Pensionati italiani all'estero: è davvero una vita da nababbi?

19 Luglio 2017 /

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di Franco Di Giangirolamo
Negli ultimi anni ci si imbatte sempre più spesso in interviste televisive e radiofoniche, articoli sui giornali, video sui social attraverso i quali si propaganda, di fatto, una moderna corsa all’oro con immagini esotiche di pensionati goderecci, stravaccati su spiagge da sogno, finalmente felici in località dove la vita non costa niente e la si può sostenere con i soldi che il fisco in Italia ti avrebbe sottratto. Sono fiorite decine di agenzie specializzate nella organizzazione di queste fughe senili, centinaia di siti web dove ci si aiuta, organizzazioni più o meno solidali di “italiani in…..”. L’Eldorado pare sia stato trovato, altro che lotte sindacali
Premesso che ritengo assolutamente rispettabile la scelta dei pensionati, di andare dove vogliono e quando vogliono, vorrei ridimensionare il primo effetto di questo fenomeno tutt’altro che nuovo: l’eccesso di illusioni. Naturalmente mi rivolgo a coloro che non hanno compreso bene l’insegnamento di Collodi sul Paese dei Balocchi.
Partiamo dalle cifre. Il numero delle pensioni pagate all’estero non corrisponde al numero dei pensionati italiani che hanno migrato all’estero. La confusione è grave perché le prime ammontano negli ultimi dieci anni a circa 500.000, mentre i secondi ammontano a 36.578 nel periodo dal 2003 al 2014. Nello stesso periodo sono rientrati dall’estero 24.857 emigrati, per cui la catastrofe fiscale che questi scellerati migranti starebbero determinando, secondo alcuni patriottici commentatori è una stupidaggine allo stato puro, se si pensa che il totale dei pensionati italiani erano nel 2014 la bellezza di oltre 16 milioni.

È vero che sono aumentati i pensionati in fuga, ma si tratta di poche migliaia di persone. Secondo: dove vanno? L’ídea che si diffonde erroneamente è che tutti i pensionati emigrati partecipino alla corsa all’oro verso i paradisi naturali e fiscali e che non ci siano altre ragioni ben più serie, per non dire gravi, alla base di questa mobilità. I numeri dell’INPS: verso l’ Africa solo un terzo degli emigrati totali va in Tunisia e Marocco, in Tailandia si reca l’otto per cento dei pensionati emigrati in Asia, oltre 4.000 vanno negli USA e in Canada mentre in Mexico solo 128, anche se la vita costa meno e le spiagge sono fantastiche. E in Europa? Nel 2014 su 3.578 pensionati emigrati in Europa, 1.839 sono andati in Germania, 1.340 in Francia, 714 in Svizzera e solo 210 in Romania, 17 in Portogallo, 297 in Spagna (leggi Canarie) e 58 in Bulgaria. Ora, se il 70% che si sposta verso l’Europa va in Svizzera, Germania e Francia, il dubbio che ci si muova per motivi assai poco speculativi e goderecci potrebbe anche venire.
Suggerirei, se l’obiettivo dell’informazione resta la verità dei fatti e non il sensazionalismo, di indagare sugli anziani che, senza entusiasmo, cambiano paese, casa e abitudini “forzatamente”, per ricongiungimenti familiari per ricevere, dare e scambiare assistenza familiare (casi di non autosufficienza, di inabilità , di difficoltà economiche, etc.), oppure su quelli che si spostano per motivi lavorativi dei propri familiari, per fare attività volontarie in Africa o in Asia o in America Latina, e per mille altri motivi che hanno poco a che vedere con la bramosia di eterna giovinezza, che ci viene proposta sugli schermi, con danni rilevantissimi e impercettibili. Infatti, ed è un altro effetto di questa narrazione, se nell’immaginario collettivo si diffonde l’idea che il pensionato che emigra è una specie di farabutto che froda lo stato e vive antipatriotticamente da pascià alle spalle dei cittadini italiani, i nostri parlamentari, che già affrontano i problemi di chi emigra in modo inadeguato e insufficiente, si riterranno autorizzati a vessarli ancora di più o a disinteressarsene.
Per esperienza personale posso dire che tra i pensionati migranti possono godere di vantaggi rilevanti solo poche persone: chi ha una pensione alta (perché in alcuni paesi può risparmiare molte tasse), chi è relativamente giovane (perché per la vita simil-briatore ci vuole il fisico), chi ha una salute di ferro (perché non ha bisogno di servizi sanitari e socio-assistenziali).
Intanto, togliamo da quel numero già ridimensionato di “approfittatori”, i pensionati INPDAP che sono sottoposti a trattenute alla fonte e non possono avere la pensione lorda accreditata all’estero, senza essere sottoposti a doppia tassazione, diversamente dai pensionati INPS.
Inoltre: tutti i pensionati che stabiliscono la loro residenza all’estero e decidono di pagare le tasse all’estero, perdono il diritto alla assistenza del servizio sanitario italiano e tutti i diritti sociali e assistenziali vincolati alla residenza. Perciò , o si assicurano presso una compagnia o cassa sanitaria nel paese ospitante, molto costose in Europa perché legate alle condizioni di salute, oppure mettono mano al portafoglio per ogni evento piccolo o grande cui andranno incontro, mangiandosi gli eventuali risparmi realizzati.
In aggiunta, se dovessero avere bisogno (capita agli anziani) di servizi sociali e assistenziali, che in Italia non possono esigere in quanto non residenti, occorre disturbare ancora il portafoglio, sempre sperando che i risparmi realizzati siano sufficienti. Per sovrapprezzo, è stata varata una legge iniqua e vessatoria (L 80/2014 Art. 9 bis) secondo la quale chi percepisce la pensione italiana, se emigra deve pagare l’IMU per la seconda casa anche se paga le tasse in Italia e di case ne ha una sola.
Questi argomenti mi consentono di prevedere che il bengodi promesso e propagandato potrà riguardare numeri piccoli, che si rimpiccioliranno a mano a mano che le disillusioni cresceranno, come è inevitabile.
Per questa ragione credo che l’ondata di indignazione contro i pensionati approfittatori, antipatriottici, fiscalmente traditori, abbia basi fragilissime, sia inutile come tutte le prediche moralistiche, e serva da alibi a chi vuole rafforzare il binomio pensionato-privilegiato con l’obiettivo di penalizzare (vedi ricalcolo delle pensioni col metodo contributivo per chi emigra, indipendentemente dalle ragioni, per es.) tutti i pensionati e non pochi “furbetti”. Proprio per evitare impatti politici devastanti sarebbe utile trattare con serietà e profondità il tema.
Infine, se consideriamo che emigrando si abbandonano abitudini alimentari consolidatissime, reti amicali strutturate, spesso anche reti familiari, che occorre adattarsi alla lingua, agli usi e costumi diversi che sono importantissimi per le persone anziane, è facile capire che la fatica può diventare più grande del gusto Ed è probabile che dopo 20 notti di caipirinhe in riva all’Oceano ad ammirare il tramonto, si senta una gran voglia di bere con gli amici di sempre un bicchiere di lambrusco e un mazzo di carte al Centro Sociale Anziani, il Bilionaire delle persone normali.
Mi sa che per migliorare la nostra qualità della vita dovremo continuare a rimboccarsi le maniche, magari per produrre solidarietà , coltivare beni comuni, sviluppare il volontariato e la promozione sociale, ovvero mantenere la determinazione di continuare a lottare faticosamente e collettivamente per rivendicare non immaginari paradisi, ma quella giustizia sociale della quale ci sentiamo defraudati.
Questo articolo è stato pubblicato da Inchiesta online il 3 luglio 2017

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