Ci siamo lasciati da poco con una intervista del momento a Kepler 452, gruppo teatrale che prende molto serio il mandato testimoniale di ogni artista che si rispetti, offrendoci visioni e squarci dalla materialità della vita. Ma, nonostante un supplemento estivo fuori tempo massimo, l’autunno incalza e con esso le molteplici programmazioni teatrali di cui è ricco il territorio. Cosi, dopo le Vie Festival, Crisalide Festival, è già iniziata una prima parte di stagione Agorà, confezionata da unione Reno Galliera, per la cura di Associazione Liberty, sebbene, per ragioni di opportunità, la direzione non sia più affidata ad Elena Digioia. Naturalmente sono tutti argomenti su cui torneremo con più calma, cosi come riferiremo prestissimo su alcuni progetti speciali targati ERT, ma intanto sono usciti diversi cartelloni stuzzicanti nel perimetro del miglior policentrismo bolognese., da Casalecchio a S. Lazzaro, mentre anche in periferia, nelle case del Popolo si fa teatro con il Collettivo Amalia. Anche su questo vedremo di approfondire.
Intanto vi raccontiamo qualcosa di due stagioni che in modo in un certo senso simmetrico, seppur molto diverso affrontano un autunno che non sappiamo se definire caldo o freddo. Due stagioni che declinano una certa idea di impegno fuori dal luogo comune che sovente aleggia su questa stessa espressione.
Stefano Casi, come ormai ben saprete veste diverse casacche pubbliche stante la sua molteplice natura di intellettuale, curatore, osservatore, opinionista, sostenitore di diverse cause ed in particolare, potremmo dire, indirettamente esperto di geopolitiche tramite una attenta visitazione del patrimonio teatrale di diversi paesi affronta questa stagione già bello carico, come potremmo dire colloquialmente.
Infatti dopo aver guidato il tavolo critico di Premio Scenario, complice l’irriverenza e l’impegno civili di Andrea Adriatico ha vissuto l’esperienza di quattro incontri con candidati politici locali prima del 25 fatidico settembre e quindi, a ragion veduta, può dirsi forse meno destabilizzato di altri dal largamente atteso risultato elettorale.
Da me incalzato sull’argomento, mi racconta:
“Abbiamo costretto i nostri politici dentro un contesto performativo, praticamente alla mercé di un gruppo di giovani attori e abbiamo sciolto il ghiaccio con un po’ di sana frivolezza per constatare che spesso orientamento politico e simpatia personale per chi guarda da fuori non vanno di concerto come ci si aspetterebbe. Poi, naturalmente ci sono state anche le domande politiche, quelle sui programmi e anche qui, abbiamo ben constatato come specialmente per quanto concerne la sinistra, beh, parliamone, di chi la rappresenti in questo momento.
Da qui si aprirebbe un lungo discorso su quanto dobbiamo aspettarci o meno da questo governo, anche nei termini che più interessano noi, ovvero arte e cultura.
Io penso che purtroppo nel corso degli ultimi tempi, complice anche l’emergenza pandemica, il rapporto del paese con i suoi rappresentanti si sia molto logorato, lo dicono i numeri dell’astensione, ma non solo… il Parlamento appare impoverito ed esautorato, da quanto la gente si vive con rassegnazione un certo imperante tecnicismo che esclude veri dibattiti pubblici d’opinione? Le leggi peggiori sono ancora tutte li e quelle tanto attese non vedono mai la luce. Ora io non credo che ci sarà un poi grande cambiamento di andazzo. Nei palazzi, almeno. Quello che penso è sicuramente un freno sui diritti civili e quantomeno un certo supponente fastidio per le diversità o una superficiale condiscendenza ce li dovremo aspettare. Soprattutto sicuramente questo si vedrà nelle politiche educative e sarà difficile magari fare nelle scuole certi tipi di progetto. la forma di cultura che verrà privilegiata sarà lo sport. E il buon senso gentista. Ma non credo ci saranno grandi interventi di sorta nel bene e nel male. Penso che alcune categorie di persone se la passeranno peggio, ovvero sicuramente gli stranieri non garantiti e chi ha bisogno del reddito di cittadinanza, ma in fondo queste dinamiche erano già in atto.
Tuttavia a noi di Teatri di Vita la rassegnazione non piace e credo che il dovere di tutti sia la presa di parola, perciò Get up and stand up, con un certo brio, se non proprio ottimismo. In tal senso vanno gli appuntamenti di stand up comedy, che ci aiutano a vedere le nostre miserie con un certo comico distacco.
Puoi constata re che in pratica non ci siamo fermati mai da una stagione all’altra e questa parte di stagione che arriva solo fino a dicembre, è ricchissima di appuntamenti, quasi procede di corsa esplorando linguaggi diversissimi. Ma i temi dell’impegno si sono messi in fila da soli, con quel pizzico di trasgressione che piace a noi. Ci sono novità, ma anche conferme recenti e riprese. Partiamo, sull’onda dello spirito dei tempi con Him, produzione di Fanny e Alexander, in cui il mattatore Cavalcoli diventa uno stralunato Hitler, guitto da operetta. Poi abbiamo GiorgioRossi e gli Ultimi giorni di Pompeo, un lavoro contaminatissimo e ibrido che mette in scena subspecie narrazione fumettistica, l’ultima parte della parabola esistenziale del grande artista che è stato Andrea Pazienza. Un po’ reading, un po’ fumetto, un po’ story telling, un po teatro danza. A proposito di danza, avremo Jan Mertens, tanto per rimanere nel discorso linguaggi altri. A proposito ancora, se dobbiamo considerare i linguaggi, il teatro di figura è oggi uno dei must per esprimere l’assurdo che ci circonda e dunque, nei giorni di Insorgiamo tour, avremo con noi, il teatro di pupazzi di Bubikopf, che ci racconta una ulteriore storia di cabaret e tirannia. Come pure, al passo coi tempi grami, mi pare di poterti citare, Histoire du soldat per Menoventi teatro, lo straniero da Camus di Akroama teatro. Teatro della Plebe, Odemà, Lemming, proporranno discorsi molto crudi ispirati alla cronaca più brutale dei nostri giorni. Ma la cosa più intrigante che stiamo preparando, vedrà un avvio nell’anno nuovo.
Si tratta di un progetto di cultura cinematografica realizzato in collaborazione con il nostro quartiere e il Giffoni film festival. Proporremo a ragazzi delle scuole superiori di vedere un ciclo di film selezionati dal Giffoni, tre per ogni ragazzo a sua volta selezionato dalla scuola e si realizzerà questa sorta di festival autogestito, sulle tematiche che più stanno a cuore ai ragazzi., distillato dalla loro sensibilità e capacita di giudizio. Sono cose probabilmente del sabato pomeriggio o della domenica, ma sai che qui il teatro propone, da tempi non sospetti, anche dei brunches, per esempio in occasioni della riproposizione di Eve già cavallo di battaglia della stagione appena chiusa, dopo il debutto berlinese in piena recrudescenza covid. Come vedi, la pluralità, ci salverà da qualsiasi conformismo o imposizione”.
Ringrazio oltremodo il mio gentile interlocutore e mi dirigo al capo opposto di Bologna, città metropolitana per incontrare Bruna Gambarelli, alla Cupola del Pilastro Dom. Qui il discorso si fa oltremodo complesso.
Da un lato, un riconoscimento artistico importante, arriva alla compagnia, nel senso dell’inserimento dello splendido lavoro di Del Zozzo-Marchesini, Invettiva inopportuna, già da noi ammirato e recensito, nel cartellone del prestigioso festival internazionale Vie, curato dall’ottima Barbara Regondi per ERT. Nonostante ciò, non essendo Dom stata riconosciuta sede di residenza, a dispetto dei molteplici lavori meticci, creati in permanenza in quel contesto, una parte importante e forse vitale, dei finanziamenti alla compagine vien meno, compromettendo l’esistenza stessa della struttura in quanto entità teatrale.
Gambarelli, artista e intellettuale di molte battaglie sin dai tempi degli studi, ha convocato una conferenza stampa di denuncia della situazione e su molte testate locali sono apparsi titoli drammatici, mentre peraltro veniva annunciata una nuova programmazione prudentemente tarata sul fine anno.
Gambarelli, da me raggiunta in procinto di partire per Roma, dove è stata invitata a discutere in sede seminariale nell’ambito della notissima e ricca vetrina di Roma Europa Festival, mi espone le sue riflessioni sullo stato delle cose, da me incalzata su quanto cronaca riporta.
Quale il vostro stato d’animo alla ripresa autunnale?
“Ma, cosa vuoi che ti dica, il nostro budget è sempre più risicato, una manciata di migliaia di euro con i quali, si arriva solo a coprire il costo vivo del Teatro in quanto spazio. Ti confesso di essere molto preoccupata per questa faccenda dei rincari energetici e tutto il settore culturale farebbe bene ad esserlo. Rischiamo tutti di essere colpiti una seconda volta dopo la vicenda pandemica da costi insostenibili. Praticamente qui dobbiamo svolgere tutte le principali mansioni fondamentalmente in due e non è pensabile di produrre o assicurare una cifra alle compagnie ospiti. Se l’andazzo continua ad essere questo, ordinata la contabilità, a fine anno si chiude.
Eppure sappiamo di offrire un servizio alla popolazione del Quartiere, ben prima che le periferie divenissero un tema centrale nelle campagne elettorali. Non per caso ogni volta che c’è un problema serio, sono i cittadini a commuoverci di più non solo con bigliettini affettuosi e fiori ma anche con donazioni vere e proprie. Del resto anche a noi piace la materialità delle cose e devo dire che abbiamo piantato diversi alberi da quando siamo qui. Continuità, sedimentazione, progetti di lungo respiro come la tv di quartiere, l’Archivio, sono quelli che ci contraddistinguono. Sono progetti che hanno bisogno di sedimentazione e di relazione più di tutto, nel rispetto di ruoli e funzioni di ciascun soggetto artefice delle azioni. Sarebbe forse in qualche modo più facile redditizio offrire animazioni e corsi, con i quali noi saremmo sempre i soggetti comunicatori di un sapere. Le nostre sono coprogettazioni emancipatorie, in cui noi di Dom, mettiamo l’opera al centro sempre prescindendo da quanto il suo linguaggio possa risultare ostico o inaudito, gli abitanti mettono al cento se stessi, il loro bisogno di autonarrarsi e di avere memoria, radici, identità, tutte cose molto importanti in un quartiere giovane e costituito da attraversamenti come questo.
La Storia è azione, per noi, una pratica democratica, proprio per questo ci pare assurdo che stavolta abbiano deciso dal Ministero di negarci il contributo perché i progetti come per esempio il coinvolgimento dei cittadini nella lettura della Costituzione hanno valore proprio perché reiterati a stabilire una tradizione nel senso migliore del termine e a mettere qualche puntino sulle ‘i’ questa mania dell’innovazione per l’innovazione a noi è inconcepibile. Perseveranza, insistenza, sono caratteristiche valoriali resistenti.
Non per caso, la presa della parola è il nostro claim per questa stagione fino al 16 Dicembre.abbiamo iniziato con una sorta di prologo presentando la bella mostra fotografica di Mencari tutta dedicata ai dettagli scenici di mani all’opera, a seguire una lettura nuda e cruda di poesie. Ci piacciono queste cose essenziali che centrano bersagli. Non puoi cercare di farcire tutto con tanti ingredienti allo scopo di rendere le cose accattivanti. Edulcorate, sarebbe meglio dire. Ieri, 18 ottobre abbiamo aperto al pubblico il Laboratorio Fuori, che terranno Martinelli e Radaelli di Albe, in vista della realizzazione di Uccelli per Arena del Sole. Come vedi le connessioni con il centro della città ci sono eccome.. poi il 28 ottobre avremo questa cosa a mio avviso imperdibile dei ragazzi delle occupazioni scolastiche prendono parola appunto, in uno spazio per loro inconsueto autogestendosi come a noi pare corretto, contrappuntati dall’intervento del collettivo Llaika, un gruppo femminista di filmmakers che ha curato l’inchiesta: Che ci fanno tanto divertire, evidentemente tutta dedicata a chi non comprende il lavoro d’Arte. Un’altra cosa che riprende le nostre operazioni poco accattivanti, come la lettura integrale in notturna della Passeggiata di Walser, ma tu c’eri e sai quanto fu partecipata, è la conferenza di Claudia Castellucci su quel testo.
Poi un po’ di cinema, in occasione dai cento anni dalla nascita di Francesco Rosi, proietteremo con l’introduzione di Roberto Chiesi, il celebrato Le Mani sulla Città. Ogni epoca ha le sue contraddizioni urbane e ci piace riproporlo. Novembre si chiude con la presentazione appunto del nostro docu sul Pilastro e la sua storia sbagliata o meglio travisata e peggio comunicata. Questo sarà in collaborazione con la Film Commission di ER. Con la Fondazione Cineteca faremo un progetto che so ti appassionerà tanto, tutto dedicato alla molteplicità dell’opera di Fassbinder, genio della velocità e della voracità sperimentale. Vorremmo approfondire tutti i nessi tra disciplina cinematografica e teatrale nella sua esplosiva poetica. Mi sembra giunta l’ora di volgere uno sguardo organico a questo autore. Naturalmente non sarebbe Natale, senza la nostra strenna ovvero il numero della rivista Ampio Raggio che chiude l’anno in bellezza. Ma poi in realtà, ci sarà una sorpresa perché vorremmo fare un Natale alternativo con gli abitanti del Pilastro. Un vero motivo di orgoglio e affezione per noi:insomma qui noi rimarremmo ottimamente, perché certe prospettive da lontano si vedono meglio. Mi congedo da Gambarelli pensando a quanto bandi e finanziamenti vari lavorino su logiche spesso difficili da comprendere e non premianti della continuità, che se non diventa continuismo, è un valore aggiunto di un certo tipo di lavoro culturale accurato e paziente”.