Matera 2019: vittoria del centro-destra alle regionali, restano la crisi e le stesse domande

30 Marzo 2019 /

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di Michele Fumagallo
Risultati delle elezioni regionali del 24 marzo in Basilicata: centro-destra 42,2%; centro-sinistra 33,11%; Movimento5stelle 20,32%; Basilicata Possibile 4,37%.
Consiglieri eletti (20 in totale più il presidente di Regione): centro-destra 12 (6 alla Lega, 3 a Forza Italia, 1 a Fratelli d’Italia, 1 a Idea, 1 a Bardi presidente), centro-sinistra 5 (2 Comunità Democratiche PD, 2 Avanti Basilicata, 1 Lista Trerotola), Movimento5stelle 3.
Il presidente della regione è Vito Bardi, Forza Italia, generale della finanza in pensione.
I votanti sono stati il 53,58% mentre gli astenuti sono il 46,32% meno di quelli dell’elezione regionale scorsa che ammontavano al 52,4. Eletta una sola donna, Donatella Merra, nel gruppo della Lega.

Dunque il centro destra, dopo tantissimi anni, ha conquistato il governo della regione Basilicata. Il centro sinistra, si potrebbe dire, finalmente ce l’ha fatta, con le sue politiche di scimmiottatura dell’avversario (che vengono da molto lontano) a farlo vincere. Questo è sinteticamente un po’ il quadro della situazione. Molto sinteticamente, perché analizzare un voto in questo periodo di crisi di passaggio storico è difficile. Nella crisi l’irrazionalità la fa da padrona. E pretendere quindi di analizzare i voti come se si stesse in un periodo “florido” della democrazia e del progresso prima che un’illusione è una stupidaggine. La crisi di passaggio storico, a differenza della crisi “passeggera”, ha questo connotato: l’aumento del comportamento irrazionale. Per questo c’è una crescita delle paure, per questo i demagoghi hanno facile gioco, per questo i “ragionatori” sono emarginati. Naturalmente dobbiamo provare comunque ad analizzare i risultati, cercando, se possibile, una via d’uscita dal commento consueto, mettendo in risalto non solo le incongruenze del ceto politico ma anche quelle della società civile.
Iniziando per esempio dalle pazzie del PD. Questo partito ha continuato il suo tragitto con una arroganza incomprensibile dopo sconfitte elettorali gigantesche alle elezioni politiche e arresti del proprio presidente di regione. Per non parlare del non intervento del partito nazionale nelle questioni locali dopo la decimazione dei vertici regionali nell’inchiesta sulla sanità. Per non aggiungere del comportamento assurdo della formazione delle liste di fatto demandata a un uomo (il presidente di regione Marcello Pittella) sotto tiro e da poco rimesso in libertà dagli arresti domiciliari. Infine, ciliegina sulla torta, lo stesso Pittella pesca un candidato alla presidenza della regione (Carlo Trerotola) “passato lì per caso” e del tutto ignaro, lo confesserà in ogni intervista prima e dopo le elezioni, di qualsiasi alfabeto politico e istituzionale.
Per esempio le incongruenze dei Cinque Stelle che hanno avuto il 20,32% dei voti (un gruzzolo ragguardevole ma meno della metà del voto politico dell’anno scorso), sono super contenti e non si capisce perché. Ma forse pretendere di capire i comportamenti del più grande partito italiano espressione della crisi che viviamo (espressione, non soluzione) è pura retorica.
Per esempio la Lega che ha avuto un exploit tanto più significativo perché proveniente da una regione del Sud. Sì, certo, è una tendenza già venuta fuori in altre elezioni al Sud ma qui davvero lascia perplessi il successo in alcuni territori, come laVal d’Agri del petrolio. E viene fuori almeno una domanda. Ma scusate, miei cari lucani, tanti di voi non hanno scoperto i briganti e l’animo sudista contro i cattivi nordisti che vi hanno depredato? E allora perché rompete i coglioni a votare il cattivo nordista Salvini?
Per esempio “Basilicata Possibile” di Valerio Tramutoli, cioè la lista della sinistra radicale (non troppo radicale per la verità). Ha avuto il consueto 4,3% dei voti e non ha preso nessun consigliere. Perché dico “consueto”? Ma perché non ha nessun senso questo accanirsi della sinistra (per la verità del suo “ceto”) a formare “liste” dopo sconfitte clamorose ovunque da tantissimo tempo senza porsi nessuna domanda sul perché avviene questo. E sì che siamo in un periodo in cui le masse subalterne sono del tutto lasciate sole alla mercé di chiunque. E chiaramente “chiedono” e sognano altro: di essere organizzate, di essere protagoniste attive per potersi esprimere in prima persona, di avere speranze non effimere, di riprendere un cammino di conoscenza che le liberi dall’irrazionalità e dall’abbrutimento. Dovrebbe essere quindi facile capire che la strada della ripresa della sinistra è innanzitutto sociale e soltanto dopo istituzionale. Rifiutarsi di lavorare di lena in società a costruire il moderno partito di massa presidio permanente che fa politica tutti i giorni, è la vera sconfitta della sinistra radicale, avvenuta purtroppo già da tempo. A nulla serve quindi “candidarsi”, anzi è di fatto una beffa; infatti non ti votano, checché ne dicano gli interessati analisti dell’uno virgola per cento in più.
Per completare, e concludere, si possono aggiungere ancora alcune cose su questo voto.
La prima è l’astensione ancora altissima, il 46,32%. Il ceto politico non se ne preoccupa, tanto va avanti lo stesso. Sorge però una domanda. Sicuramente gli astenuti non sono soltanto una massa di disinteressati e rassegnati. Ci sono tra loro anche “non votanti” coscienti di mettere in atto una forma di protesta. E allora, non è giunto forse il tempo di organizzarsi in altro modo? Di spiegare, con qualsiasi mezzo di comunicazione, la propria posizione? Di cercare un minimo di condivisione con altri “non votanti”? Insomma di esprimere una protesta più produttiva? Non è una domanda e richiesta moralistica, sia chiaro, anche io, ogni tanto, faccio parte della schiera dei “non votanti”. E’ solo una presa d’atto che bisogna cercare altri modi per agire.
La seconda è l’elezione di una sola donna nel consiglio regionale (della Lega, guarda un po’) a riprova non solo di una legge sbagliata ma di una politica (ufficiale) fatta dagli uomini a misura del loro modo di agire e dei loro interessi. Detto tra parentesi, sono circa dieci anni che non siede una donna nel consiglio regionale, quindi in pieno regime di centro-sinistra la cosa è stata considerata di fatto del tutto normale. Anche qui sorge una domanda. Ma le donne non hanno nulla da dire? Davvero sono disinteressate? Non ci credo. Anche se considero le difficoltà di mettere in piedi un movimento femminile e femminista nella società lucana, questo non è affatto impossibile. Altrimenti chi porrà la questione del predominio maschile? E davvero si pensa che senza quel soggetto forte che è il mondo femminile possa avvenire qualsiasi cambiamento?
La terza è che i territori (l’insieme dei paesi che formano una nuova possibilità e identità municipale europea) sono più soli che mai e ci si renderà conto di questo probabilmente molto presto. Ma anche qui la domanda: davvero si pensa che Salvini risolverà i problemi della Val d’Agri? Certo, le resistenze delle donne e uomini che hanno messo in moto una nuova agricoltura e un nuovo turismo e sono stati umiliati dall’inquinamento petrolifero, sono ancor più commoventi di prima. Ma di nuovo una domanda. Non è il caso di rivedere le incongruenze di movimenti troppo generici e integralisti, spesso incapaci di coniugare lotta contro le estrazioni petrolifere e nuovi modelli alternativi di vita a cominciare dall’uso dei mezzi di trasporto? I movimenti devono “predeterminare” la società che vogliono costruire altrimenti sono soggetti a crisi ed esaurimento.
La quarta riguarda Matera. La città ha dato un contributo alla vittoria del centro destra e quindi anche una critica indiretta alla gestione del modello “capitale europea della cultura” di marca PD. Anche se bisogna stare attenti a non “politicizzare” troppo questo avvenimento col rischio di renderlo subalterno a logiche provinciali del tutto estranee al contesto europeo in cui è nato e in cui dovrebbe agire. Anche qui, però, una domanda alla benedetta società civile: se ci sono critiche nel merito delle manifestazioni culturali a Matera non è il caso di impegnarsi in un possibile movimento alternativo sulla cultura? Non è il caso di cominciare a dire cosa bisogna fare in questo importante campo del futuro?

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