Dalle elezioni europee, la somma di astensioni e di rigurgiti diffusi di destre anche estreme, segnalerebbe che tra la popolazione l’emergenza climatica sia passata in secondo piano, a fronte del riarmo e del divampare delle guerre tra blocchi in lotta per l’egemonia globale. Al contrario, occorre andare più a fondo per capire che è in corso una frattura profonda tra cittadini – che non si sentono rappresentati – e poteri politici ed economici schiacciati sul presente, ma incapaci di cooperare per un futuro in cui ci sia posto dignitosamente per tutti sul Pianeta.
Riferendomi alla crisi climatica, per cui non abbiamo più tempo a disposizione, provo ad illustrare lo sfasamento tra emergenze vissute dal basso e mancate soluzioni fornite dall’alto, illustrando le conclusioni di due indagini di grandissima affidabilità e a rilevante estensione: il documento dell’Undep sulla sensibilità al cambio climatico fra le popolazioni mondiali e quello di Carbon Brief sulla crescita delle energie rinnovabili nel 2023, purtroppo non ancora dissociata da quella parallela delle fonti fossili.
Il report dell’Undep interroga sul cambiamento climatico un significativo numero di soggetti, in modo tale da far riferimento alla vita quotidiana, includendo persone provenienti da gruppi emarginati nelle parti più povere del mondo. L’indagine è stata svolta dall’Università di Oxford e dallo studio GeoPoll in base alla formulazione di 15 domande a più di 75.000 persone in 77 paesi che parlavano 87 lingue diverse, in rappresentanza del 90% della popolazione mondiale: insomma, il più grande sondaggio di opinione pubblica autonomo mai condotto sul cambiamento climatico. Le domande sono state progettate per aiutare a capire come le persone stiano vivendone gli impatti e come vogliano che i leader mondiali rispondano.
La ricerca rivela che oltre l’80% delle persone registrate vuole che i loro governi intraprendano azioni più decise per affrontare la crisi climatica, mettendo da parte le differenze geopolitiche per lavorare insieme su un’emergenza sempre più incombente.
L’indicazione è chiara perfino in dettaglio: i loro leader dovrebbero trascendere le loro differenze, per conseguire “contributi determinati a livello nazionale nell’ambito dell’Accordo di Parigi”. A livello globale, quindi, il clima è nella mente delle persone e la loro preoccupazione sta crescendo; il 53% ha dichiarato di essere più preoccupato rispetto all’anno scorso e l’allarme è più alto nei Paesi meno sviluppati. Nei nove piccoli Stati insulari in via di sviluppo, ben il 71% ha dichiarato di essere più angosciato rispetto al 2022. Quindi, il tempo in quei luoghi “corre” più veloce.
Il 69% delle persone in tutto il mondo ha affermato che il cambiamento climatico sta avendo un impatto sulle loro decisioni più importanti, come dove vivere o lavorare. Tutti sono a favore dell’eliminazione dei combustibili fossili e per una transizione più rapida. Questo vale anche per i paesi tra i primi 10 maggiori produttori di petrolio, carbone o gas, come Nigeria e Turchia, Cina, Germania Arabia Saudita, tutti al di sopra del 70%; solo gli Stati Uniti si attestano al pur rilevante 54%. Il 93% – Italia compresa – concorda per una transizione verso “l’energia verde”. Emerge, infine, la richiesta di aiuto ai paesi più poveri e di un sostegno all’educazione al cambiamento climatico nelle scuole.
Se è vero che questa è l’opinione pubblica mondiale scientificamente accreditata, i riscontri del documento pubblicato da carbon Brief sembrerebbero, a prima vista incontrare il favore anche del sistema di potere e dell’economia: infatti, per la prima volta nella storia, nel 2023, l’eolico e il solare combinati hanno aggiunto più nuova energia al mix globale di qualsiasi altra fonte. Ma, evidentemente lo sforzo non basta, in quanto il record della domanda globale di energia ha raggiunto un nuovo massimo per l’uso di carbone e petrolio, facendo registrare un record assoluto nel 2023 per le emissioni globali di anidride carbonica (CO2).
In sostanza, la domanda globale di energia ha raggiunto il livello record di sempre e, nonostante l’eolico e il solare insieme abbiano rappresentato il massimo di nuova energia il resto dell’aumento netto è arrivato dal petrolio (+39% di aumento), dal carbone (+20%), dal nucleare (+4%), mentre il gas si è stabilizzato. Se si computa anche l’effetto climalterante del metano e del flaring: il totale ha superato per la prima volta i 40 miliardi di tonnellate di anidride carbonica equivalente (GtCO2e). Il tempo sta per scadere, ma i nuovi dati per il 2023 mostrano che il mondo sta ancora andando nella direzione sbagliata, con nuovi record per le emissioni di carbone, petrolio e CO2.
Anche se l’eolico e il solare, combinati, hanno aggiunto più nuova energia al mix globale nel 2023 rispetto a qualsiasi altra fonte, il clima continua a mantenersi sotto tiro e fuori misura. Anche se, cioè, per la prima volta nella storia queste nuove forme di energia rinnovabile hanno superato ciascuno dei combustibili fossili, questi rimangono le fonti di energia dominanti del mondo.
In conclusione l’anno trascorso registra: il record del consumo energetico, quello del consumo di combustibili fossili, quello delle emissioni di CO2, quello delle energia rinnovabili. Ciò significa che, nonostante tutta questa crescita esponenziale, la rapida crescita del solare ci ha permesso di consumare più energia, piuttosto che sostituire la nostra energia più sporca (combustibili fossili). E se continua così, sembrerà molto più un’aggiunta di energia piuttosto che una transizione energetica. Non a caso l’amministratore delegato dell’Energy Institute, Nick Wayth, ha dichiarato in una conferenza stampa che “i dati potrebbero essere interpretati per suggerire che la transizione energetica globale “non è nemmeno iniziata”.
Che dire allora del rapporto tra cittadini e classi dirigenti così ampiamente messo a confronto? Non siamo ancora sul crinale di inversione: eppure i cittadini lo esigono: consumare di meno, sostituire all’efficienza la sufficienza, lasciare sottoterra petrolio gas e carbone e puntare su una riconversione della politica industriale verso l’espansione dell’eolico e del solare, mentre si diffondono le comunità energetiche. Risulta allora più chiaro come nella sconfitta degli interessi dei combustibili fossili e dell’immaginario del nucleare si muova il primo passo verso la giustizia sociale.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 26 giguno 2024