeri ufficiali. In ogni caso, non mi risulta alcun controesame di detti dati da qualche esponente del SINP, né tantomeno un commento. Ma ciò non fa che confermare che il fenomeno di infortuni e malattie professionali non è, nella sostanza e dal punto di vista prevenzionale, del tutto conosciuto, e sottostimato nelle statistiche ufficiali.

Due ulteriori considerazioni su ciò che manca nei dati del SINP.

Con riferimento agli infortuni mortali, le informazioni reperibili sono quelle comuni a tutti gli altri eventi, senza approfondimenti specifici condotti in maniera sistematica su quelle che sbrigativamente possiamo definire cause e circostanze, nonché identità e caratteristiche delle vittime. Si tratta di informazioni che pure sono presenti ma disseminate negli archivi dei vari soggetti istituzionalmente intervenuti e non sistematizzate, e nei due decenni passati singole iniziative di approfondimento, a livello nazionale o locale, non hanno avuto seguito. Chi segue un minimo la cronaca concorderà che gli infortuni mortali continuano ad accadere nelle stesse modalità e per gli stessi comportamenti errati: cadute dall’alto, schiacciamenti sotto o contro, trascinamento dentro macchine in movimento, investimenti, seppellimenti, più raramente esplosioni, intossicazioni, folgorazioni …. E muoiono per lo più lavoratori anziani, stranieri, precari. Non sarebbe opportuna una ricerca più mirata?

Discorso in parte analogo vale per gli infortuni in itinere e per quelli stradali/da circolazione, cioè avvenuti a chi lavora nella circolazione, come autisti, corrieri, ferrovieri; le informazioni sono quelle comuni a tutti gli altri eventi. Ma poco o nulla sappiamo, e se lo sappiamo le informazioni sono disseminate nei rapporti delle autorità intervenute e non disponibili né elaborate, su tipo e caratteristiche dei mezzi coinvolti, sulle particolari cause e circostanze (ad esempio, da quanto tempo lavoravano/viaggiavano/guidavano le vittime o le altre persone coinvolte/responsabili? Perché usavano il mezzo coinvolto, perché erano lì?). E, per quel che riguarda in particolare la circolazione su strada, mi risultano solo parziali ed episodiche indagini per costruire una mappa dei punti e delle ore di maggior rischio di incidente (tutti, quindi, non solo quelli che si rivelano infortuni, informazioni propedeutiche a qualsiasi intervento (che magari si fa, pur nella frammentazione delle competenze sui vari tipi di strade, a posteriori ma senza un piano complessivo).

Concludendo, quindi: il SINP ad oggi è uno strumento che copre solo una parte dei fenomeni che dovrebbe indagare, tutt’altro che disprezzabile ma limitato. Ma i suoi limiti sono solo in parte intrinseci, in buona parte dipendono dal fatto che è “appiccicato” sopra un sistema di prevenzione e sicurezza le cui regole e strutture sono frutto di aggiunte successive, spesso mal coordinate, parziali e prive di un disegno unitario. Ci si potrebbe aspettare che prima si definiscano le informazioni da raccogliere, poi chi e come farlo; ma l’art. 8 parla solo di non meglio definiti “dati” su infortuni e malattie professionali, e di una sezione dedicata alle sanzioni (peraltro ancora assente). Ci sono voluti otto anni perché, con decreto interministeriale 183 del 16 maggio 2016, fosse emanato il previsto regolamento con le regole tecniche per realizzazione e funzionamento del SINP https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:ministero.lavoro.e.politiche.sociali:decreto:2016-05-25;183!vig=

E chi avesse la pazienza di esaminarlo, e magari di confrontarlo con le informazioni effettivamente disponibili che restano, ripeto, essenzialmente quelle della Banda Dati INAIL, osserverà che ad una minuta regolamentazione del chi e del come raccoglie le informazioni (ne è responsabile, le comunica, conserva, tutela l’integrità ecc.)  manca l’essenziale, cioè quali dati ed informazioni si raccolgono, e relative modalità e tempi. E l’impressione di un meccanismo che giri, ove pur giri, a vuoto, è fortissima. Ma poiché, come da mito di Pandora, la Speranza è l’ultima dei mali, chissà…

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