E’ mancata nei giorni scorsi Rossana Platone. Vorrei lasciare sullo sfondo i suoi legami familiari con Felice Platone e Ruggero Grieco e parlare della mia professoressa di russo conosciuta negli anni 70 all’Istituto Orientale di Napoli. E anche della mia correlatrice alla mia tesi di laurea su Nikolaj Vasilevic Gogol. Il relatore era il Gianernesto Dall’Aglio. Mi ero iscritta nel 1973 (anno in cui era scoppiato il colera) e avevo scelto come lingua quadriennale il russo. Al primo anno, tanta fatica , ambientarsi da studentessa fuori sede , molto lontana da casa , coordinare studio vita quotidiana spese e socialità non era facile e anche la lingua scelta era molto impegnativa. Ebbi all’inizio quasi la tentazione di scapparmene e trasferirmi a Roma.
A Napoli i miei professori erano soggiogati dalla gestione “baronale” del prof. Pacini Savoj, grande slavista che pensava che il russo fosse una lingua colta da studiare perché essa produceva poeti e scrittori immortali, che sorrideva bonario quando sentiva parlare di scienze nuove, quali la sociologia della letteratura, praticate nel corso di inglese. I corsi di russo erano frequentati da pochi adepti, le aule agli esami scritti desolatamente vuote, al massimo 2/3 malcapitati guardati a vista dai docenti, già dal primo anno storia della lingua, filologia e slavo ecclesiastico, appesantivano il piano di studi . Al secondo anno ci fu la svolta, comparve davanti alla porta dell’aula una signora con un borsone che non prometteva niente di buono, infatti, oltre a contenere materiali utili alla docente, serviva per raccogliere i quaderni degli studenti che “la Platone” portava via alla fine della lezione per correggere i compiti e riconsegnava alla lezione successiva con segnacci rossi e blu. Eravamo tornati praticamente ad un metodo da liceali, nessuna libertà di manovra, nessuna scusante, si studia, si fanno i compiti e si commentano gli errori e, soprattutto, non si fanno più. Ma tutto con grande affabilità, sorrisi, con due occhi sorridenti, prima ancora delle labbra. Una persona che aveva un obiettivo, farti imparare la materia che lei ti insegnava.
Faceva lezione anche nella Facoltà di Scienze politiche e nel giro di poco tempo, quelle aule semivuote si riempirono di studenti, si animarono e, nel 1977 anno movimentato che faceva riecheggiare anche slogan sessantotteschi, si fecero anche delle assemblee, con la partecipazione imbarazzatissima dei “ baroni” . Allora, da quella borsa uscivano copie della Pravda che gli studenti volevano leggere e tradurre, è pur sempre una esercitazione , mica tradurre sempre e solo le frasette a scelta multipla del manuale di grammatica che, anche in russo compitavano cosi “la mamma prepara il pranzo, papà legge il giornale, mentre io faccio i compiti” Un po’ come in inglese “the book is on the table”.
All’Orientale alla Cellula del P.C.I. si iscrivevano anche i docenti. Noi studenti lo facevamo anche per farci notare da loro . E qual’era il tono dei suoi interventi ? Mentre il prof. Biagio De Giovanni si produceva in dottissime analisi della situazione (d’altronde Filosofia politica insegnava!), di difficile comprensione soprattutto per noi studenti, “la Platone” con tono serio e preoccupato invece rappresentava ai colleghi docenti l’assoluta necessità di dare ascolto alle istanze degli studenti che non entravano in classe e appoggiavano la lotta dei precari assistenti minacciati da imminenti riforme e un futuro nebuloso. E chiudersi in riunione a pontificare non era un buon metodo. Nel frattempo il segretario della Cellula era un giovane studente di cinese, che entrava e usciva dal suo studio e, incomprensibilmente per noi, le dava del tu! Il relatore della mia tesi prof. Dall’Aglio, persona gentile e timidissima, vicino a lei sembrava nutrirsi della sua personalità, perché altrettanto gentile e timida era anche lei, e spesso, prima di dire la sua, arrossiva, ma poi, avendo messo le mani avanti e pagato pegno al suo carattere, sferrava senza imbarazzo la sua posizione.
Mi laureai e feci domanda al Ministero degli Esteri per ottenere una borsa di studio che mi consentì di trascorrere un anno accademico a Mosca presso l’Università statale Lomonosov. Mi mise in contatto con un suo cugino acquisito che viveva a Mosca e mi accolse come anch’io fossi una cugina acquisita. Si occupò di riempire lo spazio che si deve dedicare “ al tempo libero” per acquisire quelle conoscenze insostituibili che si ottengono a spasso , al cinema, a teatro, o in casa a preparare cibi russi.
Al mio rientro a Napoli, scoprii che le lotte dei precari avevano ottenuto il giusto risultato e molti di loro erano inseriti negli atenei. Ma non ci sarebbero stati spazi per nessuno per chissà quanto tempo. Ripiegai su un altro lavoro che comunque mi ha dato soddisfazione e, essendo la mia sede di lavoro Roma, mi imbattei nella drammatica difficoltà del trovare casa. E anche allora “la Platone”, finalmente diventata per me Rossana, mi ospitò a casa sua per il tempo necessario a farmi trovare una sistemazione adeguata. Nel frattempo, dopo aver contribuito alla formazione dei giovani studenti del Meridione, aveva trascorso un periodo di studi all’estero , in Somalia, dove, al suo rientro, gli studenti di italiano che avevano avuto la fortuna di frequentare i suoi corsi, furono capaci di produrre un giornale.
Abbiamo mantenuto i contatti anche quando ho lasciato Roma, è stata a Sorso nel 2006 e l’ho accompagnata, instancabile, tra siti archeologici meno noti e le più note Alghero, Stintino, Castelsardo, Tempio Pausania, per poi accompagnarla sul pullman che l’ha portata a Cagliari dai suoi amati amici Lay, figli di Giovanni. Ha festeggiato i 90 anni gustando i dolci sardi recapitati dal corriere. E ho fatto in tempo anche ad augurarle buon compleanno per i suoi 93. E, davvero mi sento un po’ più sola!