Il governo di Zagabria nega l’evidenza dei soprusi a danno dei richiedenti asilo e tenta di screditare il Relatore speciale dell’Onu sui diritti umani dei migranti, González Morales. “Le denunce raccolte non sono fantasie”, spiega invece ad Altreconomia l’accademico cileno. Anche il governo italiano è interessato dai respingimenti
Lungo la “rotta balcanica” cammina anche George Orwell. Lo dimostra la lettera che il ministro degli Esteri della Croazia, Gordan Grlić-Radman, ha recapitato a fine luglio al Relatore speciale delle Nazioni Unite sui diritti umani dei migranti, Felipe González Morales.
Di fronte alle circostanziate preoccupazioni del professore di Diritto internazionale dell’Università Diego Portales di Santiago per le violenze e i respingimenti collettivi subiti da tempo dalle persone in transito nel Paese europeo, Grlić-Radman ha sostenuto che i migranti e i richiedenti asilo mettano “intenzionalmente a rischio la propria vita”. E che quando la polizia croata interviene per “salvarli” questi inventino “false accuse” di abusi o di chissà quali ostacoli alla procedura per chiedere la protezione internazionale. Non sarebbe la violenza degli agenti a segnare i loro corpi –come emerge dalle numerose testimonianze raccolte da da González Morales– ma “incidenti e scontri occorsi tra gli stessi migranti”.
Oltre a negare l’evidenza, Grlić-Radman ha tentato poi di screditare il richiamo del Relatore speciale delle Nazioni Unite, accusandolo implicitamente di essersi rifatto a fonti “non indipendenti e non obiettive” come Amnesty International.
A poche settimane dalla risposta del governo croato, González Morales spiega ad Altreconomia di ritenerla “insoddisfacente”. La verità, afferma il Relatore speciale, è che il “respingimento violento dei migranti senza passare attraverso una procedura ufficiale, una valutazione individuale o altre garanzie costituisce una violazione del divieto di espulsioni collettive e del principio di non respingimento”.
È quello che accade in Croazia e che interessa da vicino anche l’Italia, motore delle “riammissioni informali” dei migranti e richiedenti asilo sul confine orientale con la Slovenia -rivendicate dal governo Conte II nell’estate di quest’anno- e che sono il primo anello della catena di respingimenti che porta fin verso la Bosnia ed Erzegovina.
Gli ultimi fatti delle violenze in territorio croato portati all’attenzione dell’accademico cileno risalgono alla primavera di quest’anno. Il 26 maggio 16 migranti tra i 19 e i 38 anni vengono fermati nei pressi dei Laghi di Plitvice da otto uomini armati in uniforme nera e passamontagna che sostengono di far parte della polizia croata. Questi interrogano i migranti e al primo che “risponde” arriva uno schiaffo. Dopo avergli confiscato soldi e telefoni, li legano a dei tronchi e iniziano a sparare colpi di pistola vicino alle orecchie e alle gambe, prendendoli a bastonate. Alcuni raccontano di scariche elettriche sul collo e sulla testa, uno ha entrambi i palmi tagliati da una lama.
Un aguzzino avrebbe anche ripreso la scena con lo smartphone mentre un altro mescolava maionese, ketchup e zucchero sulla testa dei migranti, tra le risate generali.
Finito il “giro”, gli otto in passamontagna decidono di chiamare la polizia. Le squadre si conoscono -riportano le testimonianze messe in fila da González Morales- tanto che uno degli uomini in nero minaccia di morte i migranti se fossero tornati in Croazia proprio davanti agli agenti, scaricando in aria altri colpi di pistola.
I poliziotti fanno salire i 16 sequestrati su un furgone e li riportano al confine con la Bosnia ed Erzegovina nei pressi del villaggio di Siljkovaca. Nessun documento, niente zaino, niente carta d’identità.
Le denunce raccolte dal Relatore speciale si accumulano. “Per l’esperienza che ho maturato posso dire che quando le segnalazioni sono così numerose, si ripetono per mesi e mesi e risultano così sovrapponibili, allora non possiamo parlare di fantasie”, continua González Morales. Non è un problema “solo” della Croazia: “L’Unione europea ha il dovere di assicurarsi che le sue frontiere siano gestite in modo che i diritti umani dei migranti vengano rispettati. A questo proposito mi aspetto che le istituzioni europee seguano da vicino la situazione croata”.
L’auspicio rischia di essere retorico: la Croazia agisce infatti con il beneplacito dell’Ue.
Alla luce dei fatti ricostruiti è possibile definire quel Paese “sicuro” per i migranti? “Non sono nella posizione per poter formulare una considerazione generale, quello che posso dire è che alle persone migranti che attraversano in particolare il confine giungendo dalla Bosnia non è garantito il diritto di chiedere asilo ma queste vengono espulse collettivamente senza alcuna procedura”.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 1 settembre 2020