La Camera sta discutendo e dovrebbe approvare a giorni una modifica della Costituzione che consentirà di eleggere i senatori su base circoscrizionale e non più su base regionale. Questa modifica della Costituzione si è resa necessaria dopo l’entrata in vigore del taglio dei parlamentari (400 deputati e 200 senatori) che sarà in vigore dalle prossime elezioni politiche.
Le Regioni più piccole hanno la garanzia di avere eletti 3 senatori (1 in Val d’Aosta) ma questo è anche il limite che rende praticamente impossibile un minimo di proporzionalità, in quanto in queste regioni la soglia per ottenere eletti sarà molto alta (20/30%) e potrebbe perfino consentire a qualcuno, con alcune mosse, di fare l’asso pigliatutto. La soluzione di come realizzare una rappresentanza più aderente alla realtà politica, culturale, sociale delle piccole regioni verrà affidata alla legge attuativa.
Può sembrare un percorso agevole verso la modifica costituzionale che apre la strada a correggere per legge una distorsione del sistema elettorale del Senato che potrebbe portare ad una maggioranza diversa tra Camera e Senato, aprendo potenzialmente una fase di instabilità politica.
In realtà non è così. Per arrivare al traguardo in tempo utile occorre anzitutto ipotizzare che le elezioni politiche si svolgeranno a scadenza naturale nel marzo del 2023, che il Senato approverà rapidamente nello stesso testo la modifica approvata dalla Camera. Infine che a tre mesi di distanza sia la Camera che il Senato approveranno una seconda volta lo stesso testo, che è particolarmente breve: una parola sola, circoscrizione al posto di regionale.
A quel punto la modifica sarà approvata definitivamente ed è sperabile che sia approvata con più dei due terzi delle camere in modo da entrare in vigore immediatamente. Se tutto va bene a settembre dovrebbe arrivare l’approvazione definitiva, indispensabile per discutere ed approvare una nuova legge elettorale.
Questo passaggio, inevitabilmente più complesso, è tutt’altro che scontato, anche se l’approvazione della modifica della Costituzione obbliga a cambiare la legge elettorale in vigore almeno per questo aspetto, quindi di legge elettorale bisognerà parlare in ogni caso.
Tuttavia sarebbe bene che il parlamento iniziasse a discutere di legge elettorale prima possibile, perché ridursi all’ultimo, cioè vicino alla scadenza elettorale, consegna nelle mani di chi non vuole cambiare nulla l’occasione di menare il can per l’aia e di avere gioco facile nel bloccare tutto. Preparare una riforma della legge elettorale è un modo per essere ragionevolmente certi che il risultato sia possibile. Rinviare ancora comporta il serio rischio di arrivare all’ultimo momento e di non farcela.
La legge elettorale in vigore ha profili evidenti di incostituzionalità, consente ai capi partito di imporre di fatto l’elezione dei fedelissimi. Basta metterli nel posto giusto di lista con uno dei diversi meccanismi previsti attualmente. Inoltre chi vota un candidato nell’uninominale automaticamente fa eleggere persone nel listino proporzionale, con nomi bloccati, che nemmeno conosce e di cui nessuno gli ha parlato. Una sorta di eterogenesi del voto.
Le ragioni della crisi del ruolo del parlamento e della caduta di credibilità dei parlamentari sono diverse, complesse e chiamano in causa direttamente i partiti e il loro (mal)funzionamento, tanto è vero che si dovrebbe trovare il coraggio di attuare finalmente l’articolo 49 della Costituzione.
Quindi non si può ridurre tutto alla legge elettorale. Tuttavia è sicuro che una legge elettorale che non consente di garantire la rappresentanza delle diversità politiche, territoriali, culturali e che vede i parlamentari di fatto nominati dall’alto – senza alcun rapporto con gli elettori del territorio che dovrebbe sceglierli – aggrava ed approfondisce la frattura tra eletti ed elettori e questo è un problema di prima grandezza per il funzionamento di una democrazia come quella italiana in cui il parlamento è centrale nell’assetto costituzionale.
La legge elettorale non risolve tutto, ma una buona legge elettorale è indispensabile per risalire la china della crisi del parlamento.
Se i parlamentari continueranno ad essere scelti per la fedeltà al capo corrente o del partito avremo ancora la prevalenza dei signorsì, mentre al contrario – non a caso – i costituenti disegnarono per il parlamentare il ruolo di rappresentante della nazione e gli imposero di comportarsi con dignità ed onore e la precondizione è che sia libero di scegliere e di decidere secondo coscienza, soprattutto nei casi difficili.
Questo articolo è stato pubblicato su Domani il 30 marzo 2022