Una, 10, 100, 1000 Riace: perché oggi è importante sostenere la convivenza pacifica

18 Ottobre 2018 /

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di Valerio Romitelli
Minniti, lo sappiamo, è stato lui lo a iniziare le danze macabre attorno a Riace. Ma lo ha fatto in modo ipocrita, presentandosi come antidoto a supposte irregolarità, comunque sempre più o meno ossequioso nei confronti dei tanto decantati ideali umanitari. E ora Salvini? Sarebbe sbagliato credere che faccia esattamente la stessa cosa. Certo ne continua e tenta di completarne l’opera, ma lo fa con una differenza non trascurabile.
Dalla sua loquela è infatti bandita ogni ipocrisia umanitaria, nel suo lessico crudo e dozzinale le inflessioni patetiche sono riservate solo per le famiglie e i “cittadini onesti”, i “papà” come lui, che possono votarlo. Il cosiddetto “capitano” non ama le perifrasi, tira ad andare sempre dritto al punto, propagandando in ogni modo e con ogni mezzo che Riace deve sparire come pure devono sparire tutte le realtà di convivenza pacifica e produttiva tra autoctoni e stranieri. L’imperativo di questo ministro degli interni che come tale dà la linea a tutti gli altri ministeri non lascia dubbi: ciò che vuole come assoluta priorità politica, prima di ogni questione economica e finanziaria, non è altro che blindare le frontiere italiane, seminare un’illegalità sempre più diffusa tra gli “immigrati”, alimentare discordie e scontri, favorire ronde di provocatori, sguinzagliare forze del (dis)ordine dappertutto.
Perché tutto questo? Perché siamo giunti a questo punto? Non si tratta di una domanda retorica. Da come le si risponde dipendono le capacità di sottrarsi al vicolo cieco dove ci vogliono cacciare questi governanti giallo-verdi. Certo è che se Salvini e il suo governo vogliono il peggio per gli “immigrati” è perché puntano a far leva sui sentimenti più grezzi dei votanti in Italia: sulla diffidenza,sulla paura e l’odio nei confronti del diverso, dell’estraneo, del più povero e dello straniero, il tutto per favorire forme di schiavismo e ricavarne consensi ai fini di un potere del tutto personale.

Ma attenzione a soddisfarsi di una simile spiegazione: come se questo tipo di paura e odio rappresentasse un’ evidente deviazione, una flagrante scorrettezza rispetto ad una supposta correttezza umanitaria naturalmente foriera di tolleranza, amicizia e coraggio nei confronti di qualunque altro, diverso o straniero. A questo proposito non possiamo dimenticare che lo schiavismo coloniale si è più o meno sempre ammantato di retoriche pie o che in nome dell'”umanità” e dei suoi diritti negli ultimi decenni si sono rasi al suolo interi paesi (vedi Libia, non per nulla finita in preda di un caos inestricabile).
Se si vuole smetterla una buona volta con simili storie non sarebbe dunque l’ora di non credere più di tanto al buon senso del “restare umani”? Di certo, né Salvini mai si convertirà a tale buon senso, né rivendicarlo basterà per impedirgli le sue politiche criminali. La cosa più importante per portare a fondo la critica della cricca oggi al governo è cercare di capire come mai molti dei suoi ripugnanti propositi siano divenendo realtà: perché oggi Salvini & soci riscuotano tanto successo e consensi proprio istigando la gente alla diffidenza, alla paura, all’odio.
A tal scopo, occorre rovesciare il ragionamento di tipo umanitario, ricordando che ad essere banale, come diceva Hannah Arendt è il male, non il bene [1]. In effetti , come aiuta a capire uno dei più bei libri del filosofo Alain Badiou, L’etica. saggio sulla coscienza del male, il bene, l’amore e il coraggio al loro livello più intenso non sono mai effetti di propensioni naturali e costanti dell’uomo, ma dipendono da situazioni eccezionali di cui l’umanità stessa è capace, ma non sempre, solo a volte: solo se si dà il caso che vi si impegni con perseveranza e intelligenza estreme.
Senza un simile livello di impegno non si spiegherebbe infatti come siano stati possibili quei risultati rari e preziosi che qualificano il genere umano e che sono le invenzioni politiche, le sperimentazioni artistiche e le procedure di verità scientifiche. Il che è come dire che non tutti i giorni ci sono dei Picasso, degli Einstein o dei Lenin ma invece tutti i giorni ci sono imbrattatele, professori a caccia solo di finanziamenti lucrosi e politicanti d’accatto, quando poi non accade il peggio del peggio ossia che per reazione ad abitudini troppo scontate, deludenti e incongruenti non si scatenano iconoclasti, oscurantisti, inquisitori… o insomma dei tipi alla Salvini.
E allora ecco il punto: che se tipi simili sono oggi possibili in Italia e nel mondo è perché da troppo tempo sotto le insegne dell’umanitarismo asservito alla globalizzazione neoliberale le ingiustizie sociali anziché calare come promesso [2] hanno continuato crescere; perché da troppo tempo si è inventato troppo poco in termini di amicizia e coraggio nei confronti dei poveri e dei diversi; perché da troppo tempo chi parla in nome di umanità, di diritti umani, di tolleranza lo fa in modo così incongruente e ipocrita da essere diventato egli stesso odioso, alimentando appunto sentimenti e reazioni contrarie; perché da troppo tempo i pochissimi come Lucano che lo hanno fatto invece in modo straordinariamente inventivo, coerente e affidabile sono stati lasciati soli. Così soli che inquisitori, evidentemente sadici, oggi si possono permettere persino l’abuso di sottomettere a supplizi psicologici come il confino inflitto al tanto sospirato scadere degli arresti domiciliari.
In questa cupa notte non mancano però le luci rade ma vivide delle recenti formidabili iniziative dal basso come Mediterranea o come quelle tese a realizzare lo slogan (originariamente coniato a sostegno della gloriosa lotta del piccolo Viet-Nam contro lo strapotere dell’imperialismo statunitense) oggi quanto mai attuale: “Una, dieci, cento, mille Riace”!
Note
[1] Come invece fraintendendo clamorosamente ha sostenuto il titolo di un libro di Andrea Deaglio su Giorgio Perlasca ricercato delle SS e salvatore di migliaia di perseguitati come ebrei.
[2] Si veda il recente bel libro di Hickel J., “The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale”, il Saggiatore, Milano, 2018

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