Per il secondo anno consecutivo il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto non ha elaborato il Rapporto sulle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Non è un fatto burocratico ma un pezzo della strategia italiana ed europea di delega dei respingimenti alla Libia. Nessun bollettino da inizio 2020
La Guardia costiera italiana ha spento la luce sui soccorsi nel Mediterraneo. Per il secondo anno consecutivo il Comando generale del corpo delle capitanerie di porto non ha realizzato il “Rapporto sulle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale”, bussola utile per avere un quadro degli eventi, degli assetti in azione, dell’efficacia degli interventi.
Lo ha reso noto ad Altreconomia il capo reparto Massimo Seno, comunicando la “non disponibilità del ‘Rapporto sulle attività SAR nel Mediterraneo Centrale anno 2019’ poiché lo stesso, per l’anno d’interesse, non è stato elaborato”.
La mancata “elaborazione” da parte dell’organo del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti non è un fatto burocratico. È un pezzo della strategia italiana ed europea di delega dei respingimenti dei migranti alla deriva alle cosiddette “autorità libiche”.
Non è un caso che il primo anno del blackout da parte della Guardia costiera sia stato proprio il 2018, quando (a giugno) fu annunciata dalla Libia la definitiva istituzione di una zona di ricerca e soccorso (SAR) dei naufraghi posta sotto il diretto controllo e coordinamento di un “centro” autonomo di Tripoli.
Iniziativa, quella della zona SAR libica, concepita e realizzata grazie al contributo dell’Unione europea e dell’Italia.
Sono lontani toni e approcci della prefazione dell’ultimo rapporto annuale della Guardia costiera pubblicato prima del buio. Nel 2017 veniva celebrato infatti lo “spirito e responsabilità” con il quale era stata “svolta l’attività sui diversi scenari del Mar Mediterraneo, volta sì al contrasto dei flussi migratori, ma senza mai perdere di vista il primo task della Guardia costiera: salvare vite umane in pericolo di perdersi in mare”.
Oltre all’interruzione del report annuale è cambiata anche la consueta modalità di rendicontazione delle operazioni poste sotto la responsabilità del Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo (IMRCC).
Da inizio 2019, come abbiamo già raccontato, quelle che precedentemente venivano indicate come “Attività Search and Rescue nel Mediterraneo centrale” -oggetto di bollettini mensili poi trasformati in trimestrali- sono diventate “Eventi riconducibili al fenomeno dell’immigrazione non regolare via mare verso le coste italiane”. Anche lo “stato” delle “persone” è mutato: a quelle “soccorse” sono state affiancate quelle “intercettate nel corso di operazioni di polizia di sicurezza”, tecnicamente definite operazioni di “Law Enforcement”.
E sempre nei report trimestrali del 2019 i migranti catturati dalle milizie libiche sono diventati un numero all’interno di una tabella intitolata “Attività operativa coordinata dalle autorità libiche”.
Nel corso del 2020 la già diluita rendicontazione trimestrale è poi scomparsa del tutto. “Con riguardo all’andamento dell’attività SAR Immigrazione nel Mediterraneo Centrale a far data dall’1 gennaio 2020 -ha fatto sapere ad Altreconomia a inizio luglio il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto- si rappresenta che una scheda afferente all’argomento verrà a breve pubblicata, in una nuova veste grafica, sul sito internet istituzionale del Corpo”. Al 20 luglio nessuna traccia.
Questo articolo è stato pubblicato su Altreconomia il 20 luglio 2020