di Michele Fumagallo
Qui Matera. Qui Europa: è la rubrica che accompagnerà per tutto l’anno, in questo spazio a ritmo settimanale, l’avventura di “Matera capitale europea della cultura 2019”. La rubrica sarà in parte una perlustrazione di questo avvenimento (lo scrittore lucano Gaetano Cappelli si chiedeva però ironicamente: ma che significa poi questa storia di capitale europea della cultura?) ma anche un excursus, magari disordinato, sulla situazione del nostro Sud, ma della nostra Italia, in rapporto all’Europa.
Insomma, è possibile guardare la crisi epocale che viviamo dal piccolo avamposto di una città del sud Italia di circa 60mila abitanti? E’ possibile guardare la crisi europea (e italiana) da Matera? Proviamoci. Con la consapevolezza che una festa è una festa certamente, ma questa è (dovrebbe essere) una festa della cultura non una fiera generica dove c’è tutto e il contrario di tutto.
Soprattutto dovrebbe quindi interrogarsi sulla situazione culturale e delle strutture culturali della città, ma della Basilicata intera visto che questa manifestazione europea è attribuita all’intera regione non alla sola Matera.
Insomma, dalle biblioteche al cinema, dal teatro ad alcuni centri studi, dai musei alle fondazioni, dai lasciti privati alle librerie, dal conservatorio ai centri musicali, dal centro congressi a strutture culturali polifunzionali: ecco uno dovrebbe innanzitutto preoccuparsi di questo e vedere se queste strutture esistono (alcune non esistono e bisogna costruirle ma si è perduto molto tempo dall’ottobre del 2014 in cui Matera ha avuto questa “nomina”) e correggere il tiro a quelle che esistono ma languono, a volte, in una crisi perenne.
È questo l’interrogativo che si sono posti gli organizzatori, dalla Fondazione preposta alle istituzioni (Regione, Comune, Stato Italiano, Unione Europea)? Purtroppo no visto che si è intervenuti in ritardo su alcune strutture (se va bene, se ne parlerà ben oltre il 2019) e si è invece di fatto privilegiato il “consumo fine a se stesso” (che è alla base, ricordiamolo, del turismo più banale e alla moda), cioè la baraonda degli avvenimenti, come accade certo in tutta Italia, ma il problema era proprio distinguersi e finalmente puntare sulle “fabbriche della cultura”, le uniche che garantiscono lavoro stabile e consumi all’altezza del compito del futuro. Tra l’altro, come vedremo, in alcuni paesi lucani (pochi purtroppo) si sta lavorando su questo. Ma si può invertire questa tendenza strada facendo? Sì, se si è capaci di tallonare questi avvenimenti proponendo immediatamente progetti di strutture stabili su ogni aspetto della cultura. C’è qualcuno che vuole farlo?
Allora occorre sfuggire a due mali: uno è la critica liquidatoria nello stile moralistico di un tempo (sinistra docet, ahinoi) oppure peggio nello stile “vaffa” che abbiamo conosciuto negli ultimi anni, l’altro è l’esaltazione acritica che confonde nella festa tutti e impedisce di mettere in atto lo spirito critico di chi è preoccupato di lasciare un segno strutturalmente forte alla città per il dopo 2019.
Saprà quindi Matera rispondere ad alcune domande epocali che investono la crisi di questi anni? Per esempio: che ne è del passato di una regione e una città che è stata attraversata da tanti studiosi e scrittori, registi e urbanisti? Che ne è del lascito di uno scrittore da cui “tutto” è nato, cioè Carlo levi e il suo “Cristo si è fermato a Eboli”? Che ne è della battaglia di un altro scrittore morto nel pieno della gioventù come Rocco Scotellaro? O altri figli illustri della Lucania come Leonardo Sinisgalli? E storici illustri che ci hanno lasciato, come Leonardo Sacco e Raffaele Giura Longo?
Le danze che iniziano oggi, sabato 19 gennaio 2019, sono un’occasione, dicono in molti. Bene. Speriamo si riuscirà a sfuggire al destino delle occasioni perdute di cui è piena la storia del Mezzogiorno ma dell’Italia. E dell’Europa, oggi.