Il professor Nino Ferraiuolo, insegnante di scuola superiore in pensione, è napoletano doc e compie oggi ottanta anni. Una personalità eminente della mia città. Potremmo definirlo un filosofo di strada, nel senso che non c’è angolo del centro storico in cui non venga salutato con deferenza: “buongiorno professore” e che non gli si chieda di esprimere un’opinione su quel che di rilevante accade a Napoli ma anche nel mondo.
Il professor Ferraiuolo è un uomo dotato di elevata cultura in senso proprio ma, come tutti coloro che colti lo sono davvero, non lo ostenta in alcun modo, non usa frequentemente citazioni dotte, se non quando è strettamente necessario o utile alla discussione, come è invece stucchevole consuetudine di coloro che intendono sottolineare il proprio status superiore. Egli è assolutamente semplice, può apparire perfino modesto, ma non lasciatevi trarre in inganno, Nino (mi permetto di chiamarlo così per affetto) è una lama tagliente, un logico implacabile, in particolare quando si tratta di denudare le incoerenze soprattutto dei politici e del potere. Perché Ferraiuolo è un esponente molto autorevole della cosiddetta “sinistra storica”, dirigente di lungo corso del PCI in cui ha militato tutta la vita fin quando è esistito, per poi abbandonarlo quando col tempo è diventato altro.
Nino è una banca della memoria vivente, ma di quelle banche che non solo conservano il patrimonio accumulato nel tempo, è un erogatore di saggezza, di lucida analisi del presente, a cui applica il metodo rigoroso di un marxismo gramsciano che coniuga ad uno spiccato senso della libertà di pensiero. Infatti si può definire sinteticamente un comunista libertario, una specie rara ed in estinzione. Il professore ha non solo una lunga carriera di insegnante di italiano e latino (forse anche di storia e geografia), ma ha ricoperto numerosi incarichi nell’organizzazione del PCI: segretario di sezione, responsabile provinciale della comunicazione e in altri settori di attività, Presidente di quartiere e consigliere comunale plurivotato, ma non lo troverete nella galleria dei personaggi “famosi”, di quelli conosciuti attraverso televisioni e giornali. Il suo è stato sempre un lavoro instancabile dal basso, un formatore di quadri eccezionale, un analista raffinato, un organizzatore efficace.
Nino rappresenta quel substrato di scienza politica che era l’organizzazione del PCI, fatta di impegno di studio, di lotte, di comunità, di confronto continuo anche aspro ma unificante che era la quintessenza di una straordinaria esperienza. L’altro grande aspetto della sua personalità è il prorompente umanesimo. Nino è sempre attento e vicino a coloro che soffrono, che patiscono, a Napoli sono sempre tanti, troppi. È una figura che sta nel cuore e gode la stima di tantissimi per la sua schietta e incrollabile onestà morale e politica. Generazioni di militanti, sono stati educati alla buona politica da Nino, molti sono anche diventati importanti, alle volte deviando dal solco di quella fondamentale lezione di rigorosa coerenza che è il suo tratto distintivo. Nino se ne duole, gli spiace, perché nei rapporti umani e in politica è sempre schietto e sincero, radicalmente disinteressato. Il comunista secondo Nino è un essere pienamente consapevole della sua responsabilità nella società, indipendente, libero, fraterno e determinato, tutto il contrario del compiacente conformismo di troppi burocrati. Del professore Ferraiuolo si scrive in un bel libro “care compagne e compagne, storie di comunisti italiani” edito da Strisciarossa, con la prefazione di Livia Turco, che racconta le vicende di tredici militanti del PCI. Penso che gli storici dovrebbero seriamente cominciare a studiare e a scrivere di questa fondamentale parte della storia recente, oggi per lo più finita nel dimenticatoio in questo nostro distratto e banale paese. Auguri Professore di una piena e lunga vita.
Questo articolo è stato pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 20 luglio 2021