Prima di affrontare il tema dei grandi cartelloni di stagione, mi preme dar conto di un’ampia panoramica su programmazioni teatrali altre, diffuse nel territorio, come si ama dire, intendendo periferie e area metropolitana solitamente, ma che in realtà possono anche caratterizzare il centro cittadino, come a breve vedremo.
C’è da dire che molte di queste programmazioni, procedono a tranches, ibridando le forme linguistiche, ma anche in qualche modo le stagioni.
Sicuramente una realtà peculiare che sin dal titolo della rivista che edita, Ampio raggio, si spinge verso collaborazioni e contaminazioni che non t’aspetti ma che in qualche misura rappresentano coerenza e concretezza insieme, è quella rappresentata dalla Compagnia Laminarie. Compagnia Laminarie tenendo alta la bandiera della proposizione artistica, rilegge e valorizza il quartiere Pilastro, agendo con piglio veramente europeo.
Ecco quindi questo piccolo gioiello scaturire dal finire di Bologna Estate, che è la breve rassegna Ginnasio.
La misura di classicità è a dispetto di quanto si potrebbe banalizzare, la cifra stilistica e la modalità di argomentazione consona da sempre alla compagnia e qui si è declinata in alcuni appuntamenti performativi in luoghi della pratica sportiva. In fondo i punti di contatto possono essere tanti, non solo storicamente, ma soprattutto nella nostra contemporaneità che fa evento spettacolare di qualunque cosa.
Bene coglie da sempre la dimensione agonistica “dei corpi gettati nella lotta” sopra un palcoscenico cosmogonico, la poetica di questa compagine: l’atletismo di se stessi si fa simbolico di una condizione universale, in cui tutti, nonostante il nostro protagonismo, siamo in fondo periferici. Quindi in un programma asciutto e calibratissimo, si sono succedute letture da parte di Donatella Allegro e Cristiana Raggi a narrarci vite appunto sportive, si è avuto poi un concept teatrale e pugilistico insieme targato Laminarie(dobbiamo ricordare quanto la boxe come fatto aggregante ed eroico, sia stata spesso un fil rouge, nel lavoro territoriale di Dom), infine anche la novità dell’utilizzo del campo da baseball per una anteprima da Gender Bender festival, quest’anno particolarmente esteso e ricco di contenuti molteplici, con la performance della danzatrice Caroline Mai. Che cosa ci riserverà quest’autunno così restio ad avanzare, almeno apparentemente, in realtà piuttosto feroce nei suoi prodromi sociali, riguardo a tutte quelle situazioni teatrali che vivono sempre momenti di intensa precarietà, non ricevendo magari contributi ministeriali? Sono comunque momenti critici per tutto il comparto culturale e che colpiscono duro, sotto la cintura, verrebbe da dire, tutte le realtà indipendenti, che devono necessariamente procedere a piccoli passi. In attesa di vedere che cosa la nostra cupola sappia proporci da qui in avanti, passiamo a raccontare per sommi capi, quello che succede allontanandoci fisicamente ancora un poco dalla città, ma continuando a respirare quella voglia di teatro come spinta creativa dell’esistenza e illuminazione, propria dei grandi maestri. Si affida infatti ad una suggestione potente e fiabesca, la splendida immagine concepita da Marco Smacchia per la stagione, l’ottava, di Agorà, grande festa mobile dei comuni e dei luoghi dell’Unione Reno Galliera, affidata alle cure di un ottimo team, che vede Alessandro Amato alla direzione artistica, a tutta la competenza organizzativa, relazionale e di connessione Rosalba Ruggeri, forte di una lunga esperienza con Albe, alla supervisione sul contemporaneo e gli aspetti critici, in particolare Nicola Borghesi e Lorenzo Donati, alle attività di concept laboratoriali e scrittura Anna Amadori, senza dimenticare l’ufficio stampa, i tecnici, gli autori di grafica e foto, appunto. La squadra che vince, si sa, non si cambia, casomai si implementa e si intuisce ciò già da questa forza espressiva che sempre mantengono le immagini di accompagnamento ai materiali : uno dei grandi meriti della precedente Direzione Digioia, è sempre stato quello di valorizzare e formare. Io credo non possano esserci tangibili risultati esterni, senza un grande lavoro di pedagogia interna alle organizzazioni. In questo caso c’è stato e così, elaborati lutti, perdite, e difficoltà che anche qui ci sono state, si rilancia con questa sorta di mago capace di far scaturire dal buio una folgorazione si spera salvifica, che ci permetta di attraversare la selva oscura dei nostri limiti, delle nostre ignoranze e dei nostri pregiudizi. Una lezione indimenticata che ci arriva direttamente dal grande demiurgo Leo De Berardinis. Ipertalk show, dunque, ha in qualche modo inaugurata la stagione, con le migliori energie della scena contemporanea sul palco ma in dialogo diretto con il pubblico.
Le programmazioni vere e proprie iniziano il 21 di ottobre a San Giorgio di Piano con un reading teatrale di Federico Taddia che ci racconta Margherita Hack, stella tra le stelle.
Docupuppets, è la nuova definizione per quei lavori che esaltino grandi racconti collettivi con la tecnica mista marionette e persone. Il 28 ottobre, pertanto, vedremo presso la Casa del Popolo di castello d’Argile La Classe di Fabiana Iaccozzilli, una rimembranza di ricordi di infanzia nella scuola gestita dalle suore, che fa da controcanto alle combattive Clarisse De la Semplicità ingannata di Marta Cuscunà, che ripercorre una vicenda di resistenza femminile all’interno del monastero di santa chiara nella Udine del 500. Qui siamo tuttavia già a febbraio. La lotta allo stigma, al pregiudizio, è anche al centro del lavoro. Tutto quello che volevo di Cinzia Spano e di Gipsy lady 1646, del collettivo Ateliersi, di cui parleremo più avanti, in scena ai primi di dicembre a Castello d’Argile.
Sempre qui a Castello, Saverio La Ruina presenta Via del Popolo, una riflessione sui mutamenti socioantropologici di questi nostri anni, mentre insiste e amplia il tema il mitico Surrealismo Capitalista spettacolo in cui il Collettivo Baladam b side, capitanato dall’ineffabile Tony, affonda il coltello nella piaga anche linguistica, di una serie di banalizzazioni e luoghi comuni reiterati che impediscono al nostro immaginario collettivo di spiccare il salto.
Ma tutto questo nostro presente almeno così apparentemente bloccato nella ricerca di vie di fuga da se stesso, avrà certo una sua genealogia. Non mancano pertanto i riferimenti alla storia del Novecento, il secolo breve e maledetto per eccellenza e in questo mi pare magistrale l’operazione rappresentata da Volevo risarcirvi, per il nove dicembre a Pieve di Cento, una produzione Liberty, stagione Agorà, che sarà poi replicata in gennaio a Castelmaggiore e che è una sorta di grande viaggio d’esperienza sull’olocausto, attraverso le imprescindibili e tragiche testimonianze di chi attraverso quella sorta di inferno riuscì come la Fenice a sopravvivere e forse risorgere per raccontarcelo. Se vogliamo qualcosa di più dissacrante, considerando non sia facilissimo su un tema che costituisce il “sacro” per una sorta di comunità laica antifascista composita, dobbiamo aspettare il 21 aprile a Castelmaggiore con Nicola Borghesi, che ci farà assistere ad un Piccolo esperimento di memoria comparata, interrogandosi sull’affascinante tema della memoria della Liberazione dal nazifascismo, per come viene vissuta in tutti gli altri paesi europei.
Non mancano incursioni intelligenti sul tema del Dolore Privato quale umano comun denominatore nei lavori di Alberici e Tintinelli.
Vuoi che a questo punto, non emerga una specie di Eterno femminino? E infatti, in tal senso, ci sta verso fine anno, il poetico Per Magia, già a suo tempo da noi recensito, squisito divertissement autobiografico forse di due donne speciali, le amiche e sodali di lungo corso, Angela Malfitano ed Elena Bucci, forse di una intera generazione che si concesse un sogno di libertà e autorealizzazione fuori dai cliché di genere e di classe. Nomi cui potremmo affiancare più avanti in stagione Fanny e Alexander, con il celeberrimo recital tratto dalla graphic novel l’Amica geniale, a fumetti, una creazione targata Cerri-Lagani.
La danza contemporanea si sa, vuole la sua parte. Dunque, vai con una grande riproposizione che non è uno sguardo retrospettivo, bensì un ponte sul futuro, quale Otto- 2003-2018, rivisitazione di uno storico spettacolo che fa del crollo come paradigma il suo focus, ad opera naturalmente di Kinkaleri, maestri di trasformazione dei codici linguistici. Ma certamente Collettivo Cinetico da Ferrara può considerarsi un degno erede di questi prodromi, che azzarda e ridisegna per questo Amleto, concepito come micidiale machinery basata sul meccanismo del contest, o meglio, della roulette russa che affida il ruolo della vittima-artefice ad un concorrente a protagonista.
Dicevamo poi che la passione letteraria è un’altra grande opportunità-sfida per stagione Liberty-Agorà, di mettere in fila non solo proposte di valore e intelligenza, ma che in qualche modo facciano storia e pedagogia, esemplificando al livello più alto il rapporto esistente tra alto e basso, passato e presente, dialettica tra i generi. Pertanto, il fine inverno, ci condurrà al racconto delle donne di Manzoni, ai laboratori di Amadori focalizzati sulle figure dei cattivi dei Promessi Sposi, essendo questo il centocinquantesimo dalla morte di Alessandro Manzoni, peraltro questo degli aspetti noir del nostro romanzo nazionale, anche argomento a cuore di Luca Scarlini nella data del 9 marzo, presso la biblioteca Ginzburg di Castelmaggiore.
La vocazione di una stagione e non solo, a tenere insieme aspetti che ormai sono di tradizione alto artigianale tra novecento e mille, come Leo avrebbe detto, la verifichiamo anche nell’appuntamento che è un grande atteso ritorno, quello di Danio Manfredini, autore e interprete di questo suo Regine, nato come riscrittura da Nostra Signora dei fiori, romanzo genettiano del 1944. In questo senso di trasmissione della scintilla, la stagione si chiude il 26 maggio con un medley di letture da alcuni testi di Giuliano Scabia da parte del teatrino del giullare.
Non possiamo dimenticare poi un format di grande successo quale il sofà di Agorà, a cura di Altre Velocità, grande appuntamento di successo dalla scorsa stagione, che vede protagoniste nella sede di via Polese a Bologna alcune importanti compagnie di cartellone perché si mettano metaforicamente a nudo come mai prima. Altre Velocità cura anche momenti di incontro in forma seminariale dedicati a fare di agorà, il terreno di sperimentazione per un lab di giornalismo culturale partecipato ed anche la relazione reticolare tra grandi città produttrici di sapienza scenica contemporanea e i territori: si tratta dei dialoghi fra città e Agorà, in particolare stabiliti con Stanze a Milano e con l’Angelo Mai di Roma. Non ci resta che ricordare che 8 sono i Comuni di area metropolitana afferenti all’Unione Reno- Galliera.
Torniamo adesso velocemente a Bologna, mentre ci sono importanti novità da segnalare in quel di Casalecchio di cui vi renderemo conto, con schizzi e accenni dalla stagione di Teatri di vita, già inaugurata e per ora attinente alla prima parte di stagione fino a dicembre. Abbiamo qui avuto una sorta di battesimo iniziazione con la proiezione di un film documentario su Pasolini, che è un po’ uno dei numi tutelari del luogo. si è poi proseguito con molto divertimento e una specie di stand up comedy reality, già sperimentata con successo nella scorsa stagione, che consiste nel “prendere in mezzo”, letteralmente e metaforicamente personaggi della vita pubblica e politica cittadina, iniziando da Mattia Santori quest’anno, ex sardina ed ora delegato del sindaco alle politiche giovanili, sport e grandi eventi. Ma dopo l’approccio divertito ai temi del nostro vivere in pubblico, si passa alla tragedia palestinese, una delle tematiche da sempre a cuore di questa compagine teatrale.
Del resto, la Riabbia si intitola questa prima parte di stagione ancora tutta nel 2023, la rabbia forse come unico possibile antidoto alla volgarità dei tempi correnti, al loro progressivo inesorabile incarognirsi. Andrea Adriatico, recentemente insignito della coppa Volpi, ai primi di novembre porta in scena le Amarezza, un testo giovanile di Bernard Marie Koltes : del resto adriatico è stato probabilmente il primo regista italiano ad aver affrontato diversi testi del grande autore francese quando questi era pochissimo conosciuto in Italia. Del resto, qui si fa parte sempre da Pasolini ma, come è noto, l’approccio è tra i più cosmopoliti si possano immaginare. Infatti, a riprova di ciò, grande danza ucraina con Beauty of the beast, ovvero leggiadria del balletto russo coniugata con la violenza dell’esercito invasore. ci pensa poi Babilonia teatri, con la sua postura pop iperrealista a disegnare un sarcastico affondo sul consumismo omologante con questo Okay Boomer. Ci riporta ad una sorta di tragico barocco lo spettacolo di Mino Manni da Conversazione con la morte di Giovanni Testori, di cui ricorre il centenario dalla nascita e il trentennale dalla morte e infine Akroama Teatro, riprende un grande classico contemporaneo quale SUSN di Achternbush, storia di una donna in diverse fasi della sua vita.
Ma si può rappresentare in modo simbolico una unione degli opposti quale centro periferia, davvero efficacemente e plasticamente se ci si chiama Ateliersi, e si è collocati all’interno di un complesso di pertinenza comunale dalla storia molto antica, in condivisione di spazi, in pratica, pur nella reciproca indipendenza e autonomia con Arena Orfeonica e Labàs. Al momento in cui scrivo, anche spazio Ateliersi ha già svolto una sorta di serata festa inaugurale ricca di momenti performativi e conviviali, per festeggiare anche la prima parte conclusa dei lavori di messa in sicurezza dell’edificio. La conferenza stampa, svoltasi nel cortile-giardino di orfeonica ha assunto coloriture davvero poetiche con un piccolo rinfresco allestito tra sedie e tavoli di ferro battuto in mezzo ad una tardiva ma calorosa esplosione di verde e di sole. Qui si è ribadito con la solennità che è d’uopo, mentre si sistemavano porte-finestre nuove, si sistemavano infissi vari, si dava l’ultimo ritocco ai pavimenti, che stavolta la compagnia o collettivo che dir si voglia chiede un piccolo passo innanzi anche al suo pubblico. Viene adesso il momento di dichiararsi, di schierarsi, di non poter più far finta che nulla stia accadendo. Già nei materiali cartacei in distribuzione si ricorda il fatto che Ateliersi è uno spazio- residenza per compagnie anche straniere, ma soprattutto è uno spazio antifascista e che intende combattere con le proprie attività ogni forma di nazionalismo e discriminazione.
Come non amarli? Il cartellone, a sottolineare la ricchezza degli approcci, si intitola Iperfocale e non c’è da meravigliarsi, perché in effetti anche rispetto ai linguaggi, alle commistioni di pratiche messe in campo, si tratta di uno sguardo ravvicinato sul dettaglio, sul particolare, ma completamente proiettato nel futuro, con più ottimismo di quanto si evinca in apparenza. Ateliersi ha lo statuto di residenza e ci sono molti artisti stranieri, infatti, nonché un legame forte con la danza e l’espressione del se in tutte le sue forme, intrecci e collaborazioni ufficiali e non, per esempio con Gender Bender, il festival più queer dell’anno e ormai ugualmente ai nastri di partenza. Sono tante le facce di questa programmazione che vede una attenzione speciale al gesto, al corpo, al movimento, una attenzione particolare all’infanzia e alla giovinezza, un equilibrio ben costruito e molto minimal concettuale tra talks, laboratori, esperimenti di coinvolgimento su grandi temi scottanti come, ad esempio, quello del posto della cultura rom nel nostro immaginario da sempre campo di indagine della compagnia. Tema peraltro che affronteranno in modo incrociato, con spettacoli proposti come abbiamo già visto su altri cartelloni. Giovani e stranieri si, ma anche apprezzati ritorni di coreografe che sono ormai una piccola classicità del contemporaneo come Simona Bertozzi e Monica Francia. O gruppi squisitamente fuori definì zione e formato come Masque Teatro Un cartellone per ora annunciato nella parte performativa anche in questo caso fino alla fine dell’anno e comunque composito, ricco, ma compatto. Ne riparleremo a lungo e intanto annunciamo già per il 17 ottobre, una danzatrice coreografa francese che si annuncia di straordinaria potenza quale Zoe Lakhnati con il suo Arnold, di cui si dice un gran bene. Questo è il decennale di Ateliersi e sarà una lunga festa da costruire con calma, nei mesi a venire, una festa che suona come un bilancio e un monito per tempi in cui vi è ben poco da celebrare in ogni settore. sono tanti i decennali moltiplicati da festeggiare a Bologna nel mondo cultural associativo quest’anno e mi sto per esempio riferendo a biblioteca Cabral, al Vag e son sicura che qualcosa mi sfugge, mentre dilagano intanto Terra di Tutti, Pandora, Zed ed Eccentriche Festival. Si tratterà in controluce di tracciare traiettorie possibili per uscire da pericoli di sovrapposizioni e contrapposizioni. L’invito per tutti è di rimanere con orecchie ben aperte e occhi spalancati ed esercitare una postura criticamente attiva su questo affollato paesaggio.