di Angelica Erta
Sono scesi di nuovo in piazza, nel pomeriggio di ieri, per rinnovare il loro appello alle istituzioni. Sono i migranti nigeriani fuggiti dalla Libia, approdati sulle nostre coste in cerca del futuro e rimasti intrappolati nella farraginosità della burocrazia e del compromesso politico. Un corteo pacifico ma determinato quello dei circa 200 ragazzi che hanno sfilato nel pomeriggio per le vie della nostra città.
Uomini in attesa ai Prati di Caprara o a Villa Aldini, richiedenti asilo provenienti da Reggio Emilia con cui condividono la sorte e che oggi si sono uniti alla manifestazione. Da piazza XX settembre nei pressi della stazione fino a Piazza Maggiore, di nuovo di fronte a Palazzo d’Accursio accerchiato di rivendicazioni. “Non abbiamo bisogno di una commissione che dia risultati negativi, abbiamo bisogno dei nostri documenti” – si legge sugli striscioni. “Provincia, Comune, where are you?” Domande a cui il nostro stato non può rispondere, costretto a difendere l’accordo politico al ribasso che ha accolto i profughi – come negare lo stato d’emergenza in una dittatura al collasso – ma non ha concesso diritti.
Vagliare, selezionare secondo i dettami della fortezza Schengen temendo l’invasione dalla sponda sud del Mediterraneo. Finora alla stragrande maggioranza dei 20000 migranti distribuiti sul territorio nazionale è stato rifiutato l’asilo; con l’ultima direttiva del governo la partita si è riaperta, obbligando le commissioni al riesame delle domande in relazione alla situazione umanitaria. Intanto loro prendono il microfono in mano e scandiscono alla città le loro richieste: diritti e dignità. Striscioni colorati, in italiano e in inglesi, per questi ragazzi a cui 18 mesi di attesa, spesso in strutture fatiscenti, non hanno ancora tolto il sorriso.
La rabbia c’è ma a esplodere sono solo fumogeni colorati e parole: “Vivere senza documenti in queste condizioni è una discriminazione razziale”. La razza non dovrebbe essere questione del terzo millennio ma il campo gestito a Bologna dalla Protezione Civile è un ghetto istituzionale: per il secondo inverno manca il riscaldamento, l’acqua calda e la fila per la doccia è interminabile. Alla domanda di dignità ha risposto nei giorni scorsi solo il consigliere della Lega Nord Manes Bernardini, minacciando di rispedirli da dove sono venuti.
“No future without document”, “Essere rifugiati ci rende schiavi Bologna”. gridano i manifesti. Il 31 dicembre termina lo stato d’emergenza per il Nord-Africa, forse è giunto il tempo di far uscire questi migranti dallo stato d’eccezione, per restituire loro la normalità dei diritti? E a trarne giovamento sarebbero anche le casse dei comuni emiliano – romagnoli: “Come profugo sono una spesa come cittadino sarei una risorsa”. Forse è il momento di ascoltarli.