di Silvia R. Lolli
Sento galleggiare un bisogno di normalizzazione, dopo la vittoria di Bonaccini avvenuta grazie ai tanti voti disgiunti e all’aiuto di una candidata di lista di sinistra, Schlein, forse un po’ difficile da digerire per qualcuno, soprattutto per l’alto numero di preferenze avute. Tra qualche giorno la nuova giunta, vedremo.
Intanto sulle pagine locali riprendono voce e progettualità idee partite alla fine della campagna elettorale del 2016. Non vorrei che a questo punto per molti sia meglio avere il 37% dei votanti, piuttosto che riportarsi a più del 60% in E-R. Intanto i progetti locali che la partecipazione dal basso (vedi tutte le azioni degli ultimi tre anni del comitato rigenerazionenospeculazione a Bologna) aveva chiesto di rivedere fanno per me parte di pratiche simili.
La partecipazione al voto mi ha salvato dal possibile diluvio oligarchico o dittatoriale; ora spero che la si possa valorizzare al massimo, anche in vista dell’imminente referendum sul numero dei parlamentari. Nessuno parla più della legge elettorale, che presenta in Parlamento eletti scelti dai capi; oggi diventa chiaro il peso di questa legge per me anticostituzionale: le recenti separazioni di I.V. e Calenda e le minacce ad un Governo che si è contribuito a formare, causa la legge sulla prescrizione.
La boccata d’ossigeno del ritorno al voto in E-R (ma non in Calabria) non mi rende ancora troppo tranquilla; aspetto le neo-politiche locali ed i nomi che ricopriranno i vari ruoli regionali. Il voto alla Schlein e le piazze piene di sardine devono contare. Le piazze sono per me piene di cittadini di tanti colori a differenza di ciò che si sta cercando di far passare. Del resto il pesce azzurro ha striature variabili: si chiama azzurro, ma è argento, grigio, nero, bianco e il blu/azzurro del mare si declina continuamente in tanti colori.
Non etichetterei nulla; io mi sento libera di saettare al minimo pericolo; penso che molte “sardine” si sentano così. Il condizionamento fra i nostri pensieri avviene per osmosi non con una comunicazione subliminale unidirezionale del capo. E’ un pensiero consapevole e responsabile, perché si fa con il dialogo e la discussione sul merito; l’opportunità di scelte politiche future gradirei che avvenisse attraverso il pensiero e non più di pancia.
In queste piazze molto variabili, Palermo è scesa con la Costituzione in mano, ci sono tante idee: quella del Friday For Future, quelle di altri passati movimenti e percorsi, ricchi di veri r-esistenti (da Indignez-vous! a Occupy a Podemos e ad altri esperimenti più o meno locali, per esempio a Bologna, Unirsi, Io ci sto, i tanti comitati o il gruppo di cittadini nel 2011 avvisati per sms che si trovò per 6 mesi ogni settimana in Piazza Nettuno a leggere la Costituzione – era l’epoca in cui Berlusconi pagò vari parlamentari per la fiducia e Napolitano non sciolse il Parlamento per andare alle elezioni anticipate; ancora Elly Schlein doveva scendere nell’agone politico, ma un’altra candidata eletta dei verdi era presente in veste di cittadina e non più di politica eletta, Silvia Zamboni). Oggi si aggiungono infezione le elette del movimento 5S, già consigliere, ma pur sempre persone provenienti dalle piazze.
A livello politico non tutto è ancora chiaro, ma si può vedere qualcosa di nuovo con questa digitalizzazione democratica avvenuta con le sardine: chiamata a raccolta nelle piazze con strumenti veloci e nuovi, senza intermediazione; raccoglie di nuovo nelle piazza tanti cittadini. È però qualcosa che proviene da sentimenti lontani e molti erano lì con queste emozioni: si sono riaccesi Settanta-Ottanta anni fa in Europa, dove l’Welfare, la solidarietà e i diritti umani sono stati attuati dopo tragedie politiche e guerre. Una partecipazione viva, dal basso, che vuole e dev’essere ascoltata. A livello locale c’è, però comincia ad essere stanca di riascoltare progetti che aveva chiesto, in forma pubblica, di cambiare. I recenti articoli dei giornali citano l’appalto per la vigilanza che Invimit ha fatto per la guardianìa al bosco dei Prati dii Caprara. Appalto da 1,5 mln?
I soldi pubblici devono essere spesi meglio. Basterebbe far intervenire la polizia anche municipale ed assicurare che non ci siano più i bivacchi (funzionali a chi vuol costruire sull’area? E se la vigilanza fosse funzionale a nascondere i primi interventi di bonifica bellica che vuol dire costruire?). La PM è già pagata da me.
Altri danari pubblici da spendere meglio sono quelli dichiarati sul Resto del Carlino all’inizio di febbraio 2020 (30 mln): il Comune li metterà in una società (pubblica/privata?) per la ristrutturazione dello Stadio Comunale. Dagli ultimi giorni della campagna elettorale 2016 si continua a spiegare questa rigenerazione dello Stadio come grande affare per il Comune, dando per scontata l’approvazione dei cittadini bolognesi. Essi diventano così maggioranze silenziate: si è data loro parola, i processi della democrazia hanno dovuto dare loro parola vedi istruttoria pubblica, ma poi le loro istanze non hanno avuto seguito.
Alle maggioranze silenziose l’oligarchia al potere, con la comunicazione massmediatica mirata e accordi fra pochi, mette il bavaglio e le silenzia. Il Comune di Bologna dunque diventerà partner della società da costituire; apprendo che il costo di ristrutturazione (soprattutto di commercializzazione a favore di una società di capitale com’è una società professionistica di calcio) dello Stadio Dall’Ara sarà di 90 mln. Perché ad ogni ipotesi di progetto i costi aumentano?
Uno stadio nuovo, fatto e gestito dal pubblico, avrebbe costi minori anche in paesi come gli USA dove il professionismo dello sport è nato. Sarebbe poi a disposizione come è stato fino a qualche anno fa di tutta la cittadinanza. Tante ricerche mondiali ormai concordano che il privato chiede sempre più finanziamenti pubblici per le proprie attività sportive, sempre più in deficit; molti stadi in USA sono costruiti e gestiti dal pubblico. In Italia anche queste ricerche sono silenziate.
Il programma sportivo nella campagna elettorale 2016 a chi è stato veramente chiesto, con chi si è veramente discusso? È stato presentato in un anno di incontri, con il fiore all’occhiello della rigenerazione dello stadio con interesse privato sull’area CRB e sui Parti di Caprara, pronti per essere cementifici e dare così quegli introiti dall’investimento iniziale e utilizzando la maggior parte di beni pubblici. In quel momento il Comune non metteva alcuna risorsa economica nella rigenerazione dello Stadio Dall’Ara. Fu un progetto uscito dal cilindro pre-elettorale solo nell’ultimo mese che ebbe nel primo anno una vasta comunicazione pubblica, poco finora implementata veramente.
Sono convinta che l’importante oggi sia comunicare l’idea e quindi dichiararla approvata dai cittadini, magari con l’aiuto non più di un paio regolatore, cassato dalla legge regionale sull’urbanistica e da quella precedente dello sport, ma da l’Urbana Center che veicola tavoli partecipativi urbanistici gestiti non sempre in formati un vero Open Space Technology.
Il contraddittorio viene silenziato appunto. Contributi di dati della ricerca di Nomisma per il programma sullo sport, forma di marketing bella per le presentazioni, peccato che i dati si potevano già conoscere utilizzando il servizio statistico del Comune e l’osservatorio regionale dello sport. A me piace la concretezza, non il fumo negli occhi, per questo sono molto critica e continuo ad esserlo anche alla luce dei pochi interventi finora fatti per realizzare il piano, spesso tutti finalizzati alle società di vertice. Inoltre in questi questi tre anni nessun consigliere comunale, pur se richiesto ogni anno, ha potuto conoscere i bilanci annuali delle gestioni di alcuni impianti pubblici, ormai tutti convenzionati e con durate che stanno facilitando il passaggio all’usufrutto e alla proprietà del privato sportivo.
Io, cittadina di Bologna, non sono d’accordo con queste politiche. Non voglio che il patrimonio pubblico venga ceduto ai privati (privato/sociale nello sport si sta estinguendo), soprattutto poi se il pubblico continua a mettere a bilancio gli unici contanti che operazioni di questo genere comportano; queste risoluzioni gestionali hanno fatto perdere tempo nella messa a norma degli impianti e nella loro vera riqualificazione energetica per esempio.
Il privato farà fideiussioni (ricordiamo quelle di Maccaferri per il CRB che hanno permesso di portare avanti solo per qualche mese l’agonia del gruppo, cioè le sue difficoltà finanziarie e il comitato rigenerazionenospeculazione ed altri cittadini hanno svelato le strane compravendite e quindi sono riusciti a far trascorrere il tempo evitando per ora una destinazione diversa da quella sportiva dell’area) e chiederà mutui, così da mantenere i propri bilanci su linee di galleggiamento, ma metterà certamente poco cash. Il privato usufruirà poi del valore a bilancio di un patrimonio, certo da ristrutturare, ma pur sempre ancora pubblico come lo Stadio Dall’Ara e l’antistadio ed aree (terreni) limitrofe. L’unico ad impegnare mie soldi sarà a questo punto il Comune di Bologna.
Continuerò ad essere sardina: non dò la mia approvazione a questa scelta politica di carattere privatistico.