Gli operai travolti dal treno a Brandizzo. Un caso da manuale di mancata valutazione e gestione dei rischi da interferenze

di Maurizio Mazzetti /
1 Settembre 2023 /

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Riprendo questa rubrica, dopo la pausa estiva, ancora una volta  per commentare un gravissimo infortunio mortale collettivo, avvenuto in un cantiere ferroviario di manutenzione nella notte tra il 30 ed il 31 agosto a Brandizzo. Riporto in primo luogo, per estratto, quanto scrive l’agenzia ANSA della mattina del 31 agosto, (https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/08/31/treno-investe-e-uccide-5-operai-nel-torinese-altri-due-feriti_eec55f2b-5eda-4ad4-aaf9-0c1069335d6e.html)

“Sono stati identificati i cinque operai travolti e uccisi nella notte da un treno in transito mentre stavano lavorando ai binari della linea ferroviaria Torino-Milano, vicino alla stazione di Brandizzo. Sono Michael Zanera, 34 anni, di Vercelli; Giuseppe Sorvillo, 43 anni, di Brandizzo; Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, di Vercelli; Giuseppe Aversa, 49 anni, di Chivasso; Kevin Laganà, 22 anni di Vercelli. I cinque risultano deceduti sul colpo a causa del forte impatto. Erano tutti operai della società Sigifer di Borgo Vercelli, nel Vercellese e al momento dell’incidente stavano per iniziare la sostituzione di alcune rotaie. Il treno in transito al binario 1 li ha travolti in pieno, uccidendoli sul colpo.

La procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo in merito all’incidente. Al momento il fascicolo è a carico di ignoti.  

Da notizie che ho avuto dagli operai presenti, pare ci sia stato un problema di comunicazione tra la squadra presente sul posto e chi doveva coordinare i lavori … Ma sarà la magistratura a fare chiarezza su quello che è success… I due operai rimasti illesi sono al momento sotto osservazione in ospedale a Chivasso. Sotto shock il macchinista, visitato da un’ambulanza sul posto e mandato a casa, che guidava un secondo collega in cabina… Il treno, come riferiscono i carabinieri, viaggiava a 160 chilometri all’ora e gli operai stavano eseguendo dei lavori di sostituzione di alcuni metri di binari vicino alla stazione, quando è passato il convoglio tecnico, trasportando una dozzina di vagoni da Alessandria verso Torino… Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, si è recato sul luogo dell’incidente.” 

“Rfi esprime profondo dolore di fronte a quanto accaduto e porge il proprio cordoglio e la vicinanza ai familiari degli operai deceduti” si legge in una nota della Rete ferroviaria italiana (Rfi), in cui viene spiegato che “erano in corso interventi di manutenzione da parte di una ditta appaltatrice esterna” e che “un treno non in servizio commerciale ha investito alcuni operai.”

Dunque, c’è una ditta appaltatrice che deve eseguire dei lavori di sostituzione binari su un tratto della rete, oggi gestita da RFI, Rete Ferroviaria Italiana (i treni che ci viaggiano sopra sono di Trenitalia, Italo, altri operatori locali e/o nazionali, questi ultimi specie per il trasporto merci). I lavori sono affidati ad una ditta esterna come avviene ormai sempre e integralmente, è dalla privatizzazione e scorporo delle vecchie FS che queste attività sono state esternalizzate (RFI così ha meno personale, quello delle ditte esterne, in appalto e subappalto, costa meno, come fa notare Airaudo). Vengono eseguiti, come di norma, la notte, quando il traffico è minore, così da evitare o ridurre al minimo i disagi alla circolazione; e sicuramente sono previste, almeno sulla carta, procedure per avvisare chi esegue i lavori di eventuale transiti residui. L’appaltatore  da parte sua deve adottare/essere fornito di opportune cautele (segnali, distanziamenti, allarmi); peraltro non ci vuole chissà quale procedura/formazione per sapere che si deve stare alla larga da un treno in corsa a velocità elevata.

Dall’altro lato, chi fa circolare i treni (chiunque sia dei soggetti indicati sopra) deve avvisare degli orari dei transiti (se proprio non è possibile sospenderli del tutto durante i lavori) ed in ogni caso far ridurre la velocità ai convogli in prossimità del cantiere, non farli circolare a 160 all’ora, e comunque vicino ad una stazione: se anche infatti non c’è stato un impatto diretto (come sembra invece accaduto) quella velocità è più che sufficiente per risucchiare sotto le ruote chi malauguratamente si trovi troppo vicino al treno in corsa, come purtroppo talvolta è accaduto anche a qualche incauto e distratto viaggiatore in attesa nelle stazioni. Ora, è presto per trarre conclusione definitive, sono in corso accertamenti (penalmente, siamo verosimilmente  nell’ambito della colpa, come da art. 43 del Codice penale), ma alcuni elementi emergono già con sufficiente chiarezza:

Chi lavorava sulla linea non si aspettava il passaggio del treno in quel momento, e quindi stava dove non avrebbe dovuto trovarsi: non era stato informato del tutto? Per responsabilità della ditta appaltatrice, oppure di RFI o altro proprietario del treno? Si aspettava il passaggio in un altro momento? (non è chiaro se il treno fosse in orario, in ritardo, in anticipo: era un treno cosiddetto tecnico, non in servizio commerciale, spostava vagoni tra due stazioni). Teoricamente potrebbero aver proseguito la lavorazione incautamente, fidando magari nella propria destrezza,  verosimilmente pressati dall’esigenza di fare presto tipica di queste e consimili simili operazioni di manutenzione, quando il tempo dedicato a quest’ultima è tempo perso per la produzione?  Ma francamente appare improbabile che i lavoratori (tutti tranne uno non giovanissimi, quindi presumibilmente esperti) accettassero un rischio simile, sproporzionato al vantaggio ricavabile in termini di tempo, vantaggio certo non grande. E per lo stesso motivo mi pare altrettanto improbabile una eccessiva pressione in tal senso del datore di lavoro, o di chi per lui dirigeva la squadra.

Ci guidava il treno era ignaro dei lavori sulla linea: anch’esso quindi si trovava dove non avrebbe dovuto essere, non certo per sua colpa, al momento dell’impatto, quindi procedeva a velocità normale. Chi lo guidava non sapeva di dover adottare le normali cautele d’uso, la prima delle quali (come ogni viaggiatore prova personalmente) è rallentare in prossimità della sede dei lavori, come da disposizioni standard. Se comunque il macchinista avesse pur scorto gli operai prima dell’impatto, cosa non facile di notte, a quella velocità non sarebbe certo riuscito a fermarsi in tempo (chi ha competenze tecniche può provare a calcolare la forza cinetica del treno, pesante decine di tonnellate, e lo spazio di frenata a 160 km orari). Gli  sventurati conducenti, ora in stato di choc, si porteranno addosso per tutta la vita il ricordo di questa  sciagura, e lo dico per esperienza, da figlio di un macchinista che almeno un paio di volte si è visto dei suicidi gettarsi sotto il locomotore.

Ora, assistiamo ed assisteremo alle consuete rituali esternazioni, a parte di autorità varie sino su alle massime, nonché di opinionisti e sindacalisti, sull’inaccettabilità delle morti sul lavoro e sulla vicinanza alle famiglie delle vittime (il Presidente della Regione Piemonte ha precisato che i deceduti erano tutti piemontesi…). Circa quelle delle suddette autorità,  purtroppo l’esperienza ci dice che lasciano ogni volta il tempo che trovano, fino a ripetersi, pressoché identiche, e neppure sempre, al successivo evento mortale. La CGIL meritoriamente ha proclamato quattro ore di sciopero nazionale per tutto il personale RFI; altri magari seguiranno, nazionali e/o locali … armi spuntate, purtroppo, lo dico con rammarico. Sicuramente, dal punto di vista diciamo tecnico, le procedure sicuramente esistenti (adeguate o meno che siano, lo si vedrà, ma è da escludere che mancassero del tutto), non sono state adottate, o se adottate non hanno funzionato. C’è stato con ogni probabilità un errore  di comunicazione, ma una procedura corretta previene gli errori, con molteplici controlli; ancora una volta, come quasi sempre, questa sciagura è stata quindi causata da dei comportamenti umani, magari anche antecedenti, non dalla fatalità. Ma i comportamenti umani errati non nascono dal nulla, sono frutto delle condizioni di lavoro, dello stress, della fretta, della fatica, dalle pressioni, della scarsa/mancata formazione, e via enumerando: in questo caso è tutta una organizzazione del lavoro sotto accusa, perché oggi esistono gli strumenti organizzativi e tecnici per sopperire anche agli, talvolta inevitabili,  errori umani. Ma questi strumenti costano, e riducono i margini di profitto; emergerebbe ora, sentiamo sule reti televisive, che la documentazione di sicurezza della ditta appaltatrice era scaduta; ma l’appaltante, e/o gli organismi di controllo, che facevano? Non hanno controllato? Concludo riportando letteralmente le dichiarazioni di Giorgio Airaudo, segretario generale CGIL Piemonte:

A sedici anni di distanza siamo di fronte a una nuova Thyssen. Quello che è successo alla stazione di Brandizzo è inconcepibile, soprattutto a Torino e in Piemonte. Il sistema dei subappalti e degli appalti  fa risparmiare le imprese, ma mette a rischio salute e vita dei lavoratori e delle lavoratrici. Politiche aziendali tese al risparmio aumentano i rischi e le vittime, determinano tragedie e compromettono la vita di persone che escono da casa per lavorare e non ci ritornano più. È un sistema che va cambiato.”

Al netto del minimo di retorica sul mancato ritorno a casa di chi è uscito per lavorare (frase ormai abusata, almeno alle mie orecchie pur allenate), queste parole centrano esattamente il nocciolo del problema. Ci si poteva magari aspettare qualche indicazione sul come il sistema vada cambiato: ma, se anche l’ha detto e l’agenzia non lo ha riportato, certo non basta una dichiarazione ad una agenzia di stampa per spiegarlo.  Presuntuosamente, da parte mia mi rifaccio ad Humphrey Bogart quando parlava della stampa “E’ il capitalismo, bellezza, e non puoi farci assolutamente nulla”.  Finché la sicurezza è considerata solo un costo, o nei casi migliori (per fortuna sempre più frequenti, ma non abbastanza) un investimento con ritorni nel medio lungo termine (come in effetti è), le esigenze competitive odierne condurranno fatalmente a spingere sul risparmiarci sopra, ora, nel breve periodo. E senza arrivare, si badi, a quello che alcuni economisti chiamano azzardo morale.

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