Storie di aborigeni: il rosso e il nero dell'Australia

12 Marzo 2016 /

Condividi su

Inside Black Australia - Antologia di poesia aborigena
di Luca Mozzachiodi
«I rimorsi dell’Occidente si chiamano antropologia», scriveva un autore poco sospettabile di simpatie sovversive come Octavio Paz, si direbbe che in questa lapidaria verità sia racchiusa buona parte della nostra reale attitudine nei confronti delle culture non europee, e quella aborigena in particolare, per via del mito positivista che voleva gli Aborigeni il gruppo umano più vicino a una condizione originaria e selvaggia, dell’antropologia e delle manie new age pare essere un ostaggio.
Non fu, tuttavia, sempre così: per molti secoli gli Aborigeni furono ostaggio dei coloni, poi degli australiani bianchi e infine, e probabilmente proprio mentre scrivo queste righe, della legge dei governi bianchi e delle grandi compagnie commerciali e minerarie che ne espropriano la terra. Si tratta di una storia pochissimo nota, e sulla quale dunque Inside Black Australia ha il non piccolo merito di gettare qualche lume per il lettore italiano.

Tra il 1869 e il 1969 era corrente la pratica di sottrarre con la forza i bambini alle famiglie aborigene per chiuderli in campi di rieducazione, dove avrebbero dovuto perdere la loro identità culturale e imparare a servire i bianchi, si tratta della famosa Generazione Rubata (Stolen Generation), ma anche prima vi furono espropri e massacri, torture di diverso tipo, che nulla hanno da invidiare agli altri genocidi pianti più e troppo spesso, tanto da far pensare ad un pianto rituale.
Dagli anni Settanta comincia un grande movimento di rivendicazione dei propri diritti da parte degli Aborigeni australiani, si sviluppa una vera e propria letteratura, oltre a una coscienza politica, per nulla europea o europeizzante ma che ha coordinate affini al miglior Fanon e alle lotte contro l’Apartheid. Finiscono qui però le analogie, perché si tratta, dobbiamo ricordarlo, di una popolazione che si è trovata di fronte ad un’invasione riuscita e sancita dal diritto e da una storia ormai bisecolare.
Proprio nel bicentenario dell’insediamento britannico a Sydney, il 1988, Kevin Gilbert cura questa antologia di poesia aborigena, della quale Qudulibri presenta la prima traduzione italiana a cura di Pericle Camuffo e Nicoletta Buttignon; si tratta di un’operazione fondamentale, un popolo canta la propria terra e l’ingiustizia subita. La scelta effettuata, che privilegia i testi a contenuto, politico, civile, morale e di denuncia rende questo libro simile a una raccolta di salmi, non ci sono individui o quando ci sono, sono parte di una tragedia collettiva. Tutte le poesie paiono dirci “Per me fu così, e per molti altri anche”.
Invano cercheremmo in questi testi i canoni di bellezza poetica occidentali, spesso ci si trova di fronte alla nudità della parola cioè del fatto, e qui è già un invalicabile confine per gli europei. I testi sono scritti in un inglese semplice e disadorno, con frequenti ricorsi al gergo delle periferie che ora gli Aborigeni abitano e ovviamente con l’utilizzo di termini nelle loro lingue. Molte gettano la parola come una pietra, quasi senza badarci, altre hanno la musicalità un po’ imparaticcia che fa pensare alle quartine dei poeti inglesi studiati a scuola, l’effetto che si ha è dirompente: come se qualcuno avesse voluto scrivere Se questo è un uomo ma utilizzando la metrica di un’ode manzoniana; potere culturale, memoria e comunicazione sono insieme alleati e nemici.
Parte non secondaria della ricchezza del libro sono le due introduzioni, di Camuffo e di Gilbert: la prima ricostruisce in modo lucido e appassionato la storia delle lotte degli Aborigeni e, diciamolo in modo chiaro, la storia delle lotte contro gli Aborigeni, per occupare le loro terre e ridurli in servitù; in queste righe il curatore dà prova di essere un ottimo saggista capace di inquadrare in un contesto ampio gli avvenimenti e rendere ragione delle forze in campo, come il suo passato da scrittore di libri di inchiesta e denuncia, oltreché di critica della poesia, lasciava immaginare.
L’introduzione di Gilbert ha quello speciale pathos che la storia porta alle pagine dei vinti, la storia scritta dai vincitori intendo, i quali non possono comunque tacere la nobiltà di chi è perito per inverarla. Così molte delle poesie dell’antologia, certo legata ad una particolare stagione storica e culturale, che restano soprattutto grandi documenti di denuncia; può essere perciò che in molte di esse lo sdegno e la commozione prevalgano sull’apprezzamento letterario. Io credo che si debba continuare a preferire il partigiano analfabeta all’SS che suona Schubert e legge George, ma se mai dovrò essere smentito mi auguro di esserlo come lo sono stati questi versi della poetessa aborigena Roberta (Bobby) Sykes:

La rivoluzione vive. Vive
in noi, la sua nascita è imminente.
Non può essere evitata,
respinta, rinviata.
La rivoluzione balzerà avanti
com’è sicuro che il bimbo lascerà il grembo
quando è pronto;
dobbiamo prepararci in fretta
mentre aspettiamo il momento opportuno.

Oggi restano e ritornano attuali, chi li ha smentiti si perde nella lista dei reazionari e dei segregatori.
Inside Black Australia fa questo infatti: permette alla battaglia di chi ha scritto queste poesie di continuare e di estendersi, è un atto meritorio moralmente oltreché culturalmente, per fare luce vera sulla storia di una terra dalla quale paiono arrivarci solo La riva fatale con il suo sguardo ai vincitori, la poco nota poesia di Les Murray e Marlo Morgan, notissima e falsa come la “vita aborigena” che narra.
Sarà possibile ascoltarne una lettura a cura di Pericle Camuffo con accompagnamento di didgeridoo venerdì 18 marzo al Teatro del Navile alle ore 21.
Questa antologia è un libro in rosso e nero con un sole d’oro, come la bandiera degli Aborigeni, rosso come il sangue che pare stillare da molti, troppi versi, nero come l’inchiostro che quel sangue ferma sulle pagine per noi lettori e testimoni, oro come il suo apparire, dopo un quarto di secolo, in traduzione italiana.
Recensione a Inside Black Australia – Antologia di poesia aborigena a cura di Kevin Gilbert selezione e traduzione di Pericle Camuffo e Nicoletta Buttignon, Editore Qudulibri, 2013, 240 pp.

Aiutaci a diffondere il giornalismo libero e indipendente.

Articoli correlati