di Sergio Caserta
Non era difficile prevedere che le elezioni regionali sarebbero state una “via crucis” per le forze che si stanno contrapponendo all’invincibile armada del satrapo leghista. Ora c’è stato il bagno di sangue in Umbria, per cui la neonata alleanza Pd-M5S (il governo Conte bis è in carica da meno di due mesi) corre il rischio di essere soffocata nella culla e l’avventura giallo-rossa estinguersi per ritiro già al primo set.
I risultati in Umbria sono eclatanti, nel senso che si sapeva che avrebbe vinto la destra ma non che la differenza sarebbe stata di 20 punti, consacrata da un aumento dei votanti del 10% rispetto alle precedenti elezioni regionali. Perugia ora chiama Bologna e Reggio Calabria: nei prossimi due mesi, forse nella stessa data, si terranno le elezioni in Emilia Romagna ed in Calabria con esiti a questo punto tendenzialmente non molto diversi se non cambiano significativamente elementi del panorama politico nazionale e locale. Al di là del contesto nazionale per il quale non sappiamo se e come il governo andrà avanti, la situazione sul terreno avrà la sua importanza come hanno dimostrato i fatti in Umbria.
In Emilia Romagna si gioca la partita di gran lunga più importante per la rilevanza socio-economica e geopolitica della regione simbolo nell’immaginario nazionale del buon governo della sinistra, dei primati nell’efficienza della pubblica amministrazione e della coesione sociale quale valore distintivo e insuperato.
Una Stalingrado elettorale in cui i due eserciti si scontreranno sapendo che questa battaglia determinerà molto probabilmente l’esito della guerra: se la Lega uscirà vittoriosa, niente e nessuno potrà impedire a Salvini e alla destra l’ascesa definitiva a “tutto il potere” evocato dalle sabbie del Papetee; se invece la sinistra riformista e liberale, erede dell’antica tradizione comunista, riuscirà a contenere e battere le truppe salviniane, forse il corso dell’intera vicenda prenderà una piega diversa da quel che oggi appare un esito pressoché scontato.
Come si collocheranno i diversi attori di questo match? Sicuramente un ruolo determinante è nella responsabilità del Pd che però ha già perso il primo posto nel 2018 alle ultime elezioni europee (31,24%) superato dalla Lega (33,77%) se pur in misura contenuta. I cinquestelle in caduta libera detenevano ancora un più che dignitoso 12,9% che però oggi è virtualmente già perso; la destra, a parti rovesciate tra Fratelli d’Italia (4,66%) Forza Italia (5,87%), sarà in funzione ancillare alleata della Lega. Un ruolo diverso potrà giocarlo la variegata costellazione di partitini e movimenti alla sinistra del Pd che idealmente, ma purtroppo non concretamente finora, raggiungerebbe un potenziale 7/8% tanto da rappresentare un alleato decisivo per una possibile tenuta vittoriosa del centrosinistra. Ci sta lavorando Elly Schlein, ex parlamentare europea, apprezzata ambientalista, paladina dei diritti sociali e civili.
C’è poi il fattore B., intendendo per esso il presidente in carica Stefano Bonaccini. Animato da una poderosa volontà di vittoria, è convinto di sconfiggere il duo Borgonzoni- Salvini sulla base del lavoro svolto, dei risultati raggiunti, di un consenso rivendicato in molto ambienti dell’elettorato tradizionale, in particolare nel vasto e ramificato mondo delle imprese, dei sindacati, dell’associazionismo cooperativo ed artigiano che costituisce il nerbo portante della sistema economico-sociale regionale.
Ci sono però segnali che sconsiglierebbero una campagna elettorale giocata solo sull’autoapprovazione e su una troppo scontata sicumera. E non solo per il vento che soffia dall’Umbria e da Roma. Nella società emiliana si agitano le stesse tensioni e insoddisfazioni che caratterizzano altre parti d’Italia, lo dimostrano gli episodi di Bibbiano, largamente gonfiati e strumentalizzati a fini politici dalla destra ma che scoprono un lato debole del sistema locale di governo. Allo stesso modo è stato un vero e proprio tsunami scoprire l’estesa infiltrazione mafiosa nel cuore del territorio.
Qui c’è una condizione mediamente buona sul piano occupazionale e del funzionamento del welfare, ma non è vero ovunque. Il lavoro precario è in tumultuosa crescita, nonostante la condizione produttiva favorevole: in tanti settori essa si basa su uno sfruttamento perverso della manodopera e perfino in odiose forme d’interposizione e caporalato, attraverso false cooperative.
La percezione d’insicurezza è diffusa, dicono gli studi. Il malcontento e la rabbia sociale, strumentalizzata in chiave anti-immigrati dalla Lega, è figlia dell’incertezza sulla solidità delle prospettive, per le crescenti difficoltà anche qui di realizzare una vita soddisfacente, com’era stato un tempo per i propri padri. Le condizioni di funzionamento della sanità, pur tra le più eccellenti per alta qualità organizzativa e delle prestazioni, dilatano sempre di più i tempi di attesa e restringono di fatto le possibilità di accesso a esami e visite mediche gratuite. Dilaga intanto l’attività privata anche all’interno degli ospedali stessi.
L’ambiente, sempre più minacciato dai mutamenti climatici e dall’inquinamento per emissioni nocive, vede troppi proclami e campagne comunicative ma scarse e inadeguate risposte effettive: il traffico automobilistico e commerciale in costante crescita come l’inquinamento da riscaldamento e da attività produttive in agricoltura ed industria, la tendenza a costruire soprattutto strade ed edifici consumando suolo agricolo, determinano cattive condizioni di vita soprattutto nelle città cui non si pone adeguato rimedio. Sarebbe necessario cambiare decisamente indirizzo di governo del territorio, dando effettiva priorità alla tutela ambientale e a un diverso modello, orientandolo verso una sintonia con le regioni d’Europa più avanzate e non più condizionata dal ciclo usurato della rendita fondiaria e del mattone.
Last but non least l’autonomia differenziata in versione emiliana: richiesta ed esibita da Bonaccini come forma attenuata e incolpevole verso l’unità del paese rispetto a Lombardia e Veneto, la riforma provoca un largo dissenso in molti strati sociali e sindacali sensibili al tema della Costituzione e dell’Unità del paese. Meglio sarebbe accantonare il progetto.
Riuscirà la coalizione di centro sinistra a farsi interprete dei problemi che esistono? Saprà compiere uno scatto in avanti, uno scarto del cavallo, per interpretare i bisogni e le aspettative di larghi strati sociali oggi frustati?
Il dibattito dopo il voto in Umbria si anima e l’inquietudine serpeggia: Nadia Urbinati, politologa di riferimento per le forze progressiste, richiama la necessità di una forte unità democratica. Ne parleremo con lei (in diretta da New York, dove insegna) domani, giovedì 31 ottobre, nel dibattito promosso dal manifesto in rete; mentre Zingaretti e Cuperlo a Bologna, dal 15 al 17 novembre, proveranno a riaprire la riflessione sul Pd, discussione di cui si avverte da tempo il bisogno.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it il 29 ottobre 2019