Elon Musk entra in politica con i repubblicani degli Stati Uniti? Intanto, ha urlato la sua prepotente dichiarazione di voto alla vigilia delle elezioni di Midterm. Ma facciamo un passo indietro, che forse è utile per capire ciò che sta succedendo nei luoghi dove il futuro è già oggi.
Dopo le fantasmagoriche annate di crescita a più zeri e più trilioni, anche sui social è sceso l’inverno. Del resto, la crisi seguita al crepuscolo della globalizzazione in salsa liberista non poteva risparmiare l’avamposto del capitalismo delle piattaforme. Gli Over The Top stanno perdendo nei profitti, nell’andamento di borsa e in valore assoluto. Simile dinamica tocca Google come Facebook. La lista è lunga e coinvolge diverse applicazioni nate nella comunicazione come nella logistica. Persino Amazon si è fermata. Il gruppo di Zuckerberg ha sbattuto il naso contro la cruda realtà analogica delle leggi dell’economia classica.
Il salto nell’avventura del Metaverso non sta funzionando e i profitti si sono più che dimezzati (nel terzo trimestre -52% rispetto all’anno passato), mentre il titolo crollava perdendo 90 miliardi di dollari. Secondo l’eterno stile del padronato (fordista o digitale che sia), a pagare subito il conto delle malefatte imprenditoriali sono coloro che lavorano. Infatti, mancati rinnovi contrattuali e licenziamenti sono il filo conduttore del comparto che ambiva a rivoluzionare il mondo.
Complessivamente, le Big Tech hanno disperso in queste settimane 550 miliardi di dollari di capitalizzazione. E, forse, non è che l’inizio di un processo destinato ad allargarsi per e nella piega che ha preso la crisi generale, amplificata quest’ultima dalla guerra che – ovviamente- predilige l’industria delle armi.
Tuttavia, tornando alla vicenda di Musk, il caso del proprietario di Tesla, SpaceX e ora di Twitter sposta i confini molto in là. Anzi. Nell’avventura simile ad una fiction del signore sudafricano figlio di un padre non proprio antirazzista si leggono numerose tracce di una fenomenologia post-moderna: dove politica, affari, predominio sul commercio dei dati delle persone, irruzione nel cervello e nei corpi con algoritmi e intelligenza artificiale si mischiano in un ibrido spesso inedito.
Insomma, chi è davvero Musk? Si tratta di un oligarca che ha scalato il cielo con le sue diffuse batterie di satelliti in grado di progettare i viaggi su Marte come di tutelare la rete di Internet nell’Ucraina; e che ha investito nell’auto intelligente supersonica e guidata da esseri post-umani.
Ricchissimo e spregiudicato, ora Musk annuncia qualche interesse per la politica-politica. Becchino di Trump di cui spense i cinguettii nelle ore drammatiche dell’assalto a Capitol Hill, poi suo alleato, si appresta – chissà – ad entrare nell’agone delle prossime primarie presidenziali del partito repubblicano. E sa il patron dell’età numerica che agguantare il massimo numero possibile di profili identitari per sfruttarne il potenziale nell’aggregazione degli algoritmi è anche la migliore campagna elettorale possibile. E sì, perché ormai è nella rete che si sviluppa il conflitto, non nella vetrina narcisistica della televisione.
Solo così si capisce come mai un capitano d’impresa cinico e rude si sia buttato su un social di sole 238 milioni di utenze attive e monetizzabili, a fronte dei 2,9 miliardi di navigatori di Facebook o del md e mezzo di You Tube o dell’uno tondo di Tik Tok. La valutazione di Twitter con l’astronomica cifra di 44 md di dollari trova ragione nella ricerca di un mezzo utilizzato da utenti d’élite e soprattutto dal mondo politico e giornalistico: una casamatta per lanciare la presa della Casa Bianca e del Cloud in cui nascerà il vero potere immateriale imposto dalla mostruosità di tecniche velocissime, estranee alle culture e alle istituzioni democratiche.
Qualche romanzo o film di fantascienza aveva preconizzato tutto ciò e in certo modo la mitica Spectre dei film di James Bond a simile inferno alludeva. Elon Musk ha cominciato a licenziare massicciamente, fino a subire il richiamo inedito delle Nazioni Unite. Orribile, chi fermerà il Cattivo?
Questo articolo è stato pubblicato su il manifesto il 9 novembre 2022