Il teatro è una pianta invasiva 

di Silvia Napoli /
9 Luglio 2024 /

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il Festival di Santarcangelo è cominciato, vera foresta di sperimentazioni ardite nel cuore di una piccola provincia romagnola ricca di tradizioni ed intanto che vi studiate in rete la esondante programmazione noi abbiamo già pubblicato un’intervista con il suo curatore, giunto ad un terzo mandato, rinnovato ad altri due anni a venire. Intanto sono imminentissime due conferenze stampa di rilievo quale quella di Teatro delle Ariette, che scampato grazie alla modalità solidaristica virtuosamente attivata tra seguaci, amici, sostenitori, attori del laboratorio, ad un possibile tracollo dovuto alle note vicende alluvionali ci dà il benvenuto a Mahagonny, con una conferenza stampa presso il bar Billi, il 26 giugno, che annuncia le sue pratiche erratiche estive e ci invita al contempo ad uno stato di assemblea permanente sulle questioni ecosistemiche e quella di teatri di Vita, presentazione del programma di luglio Cuor di Polonia. Un affondo estero come da tempi non sospetti, la compagine dei Teatri ci ha abituato a praticare e condividere dalle tradizioni conviviali ai panorami sociopolitici passando per tutte le possibilità espressive non necessariamente teatrali in senso stretto.  

 Nel frattempo, sempre Teatri di vita, ben intenzionato a tenerci compagnia praticamente tutta estate, si è già dato da fare con le Residanze, una resa pubblica di residenze di Danza contemporanea che ha sempre un suo fascino particolare giocata com’è nella duttilità degli spazi interni ed esterni e ci ha già anche intrattenuto sulle tematiche d’amore declinato in tutte le sue forme e sfaccettature con un ciclo cinematografico ad hoc. Anche le Ariette stesse, nonostante le spiacevoli vicissitudini che rendono i loro territori più da curare ormai che cucire, hanno peraltro convocato il loro fedele pubblico per due date di anteprima spettacolo su cui dovremo ritornare. Il titolo del nuovo lavoro, il minestrone, che sembra interrogarci sul nostro essere tante cose povere e semplici meticciate insieme che naturalmente danno vita ad un unicum che è sempre qualcos’altro, spiazza e diverte perché mette in scena in realtà una sorta di volutamente sghemba commedia dell’arte autoironica, con un raffinato giochino teatrale che dribbla un po’ le aspettative degli spettatori, costringendoli a collaborare ad una sorta di ritualità tanto più vera quanto più finta. Come si diceva, avremo modo di riparlarne. Arena del sole teatro Ert, ha peraltro in serbo già la conferenza stampa anticipata della nuova stagione 2024-2025 e intanto ha inaugurato le programmazioni in piazza s francesco, che comprendono talks di approfondimento oltre a spettacoli di sicuro impatto sulla popolazione giovanile, così come è stato per Ateliersi e le lettere alla posta del cuore di Ragazza Inn, rubrica tenuta da Melandri, notissima filosofa femminista, con piglio quasi esoterico decenni orsono e riproposte in interpretazione teatrale con grande aderenza emotiva e filologica da Menni-Sismondi. Oggi Valerio Aprea apre con le programmazioni del Chiostro con 5 brevi monologhi sferzanti del compianto Mattia Torre dal titolo Gola e si alterneranno poi fino a una parte del mese di luglio spettacoli veri e propri, letture sceniche e drammaturgie di Teatro per la democrazia che saranno assolutamente imperdibili a mio avviso.  

Tornando alle Periferie, in attesa dell’evento itinerante tra scuole che verrà proposto in settembre all’interno del contenitore Ginnasio e della plenaria delle realtà educative di terzo settore e cooperazione sociale in luglio, la compagnia Laminarie, ormai identificata dal Dom, la cupola del Pilastro, vero fortino di resistenza culturale di radicamento, ci ha offerto i due deliziosi appuntamenti di Osare. Ovvero una esibizione della sezione d’archi del Teatro comunale su musiche per una storia del Pilastro del compositore contemporaneo Stefano Pilia, più una anteprima del lavoro Inquisizione, virtuosistica prova d’attrice autrice per Mirella Mastronardi su un canovaccio di storie tra trecento e cinquecento rinvenute nella biblioteca dei domenicani, resenti peraltro in una piccola delegazione al debutto. Il giorno seguente è stata la volta di Elena Galeotti, di compagnia Cantharide, alle prese con una rivisitazione e rielaborazione personalissima della vicenda di Erodiade e Salome, The Remembering box, sospesa tra la narrazione testoriana di una sorta di sgangherato Viale del tramonto o Eva contro Eva ed una spietata ricognizione nelle ambiguità del materno e della trasmissione d’esperienza. Notevole in scena la presenza della giovanissima Ana Maria Sharkova.  

A questo punto dopo che abbiamo bighellonato tra pieno centro e periferie del nostro ecosistema teatrale, non ci resta che affrontare due programmazioni molto particolari incastonate in luoghi di memorie storiche e anche autentici polmoni verdi della città, quali il parco dell’istituto ortopedico Rizzoli e i 300 Scalini tra Villa Spada e il Parco Pellegrino, senza peraltro dimenticare in zona bassa di Crevalcore le programmazioni di Sementerie artistiche, su cui dovremo fare approfondimento e il cartellone composito tra buon cibo e raffinate produzioni teatrali e filmiche curato da angelica Zanardi per Crexida, in zona collinare Paderno che va sotto il nome di Scena Natura. 

Ma andiamo in ordine cronologico partendo dalla bella stagione curata dal teatro dei Mignoli, sulla cui vocazione identitaria a territorialità diffusa già da tempi meno retorici in merito di questi, potevamo ampiamente contare. Punti di fuga, si intitola la programmazione a firma Debora Binci e Mirco Alboresi, una delle più estese in area cittadina, datando 7 giugno-15 settembre. Un autentico servizio sociale di sopravvivenza estiva urbana, un presidio ambientale e una forma di ricreazione intelligente insieme. Per la verità, hanno mai chiuso ai 300 Scalini? In verità, già il luogo in cui si è tenuta la conferenza stampa ovvero il box di bologna welcome dedicato al territorio appenninico e alla sua valorizzazione, ci dice qualcosa del fatto che dobbiamo tener presente che il nucleo cultural-spettacolare della rassegna è ben compreso all’interno di un altro core che è, vero genius loci quale il chiosco rifugio di collina, ricco di sapori biologici e vegani, vini realmente a km 0 provenienti dalla vigna che è proprio li nel parco. 

Siamo infatti sulla route 914 del Cai e vorrà pur dire qualcosa se siamo su un ‘oasi verde di erbe aromatiche, munita di forno in pietra per cuocere il pane e dotata anche di alveare da cui poi escono dopo i vari passaggi del caso prodotti naturali ad hoc. Quando si parla di sostenibilità ambientale per le pratiche culturali e le esigenze turistiche, qui si fa sul serio, come viene sottolineato in sede di conferenza stampa anche perché andare su è realmente la classica passeggiata di salute su cui sempre si sprecano ironiche battute e non per dire. Non vi è infatti modo di accedere ud uno dei più bei colpi d’occhio su Bologna, se non andando a piedi quantomeno nell’ultimo tratto di vera e propria salita accompagnato dai fatidici scalini.  

A onor del vero qualche navetta elettrica di collegamento per gli orari serali o un poco di illuminazione anche se naturalmente sono tutte modalità tutt’altro che ecologiche di rapportarsi, non sarebbero sbagliate altrimenti si finisce poi comunque pensando al ritorno al buio, di usare l’automobile comunque. 

In ogni caso si apre dalle sei fino alle undici di sera e spesso ci sono due spettacoli a serata. Uno in ora aperitivo ed uno un po’ più tardo. Quest’anno, comunque, fino a dicembre complice un clima mite sono state molte le domeniche in cui gli scalini hanno aperto per la presentazione di guide escursionistiche o per lanciarsi nelle avventure cinematografiche a quiz di Roy Menarini.  

La partecipazione, infatti, non è fuffa qui chez Mignoli perché è impossibile non venire coinvolti in questa specie di piccola conca sul cocuzzolo, nascosta alla vista dove succede un po’ di tutto, più in là su una spianata un bellissimo palco. Agli Scalini si cerca di essere virtuosi anche sul consumo di acqua e si lavora con una cisterna in proprio. Per quanto riguarda il vino è proprio un fiore all’occhiello del luogo perché legato ad una storia di resilienza pacifista. Questi filari centenari trovati dalla compagnia in stato di abbandono nel 2014, pare siano serviti a tre ragazzi della leva del 99 per non andare ad infilarsi nel massacro della Prima guerra mondiale con il pretesto della loro coltivazione. Ad oggi è in essere una collaborazione con esperti vignaioli piemontesi e si producono fino a 80 bottiglie di Montuni per il consumo interno. 

Buon bere, ma anche Yoga il martedì, possibilità di trekking collinari, banchetti di autoproduzioni dal basso, pratiche di giardinaggio senza chimica e di compostaggio: una sorta di arte del buon vivere che diventa anche pura gioia con la maestria d’attori autori. Sono un po’ meno gli eventi teatrali per quantità numerica ma abbiamo curato moltissimo la selezione qualitativa e di rappresentatività, chiosa bici. Dal 13 al 22 giugno, si sono infatti svolti, senza dimenticare gli appuntamenti più leggeri di stand up comedy, 11 progetti site specific che vanno sotto il nome di InsOrti festival, danza musica tradizionale rivisitata, le magiche affabulazioni del Teatrino del Giullare ci hanno ‘indirizzati verso il solstizio d’estate da giovedì 27 giugno tornano le prove d’artista come moderatamente solo di Pasquale Mirra, spesso ospite dei palchi di Angelica festival. Si annuncia imperdibile il 5 di luglio la Poetry slam di Filippo balestra. A seguire in luglio il trio di Guglielmo Pagnozzi, ricordando che siano essi gratuiti, a offerta libera a piccola contribuzione è meglio prenotarsi agli spettacoli dal sito Eventbrite . Segnatevi anche, un mio consiglio, 12 e 27 luglio per due appuntamenti teatrali imperdibili per chi se li fosse persi. Ovvero Altre riparazioni storia e lotte delle OGR di Bologna con Donatella Allegro e Stefano d’Arcangelo, uno spettacolo fortissimo per impatto emotivo che ci riporta ai temi di un lavoro di fabbrica tutt’altro che salubre e che certo opererà un contrasto significativo con il contesto idillico del parco e gli amici già molto citati delle Ariette con questo testo francese altrettanto seppur diversamente toccante, quale E riapparvero gli animali, meditazione sulle nostre spesso distorte relazioni con gli altri viventi scaturita significativamente dal periodo pandemico.  

Come vedete i termini della Cura, sia essa individuale, ambientale, di comunità, di Cultura sono centrali nel prismatico mondo teatrale che ci piace abitare e dunque, entriamo in medias res indubbiamente con questa Montagna incantata in tre movimenti, due dei quali nella attuale programmazione, la terza in seguito, ad opera di Archivio Zeta, una compagine che non si sottrae a nessuna sfida impossibile sia in termini site specific che contenutistici mixando abilmente Storia, storie, grande tradizione letteraria occidentale, mitopoiesi, misurandosi su progetti di ampio raggio, lunga estensione temporale che arrivino allo spettatore in una certa modalità avvolgente e coinvolgente, sempre tuttavia potente e mai miminimalista ombelicale. Sono insomma grandi opere mondo quelle che piacciono ad Archivio Zeta, che tentano l’azzardo della totalità e complessità in un mondo che si vuole semplificato fino alla banalità e frammentato sino all’impossibilità della ricomposizione.  

Peraltro, anche nella succitata stagione del chiostro di Arena, avremo una serata reading da Thomas Mann a loro cura e vista Paradox Prospettive culturali, a sottolineare il tema dei punti di fuga e visione come per i 300 Scalini visto che anche dal Rizzoli guardiamo dall’alto verso il sottostante e siamo, si dice, all’altezza perfettamente uguale della torre degli Asinelli. Peraltro,il luogo è pieno di sollecitazioni storiche, sin dai tempi della sua fondazione e realmente dai tempi dei garibaldini come archivio e biblioteca, splendidi segreti luoghi di studio, ci tramandano, con le cure prestate all’eroe dei due mondi per via di quel proiettile conficcato in una gamba. È storia la cura di tutte le forme di tubercolosi ossea in periodo Grande Guerra che ci rimandano alle vicende del libro di cui ricorre il centenario, un immaginifico trattato sulla follia della Guerra e le possibilità o impossibilita della riparazione. Una occasione incredibile per un gruppo che sfida usualmente le elaborazioni sul dolore in modo letterariamente trasfigurato ed alto, nei suoi laboratori presso il dipartimento oncologico del Sant’Orsola che ha già affrontato di petto la guerra la nei luoghi dove si faceva sul passo della Futa. E mille sono le suggestioni e leggende legate a questa ala storica del Rizzoli, a partire dall‘effetto canocchiale nel corridoio, all’effetto invece sonoro della fontana nel bosco vecchio. Ma, andando per gradi, giugno e luglio, con repliche a prenotazione obbligatoria per spettacoli dalle18e30 e per la durata di due ore saranno in giornate stabilite di giovedì sabato, presentazioni della prima parte e invece domeniche e venerdì degli stessi mesi sono date prescelte per la seconda parte.  

Vi sono poi diversi eventi-interventi corollario che anche in questo caso si estendono fino a settembre. Il 28 giugno alle 18 e 30, per esempio in occasione dell’anniversario della Nascita dell’Istituto ortopedico Rizzoli ci sarà una immersione specialmente dedicata ai più piccoli in questa sorta di bosco sacro, ispirata dalle scritture di Cristina Campo e Buzzati. Incipit è la fase del progetto costituita da incontri aperti in modalità gruppi di lettura su letteratura di tipologia scientifica condotti da medici di stanza al Rizzoli e dagli attori stessi di Archivio Zeta. I punti di fuga saranno eventi suffragati dalla presenza di storici e storici d’arte con musicisti e performer, che discetteranno e si eserciteranno sulla vista paradossale della famosa manica che dovrebbe restituirci una visuale ingrandita della torre degli Asinelli. Stiamo parlando del resto del corridoio interno forse più lungo d’Europa e del resto scandito nella pavimentazione da date topiche della storia cittadina. Le sorprese non finiscono qui con la riscoperta dell’organo di Facchetti conservato nell’antica chiesa di s Michele in Bosco e un concerto da tenersi in settembre grazie alla conservatrice del museo di S Colombano Catalina Viene. L’ultima parte di progetto, stante la presenza nella splendida sala del Mappamondo, anche questo, portatore di una particolare vicenda che certamente vi verrà generosamente esposta in loco, di strabilianti disegni anatomici, riguarda proprio il tema Officina dei corpi, che forse può farvi pensare un poco ad una via di mezzo tra immaginari alla Blade runner o alla Cronenberg o ancora al fantasy distopico femminista di Donna Haraway, ma che qui, pur nel doveroso sdegno per le ferite, le mutilazioni e gli obbrobri di guerra, assume sia nelle prestazioni tecnologiche più avveniristiche di oggi, sia nella paziente sutura e ricomposizione del passato una valenza di amorevole cura e pietas per la fallibilità del genere umano: tutti temi che ci riportano e agli incidenti sul lavoro e alle mutilazioni specialmente infantili di oggi a Gaza e speriamo davvero che tra tanta meraviglia di sapienza anche queste considerazioni politiche possano uscire.  

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