In vista dell’inaugurazione della mostra fotografica Orienti il prossimo 26 giugno a Bologna, pubblichiamo il testo dell’autrice degli scatti che descrive il suo percorso di ricerca.
di Livia Tassinari
Fin dalla prima adolescenza sono sempre stata affascinata dall’oriente e a distanza di pochi anni, mi sono trovata a fare due viaggi aventi come meta il Giappone e la Cina. Due viaggi all’insegna del “fai-da-te”, senza guide, spesso affrontati anche in maniera solitaria, e con la voglia esplorare questi mondi, in un certo senso, sconosciuti. Il primo viaggio è stato in Giappone dove ho toccato diverse città del centro-sud dell’isola, il secondo è stato in Cina, dove ho gravitato soprattutto attorno alla zona di Shanghai.
Durante la durata del secondo viaggio non ho fatto altro che paragonare le due società, gli usi, i costumi, i cibi e volti degli tessi autoctoni. Una volta rientrata a casa mi sono chiesta: “Perché non utilizzare le foto scattate durante queste ‘avventure’ per fare vedere a tutti cosa ho pensato mentre passeggiavo tra le strade di questo due bellissimi Paesi?”
Quello che vorrei trasmettere al pubblico occidentale, che tende a generalizzare con un “ma sì, cinesi, giapponesi, sono tutti uguali” che non è proprio così. Da qui anche il titolo dell’esposizione “Orienti”, la bivalenza dei dittici che si collegana alla bivalenza del titolo, “orienti” come due facce della stessa zona geografica, ma “orienti” come la volontà di dare un orientamento alla superficialità generale. Sono separati da una relativa breve distanza impostagli dal Mar della Cina e questo ha fatto sì che si differenziassero in maniera sensibile sotto certi aspetti, soprattutto sociali, mantenendo però un ceppo solido di tratti culturali.
In quello che oramai era diventato il mio “gioco del far finta” quotidiano, nei giretti alla scoperta del nuovo, ho potuto notare come entrambi tengano molto alla famiglia ma soprattutto come portino un enorme rispetto per i nuovi componenti e quelli più anziani, così come al cibo, sono simili anche nelle architetture. Una grande differenza l’ho evinta soprattutto nel rispetto degli oggetti, nella manutenzione della memoria fisica delle cose, nell’etichetta e nella forma, così come nella gestione dei problem soling che la vita di ogni giorno ci mette davanti. Così simili ma così diversi.