Le prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, soprattutto dopo il recente colpo di scena dell’entrata in gara di Kamala Harris, stanno suscitando suspense a livello internazionale. Il nuovo libro di Marco D’Eramo, dal titolo I terroni dell’impero. Viaggio nel profondo Sud degli Stati Uniti (Marietti 1820, pp. 288, euro 19) è un’appassionante guida per orientarsi tra le contraddizioni, la spettacolarizzazione e le potenzialità di quella che ama autodefinirsi come la più grande democrazia occidentale. D’Eramo racconta i viaggi in otto Stati – dal Tennessee alla Florida, dal Mississippi al Texas – nel Sud degli Stati Uniti, regione mitizzata da libri e film quali Via col Vento e vista come specchio dell’intera nazione.
Ciò che più colpisce di questo libro è la capacità dell’autore di rendere viva in capitoli brevi e godibilissimi la complessità storica, sociale, culturale, geografica e umana dei vari luoghi che attraversa e delle molte persone che incontra: sostenitori dei diritti civili, sindacalisti, ex-detenuti diventati attivisti politici, reverendi di varie denominazioni religiose, giornalisti, imprenditori, abitanti di comunità utopiche, impiegati in casinò Cherokee. D’Eramo non si limita a fotografare l’esistente, ma scava nella storia per cercare di capire il presente.
LA SEZIONE DI APERTURA sulla Carolina del Sud esplora l’eredità, ancora non superata né disconosciuta, della schiavitù. «La storia si è fermata a Charleston», racconta una delle tante manifestazioni con cui il ricordo della guerra civile (1861-1865) e la nostalgia per il vecchio Sud schiavista vengono mantenuti vivi. D’Eramo poi amplia lo sguardo alle nuove forme di sfruttamento parlando del «caporalato postmoderno» e di come grandi multinazionali si siano installate nel Sud degli Stati Uniti perché attratte non solo da incentivi e sgravi fiscali, ma anche dalla sopravvivenza della «mentalità da piantagione, dei proprietari di schiavi, il rapporto paternalistico e autoritario» su cui si è innestata l’ideologia neoliberista.
Alla profondità della ricerca storica e antropologica, D’Eramo unisce una acuta capacità di interpretazione sintetica dei dati e una decisa insofferenza all’ingiustizia che sfocia spesso nell’umorismo di chi riesce a cogliere gli aspetti contraddittori di pregiudizi, luoghi comuni e ideologie dominanti. Affrontando il tema così complesso e politicamente influente dei fondamentalismi religiosi «in una nazione letteralmente fondata sull’integralismo», D’Eramo racconta del «Microfanatismo in pantofole» in Florida, descrive i «parchi a tema creazionista» di coloro che prendono alla lettera il racconto della creazione nella Genesi e visita «Chattanooga la devota» in Tennessee. Questa cittadina di provincia ha luoghi di culto di oltre 50 denominazioni religiose, e D’Eramo elenca con arguta e caratteristica acutezza i titoli di alcuni sermoni pubblicizzati sul giornale locale: «Mamma è morta, papà è un imbroglione e mio fratello mi odia» o «Va bene se pecco solo un po’?». La nota è umoristica, alla Fratello, dove sei? di Joel e Ethan Coen, ma l’argomento è serio, soprattutto quando collegato con la realtà diffusa di isolamento e povertà culturale.
ALTRETTANTO SERIA è l’analisi del razzismo «spietato di una nazione così razzista che ancora oggi non se lo riconosce». D’Eramo apre nuovi e precisi spiragli sulle ostinate oasi di resistenza attiva e progressismo negli Stati Uniti: incontra Kamau Marcharia, ex-detenuto vittima di un errore giudiziario e ora attivista politico e consigliere comunale in South Carolina; visita Koinonia, comunità interrazziale fondata nel 1942 nella Georgia segregata; e intervista un dirigente del Southern Poverty Law Center a Montgomery, in Alabama, associazione che sta mandando «in bancarotta il razzismo» vincendo cause legali che hanno portato all’«estinzione di una lunga serie di organizzazioni razziste e di estrema destra», facendole condannare al pagamento di milioni di dollari.
D’ERAMO SPIEGA gli Stati Uniti anche attraverso paragoni con l’Italia e l’Europa, offrendo strumenti preziosi per capire il nostro presente. Già a partire dal titolo così consapevolmente provocatorio, I terroni dell’Impero evoca un pesante passato di pregiudizio e sfruttamento del Sud d’Italia, un passato che è fin troppo vivo nelle disuguaglianze economiche e sociali del presente che vengono non solo perpetuate legalmente con il federalismo fiscale, ma anche applicate alle minoranze etniche, complici le pratiche sempre più sistematiche di segregazione lavorativa e abitativa. I terroni dell’Impero si chiude con la sezione sulla Louisiana e sulle conseguenze dell’uragano Katrina, con capitoli dai titoli eloquenti: «Dove i coccodrilli piangono tanto: il complesso disastro-industriale», «Qui anche l’uragano è razzista» e «Lesinando sulle morti». È dall’osservazione diretta e dalle conversazioni con residenti, attivisti e agenti assicurativi che D’Eramo arriva a formulare una lapidaria descrizione degli Stati Uniti e degli effetti della miscela tossica di razzismo, bigottismo e neoliberismo: «Una società così crudele. Fatta di persone così gentili».
Come si diceva, il libro d’Eramo è un prezioso strumento per capire gli Stati Uniti in questo momento storico così buio a livello planetario. Con apprezzabile stile, D’Eramo non si unisce al coro di previsioni sulle prossime elezioni, ma offre con intelligenza e umorismo strumenti che saranno indispensabili per interpretarne l’esito, qualunque esso sia.
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto l’11 settembre 2024