Vittorio Capecchi, a un anno dalla scomparsa

di Amina Crisma /
29 Luglio 2024 /

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Un anno fa veniva a mancare Vittorio Capecchi professore emerito di sociologia dell’università di Bologna, personalità di riferimento per la sociologia economica e del lavoro di rilievo italiano ed internazionale. Un amico e un compagno di cui si avverte con dispiacere la mancanza perchè Vittorio è stato anche una persona con rari tratti di umanità e gentilezza. Il suo impegno intellettuale per scrutare la società del lavoro, le trasformazioni dell’economia e le sue conseguenze per la qualità della vita, rappresentano un insegnamento e un patrimonio molto vivo, su cui tornare a discutere con tutti coloro che lo hanno conosciuto. Ieri nella chiesa di san Giovanni in Monte a Bologna è stato ricordato, alla presenza di parenti ed amici, da questa toccante riflessione della moglie professoressa Amina Crisma.

Vittorio Capecchi, di cui oggi facciamo memoria, ci ha lasciati un anno fa, il 29 luglio. In questa chiesa abbiamo celebrato il suo funerale il 2 agosto 2023.

Era nato a Pistoia il 28 novembre 1938. Da cinquant’anni viveva qui a Bologna, e della storia e della cultura di questa città è stato un protagonista.

Era uno studioso, le sue ricerche sono spesso state genialmente anticipatrici in tanti campi del sapere, e lo hanno portato a esplorare mondi vasti e diversi, dagli Stati Uniti al Giappone (Giappone che gli ha conferito un prestigioso riconoscimento dei suoi meriti interculturali), dalla Cina al Vietnam, e a frequentare grandi figure intellettuali (fra i tanti, Pier Cesare Bori, di cui condivideva l’interesse per le culture orientali, Paolo Prodi, Amos Luzzatto).

E’ stato un autentico maestro per generazioni di studenti, e fino alla fine, fino ai suoi ultimi giorni, ha mantenuto una fresca capacità di dialogo con i giovani. Si era laureato alla Bocconi di Milano, era professore emerito dell’Alma Mater dove ha insegnato sociologia per oltre quarant’anni, ed è autore di studi su svariati argomenti, che ultimamente si erano rivolti all’arte della previsione e all’intelligenza artificiale. Negli anni recenti si è dedicato a una ricerca rimasta incompiuta su un grande classico cinese, il Classico dei Mutamenti.

E’ sempre stato impegnato a fianco del movimento sindacale e per la giustizia sociale (citava Giorgio La Pira, che diceva: “i miei riferimenti sono il Vangelo e Keynes”), e in particolare suo riferimento è sempre stata la Fiom, Federazione Lavoratori Metalmeccanici.

E’ stato un animatore culturale, e fondatore di riviste come Inchiesta, che è stata per cinquant’anni una vera e propria fabbrica di cultura per questa città, uno spazio di dibattito aperto e pluralistico. Nella varietà e vastità dei suoi interessi c’era la fedeltà ad alcuni temi fondamentali: uno dei suoi primi articoli 60 anni fa fu su Don Milani, e su don Milani ancora uno dei suoi ultimi, scritto pochi giorni prima di morire.

Fino alla fine ha avuto una mente vivace e aperta, aperta in tutte le direzioni; un’intelligenza laica aperta alle dimensioni spirituali dell’esistenza, come rivela la sua amicizia per Pier Cesare Bori, e la sua frequentazione del Centro San Domenico, la cui rivista, I Martedì, gli ha dedicato un significativo ricordo nel suo ultimo numero.

A questa intelligenza vasta e profonda si accompagnava una umanità generosa, una grande e profonda capacità di stare accanto agli altri, soprattutto ai più fragili e ai più vulnerabili (non casualmente al tema “Vittorio Capecchi e la disabilità” è stato dedicato l’anno scorso il primo evento in sua memoria). Questa propensione lo accomunava all’amica Flavia Franzoni, di cui Vittorio ha scritto un commosso ricordo, a pochi giorni dalla propria fine.

Vittorio è stato un marito, un padre, un nonno, un amico straordinariamente amorevole.

In ogni sua relazione, in ogni suo rapporto, il suo impegno è sempre stato volto a rendere per tutti il mondo più ospitale, ed è questo soprattutto che di lui oggi vogliamo insieme ricordare:

il suo limpido e coerente modo di essere e di stare al mondo.

Gli era specialmente cara una poesia “sulla speranza, bambina irriducibile” di Charles Péguy: scoperta a 15 anni, lo ha accompagnato per tutta la sua esistenza.

“E’ lei, quella piccina, che trascina tutto/perché la fede non vede che quello che è/e lei vede quello che sarà/la Carità non ama che quello che è/ e lei ama quello che sarà/Dio ci ha fatto speranza”. Vittorio così la commentava in un suo scritto: “Anche se le immagini che ci arrivano dal mondo sono di una violenza assurda non bisogna perdere la speranza, perché è questa speranza, “bambina che va ancora a scuola”, che “vede quello che sarà” e “ama quello che sarà”.

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