La lunga estate calda che per ora sembra affezionata al nostro territorio, continua a proporci feste e festival in sequenza e vede intanto dopo la pausa estiva anche la riattivazione di spazi multitasking come il Mast, pronto per talks e proiezioni oltreché per la fruizione degli spazi espositivi. Impossibile davvero dar conto di tutti gli eventi strutturati, o viceversa in ordine sparso, a trazione pubblica o anche squisitamente privati che si affollano a sancire il ritorno alla città.
Ci sono così rassegne di midterm, o di mezza stagione, che ci traghettano dolcemente verso l’autunno, mentre festival pensosi o politici ci risvegliano i neuroni addormentati sotto l’ombrellone.
A volte accade di sorprendersi quando bizzarramente mondi e linguaggi differenti curiosamente sembrano quasi uscire da loro stessi e pur magari non conoscendosi o frequentandosi tra loro, tuttavia assumono posture similari, nel senso dello sconfinamento, del lanciarsi oltre gli ostacoli, del coraggio di osare e sperimentare.
Sembra essere questo il caso di alcune realtà che vengono presentandosi in questi giorni, come ad esempio il festival perAspera, in scena in dieci luoghi molto speciali e non del tutto noti di Bologna città e circondario, che assume la connotazione di un viaggio esperienziale o teatro di spettatori.
Come viene ricordato in conferenza stampa, perAspera iniziò ben più di un decennio fa come formulazione di teatro e danza site specific all’interno di uno spazio di quartiere storicamente e stilisticamente connotato quale villa Mazzacorati al Quartiere Savena. Ad oggi si moltiplicano le collaborazioni e i luoghi, intorno ad un nocciolo centrale costituito da Ennio Ruffolo, Vincenzo Vinx Scorza e Maria Donnoli. Nel progetto non si creano volutamente distanze e gerarchie tra ciò che è definito storicamente, ciò che è squisitamente urbano e ciò che non lo è, o non lo è ancora per poco. Si convocano artisti performativi connotati ciascuno in maniera forte e diversa, li si fa aggregare e interagire fuori dalla comfort zone e vediamo cosa succede.
Intanto mi annoto le date di inizio e fine del Festival, che sono 18 e 24 settembre. Spero bene conoscano le date anche tanti abitanti non bolognesi entro le mura perché l’occasione è ghiotta per conoscere ed esplorare parchi, ville, biblioteche. Ogni sera un evento e una diversa declinazione della percezione di spazi, condizioni e quant’altro. In cui soprattutto, il pubblico è parte integrante dell’azione e gli artisti che si propongono non sono poi teatranti tout court in moltissimi casi. Ci torneremo, sopra questo festival così peculiare, segnalandovi intanto che verrà persino celebrato a dovere con tanto di torneo commentato da musiche elettroniche, il centenario del cosiddetto famigerato calciobalilla…il biliardino o calcino insomma, o addirittura calcetto, a seconda della vostra provenienza geografica. E tutto questo addirittura nel foyer del Mambo, il nostro museo moderno e contemporaneo oltre l’idea stessa di museo, che la lungimirante direzione Balbi, sta rendendo un luogo vivo, pulsante, performante e abitato da moltissimi giovani.
Nel frattempo, si scaldano i motori, dopo la stagione primaverile ed estiva dei festival cinematografici, altre compagini culturali cittadine ormai fondanti, grazie al sapiente reticolare lavoro condotto in questi anni con il territorio, i soggetti pubblici, i privati e le istituzioni di settore. Voglio riferirmi alla brillante realtà produttiva e distributiva rappresentata da I wonder pictures e, in attesa dell’apertura in novembre del mitico cinema Modernissimo, a quel complesso di sale che vanno sotto la giocosa denominazione di Pop Up cinema. Sì, perché a Bologna le sale cinematografiche, dopo la brutale stagione delle chiusure decretata da tanti fattori sociali ed economici complessi e forse dall’idea di avere a portata di click tutto a casa propria o che le serie Netflix dovessero farla da padroni, ebbene, in controtendenza, riaprono alla grandissima, anche in periferia, se pensiamo al cinema Bristol ed ora al Fossolo.
Per raccontare questa storia di passioni, successi, spessore umano tutti concentrati nella persona di Andrea Romeo, una sorta di Aladino per i più sfegatati cinephiles, bisogna tornare indietro negli anni ai gloriosi pionieristici inizi di quella festa mobile del cinema che fa discutere senza pedanterie che è Biografilm film Festival. La storia è più o meno nota, ovvero quella della scommessa vinta su tutti i fronti da questo ragazzo dalle sembianze di castrista venuto da Padova che ha fatto innamorare tutta la città dagli sbarbatelli fuori sede ai piani alti del mondo culturale e amministrativo cittadino per la cinematografia documentaria, mostrandoci sempre più nel corso degli anni quanto essa avesse a che vedere con le vite, il bios di tutti noi e fosse liminare alla cronaca, alla memoria, alla storia ed anche alla rielaborazione sia dottrinale che fantastico-emotiva dei singoli e più ancora delle collettività. Una operazione semantica e comunicativa che oggi ci appare naturale perché ormai avvezzi a farci ammaliare come seguendo un thriller dalla vita di icone dell’attivismo quali Navalny o Assange, ma che era operazione impensabile fino a poco tempo fa dalle nostre sponde. Chi in suolo italico, aveva mai sentito parlare di docufiction? Ma soprattutto chi avrebbe mai immaginato che si potesse fare del glamour anche a partire dai documentari e nello stesso tempo inventarsi una forma scanzonata di mondanità per tutte le generazioni e le tasche? Sto pensando a edizioni memorabili di Biografilm come quella illuminata dalla iconica ma per nulla algida presenza di una star come Marisa Berenson, mentre al contempo, giù al Cavaticcio, dj di fama internazionale con un occhio di riguardo al talento femminile, scaldavano orde di ragazzi pronti per il bombolone tappa voragini nello stomaco della notte fonda… l’invenzione del Guerrilla Staff, una sorta di falange armata di sorriso formata da coetanei a quelli in pista e agli spettacoli pronta a strappare biglietti, indirizzare ai posti, distribuire gadgets. Senza dimenticare l’abilità a procurare e mantenere sponsors fidatissimi e di lungo corso in grado di comprendere le ambizioni ardite ma mai velleitarie del nostro. Biografilm nel tempo ha subito varie evoluzioni e metamorfosi. Ma è sempre stato con noi nei momenti difficili degli anni pandemici e si è procurato persino spazi nuovi, rispetto al passato mainstream, del tutto coerenti con la missione divulgativa, inclusiva, rispettosa delle differenze e dei diritti, come ad esempio il chiostro del complesso di Santa Cristina, che è un po’ simbolo di femminismo e un po’ di legami con il mondo universitario.
Ufficialmente Romeo non entra più direttamente nella regia del tutto, come quei bravi genitori che riescono a lasciar andare i figli senza per questo abbandonarli al loro destino. Ma sappiamo che c’è e lotta insieme a noi mentre appunto si mette in mente di riaprire sale chiuse, difficili per problemi di scala, di manutenzione, di consumo energetico e adeguatezza, come per esempio il glorioso Medica Palace da tenere in vita nell’era delle armi tecnologiche social di distrazione di massa.
Eppure lui ci riesce, laddove un politico di qualunque tendenza se messo alla prova non sarebbe mai andato così in là: certo, esistono traini fortissimi rappresentati dalla Cineteca, con tutto ciò che comporta e i galloni al merito che sta ottenendo a livello internazionale, esistono circuiti parrocchiali e di quartiere oltre quelli comunali, vitalissimi, ma bisogna ammettere che il gradiente popolare anche trattando tematiche ostiche o delicate che la balotta Fanatics aboutfilms, riesce a evidenziare, ha pochi eguali, a partire dalla intersezionalità dei pubblici di riferimento.
i pubblici di riferimento che in queste “serate filotto” pop up di apertura stagione intercetto mi fanno capire come i soliti quattro noti o abituali in argomento qui non siano la nota fondante: ricambi generazionali, meticciati di culture e tendenze in questo contesto sono effettivamente possibili…Perché il mix è quello giusto: esordienti e superstar in odore sulfureo quali Werner Herzog qui trovano audience entusiaste e calorose e vengono presentati in contesti di perfetta par condicio.
La capacità indubbia di scovare e poi coltivare i talenti, davvero inusuale in un paese in cui regna la schizofrenia del nuovismo ed esotismo a tutti i costi vs il coltivare orticelli e rendite di posizione, sono la ricetta vincente di questo anomalo tycoon sia rispetto alla curatela del proprio staff e della crescita di nuove generazioni di organizzatori e selezionatori esperti sia nei confronti delle opere e dei concept che accompagnano la proposta al pubblico. Le premiere, gli eventi, le presentazioni I wonder calibrano aspetti diversi della cultura alta e popolare insieme. Uno dei segreti del successo di questa vera e propria intrapresa sociale è che Romeo e chi lavora con lui hanno saputo affinare in quanto strumenti di lavoro e conoscenza certe caratteristiche di convivialità dotta un po’ tipiche della città. E renderle un marchio di fabbrica senza che questo oscuri i contenuti. Si è saputo intercettare anche con tempestività il bisogno di uscire che la gente ha sentito dopo il Covid, si è saputo capire quanto la cultura sia un antidoto alla solitudine imparando moltissimo dal dato demografico statistico del nostro territorio. E si sanno inventare con elasticità e indulgenza sempre nuove metodologie di fidelizzazione, che premiano l’interesse genuino, la passione, la voglia di far riuscire le iniziative partecipando e discutendo insieme agli artisti senza referenzialità, piuttosto che il ceto sociale e la possibilità di spesa.
Si può creare una impresa di successo in un settore dato ogni volta in crisi irreversibile coltivando sogni più elevati ancora della resa materialistica e quantitativa? A quanto pare sì, se è vero come vero che dal fortunato documentario su Sixto Rodriguez, il compianto dovremmo dire, cantautore misconosciuto al centro di uno dei più bei docu degli ultimi anni in poi, I wonder ha cominciato a inanellare riconoscimenti indiretti dai premi su premi attribuiti alle opere proposte sotto la sua egida in tutte le più importanti kermesse cinematografiche del mondo.
Da istrione ragionato qual è, Romeo ha compreso che certi traguardi vanno festeggiati dando valore e riconoscibilità al proprio pubblico e che pubblici nel senso migliore attribuito ai servizi sociali e culturali sono gli eventi cinematografici: dunque perché non comportarsi, vista la responsabilità nella gestione di sale e programmazioni, oltreché nello scouting, nella produzione e distribuzione, come un direttore di teatro, che a inizio stagione illustra alla stampa e alla cittadinanza traguardi, aspirazioni, riuscite e obiettivi per la stagione che si approssima? Perché non dare una impronta di live performance anche alla cinematografia?
Potrebbe sembrare un ossimoro, se siete ancora, per poco, rimasti fuori da questa community, che aspira ad essere qualcosa di diverso dalle abborracciate compagini virtuali e non che tendono oggi a modellarsi sostanzialmente sui modelli della tifoseria, o della famiglia cosca o della tribù residuale. Insomma, qui si punta alla comunità consapevole fatta di persone reali, un obiettivo che spesso i politici fanno fatica a perseguire e raggiungere.
Così, in nome di una partecipazione appunto mirata, contestuale, ragionata anch’essa ma sollecitata da aspetti sociali, mi sono ritrovata prima alla conferenza stampa di Popup cinema House eppoi a seguire i primi appuntamenti festa di stagione, che si sono rivelati effettivamente sorprendenti e degni di nota, tanto da spingermi a consigliarvi caldamente i prossimi.
House perché di nuovo Romeo e tutta la compagine Biografilm I wonder, lanciano una sfida aperta alle varie serie Netflix, agli abbonamenti Sky o on demand e altre diavolerie del genere :loro vogliono portarvi buon cinema a casa noi vogliamo che il cinema diventi la vostra casa, scandirà più volte il nostro nel corso delle varie serate di presentazione, dimostrando che al cinema si può anche mangiare e bere e conversare e flirtare e stringere collaborazioni, relazioni d’affari, affinità, amicizia come forse mai si era pensato di fare.
Alla conferenza stampa sono presenti due giovani registi prodotti da I wonder, uno ungherese vincitore con la sua “explanation for everything “, un premio alla sezione Orizzonti di Venezia, l’altro romano, autore di un curioso film che presto vedremo ambientato tra Ostia e la Colombia. Tutti i film anche di fiction prodotti qui, partono sempre da un sostrato cronachistico, documentale, autobiografico e quasi mai completamente d’invenzione e dunque la loro capacità di riferirsi al cuore dei problemi che affliggono le nostre individualità e collettività è molto alta. La capacità da pedagogo ormai e da intrattenitore di Romeo si è sempre più affinata e le domande da fare per la stampa sono davvero poche, così come è sempre impeccabile la cura nei comunicati e la presenza assidua di un interprete per le frequenti necessità con ospiti stranieri. La novità tecnica che ci viene presentata però è quella di una card molto ecologica e ovviamente pop, ancora in produzione ma prenotabile ad oggi a tariffe diversificate che servirà a renderci riconoscibili come membri di una comunità di proseliti dello schermo pronta ad affrontare l’inverno con la trovata dei brunch domenicali al cinema, tra le tante cose. Anche qui si punta ad offrire una esperienza, una occasione di incontro e convivialità.
Voi sapete quanto io sia affezionata al teatro e al suo ambiente, ma non si può resistere alle proiezioni più simili a performances che si conoscano, in cui la gente si ferma persino al famigerato dibattito post visione che tanto perplimeva il buon Nanni Moretti ai tempi.
Eclatante il caso della proiezione al Medica, pieno quasi del tutto, che ha dato inizio a questa lunga festa del cinema, nonostante una temperatura in sala allarmante, il giorno della settimana iniziale, l’offerta prefilm raffinatissima, un vermouth da aceto balsamico simile a un nettare, ma non così consolatoria per gli affamati ed un film oggettivamente fuori dagli schemi dominanti, tutt’altro che accattivante secondo i criteri di velocità, superficialità, alta incidenza di scene splatter o a effetto più correnti. Un film naturalmente bellissimo e costruito benissimo che invece cattura e ammalia lentamente dentro una piccola storia che vede contrapporsi a modo suo il mondo degli adulti e quello degli adolescenti. Un film in lingua originale ungherese oltretutto, anche se sottotitolato e che dunque richiede qualche fatica in più. Eppure, in tanti scelgono di rimanere a sentire cosa potrà raccontarci il regista che pure ci è sconosciuto. Le due serate seguenti, spaccheranno come si suol dire ancora, all’Arlecchino, non solo per i catering strepitosi prefilm, per gli incontri post, ma anche per l’originalità delle pellicole presentate : sentiremo parlare ancora di Frammenti di un percorso amoroso e di L’invenzione della Neve, questo è certo. Ma le sorprese non sono certo terminate con questa tre giorni a tre euro e 50 di biglietto.
Da oggi venerdì 15, mentre sto scrivendo, si aprono gli incontri della Pop up cinema Accademy rivolti a insegnanti, genitori e giovanissimi. Tutto il fine settimana con birretta e filmone, l’horror di mezzanotte al sabato si svolge in favore giovanissimi. Si inaugura il matinée della domenica con la replica del filmone targato Branagh in versione Poirot, con tanto di brunch a seguire.
Ma anche la settimana a venire riserva fuochi d’artificio veri, come la presentazione del doc di Herzog The fire within, dedicato ad una coppia di vulcanologi che ha già recentemente destato l’interesse cinematografico di altri autori nei confronti di una biografia fuori formato e fuori schema come quella dei due ricercatori di fama mondiale Herzog non potrà essere presente come molte altre volte in sala perché a Milano a presentare la sua ultima fatica letteraria, ma si collegherà certamente per tutti noi da Fondazione Prada. Il martedì bon bon, perché giorno d’elezione del cinema francese, lo passeremo con quel mostro sacro di Isabelle Huppert e mercoledì sarà dedicato ad un altro straordinario francese quale il video maker, documentarista e regista tout court Michael Gondry, che ci racconterà la sua poetica da autodidatta con attitudine punk. Direi che non si possono mancare questi appuntamenti. Le sale sono comodose e accessibili e sappiamo che ne usciremo con qualche domanda, curiosità e conoscenza in più, dopo esserci anche divertiti. Se ci pensiamo bene, non è così che funzionano tutti i grandi classici della cultura e dell’arte mondiale ?
Immagine di copertina, perAspera Festival