Il 29 ottobre alle 17 presso il dipartimento storia, culture e civiltà , piazza San Giovanni in Monte 2, Università di Bologna inizia la quinta edizione del Seminario del pensiero politico aperto a tutti gli interessati sul tema Il sovranismo populista e le sue possibili alternative tenuto da Valerio Romitelli assieme a Luca Jourdan, docente di Antropologia politica dell’Università di Bologna. Gli incontri successivi saranno il 5, 12, 19, 26 novembre e il 3 dicembre. Qui di seguito un testo di presentazione del seminario tratto dall’introduzione di un libro in preparazione su questi argomenti.
di Valerio Romitelli
Nei primi anni del terzo millennio Colin Crouch seguito da una certa eco introdusse il termine post-democrazia per caratterizzare l’epoca che a suo parere si stava configurando. Al centro delle sue argomentazioni l’accento veniva posto sul declino di quella “epoca democratica” del mondo che secondo questo politologo era iniziata attorno alla metà del XX secolo, dopo il disfacimento di nazismo e fascismo, ma che solo negli anni ’90, seguiti al crollo dell’Urss, aveva raggiunto la sua massima espansione.
Come prima prova è addotto l’accrescimento del numero dei paesi “dove si svolgono elezioni ragionevolmente libere”: da 147 nel 1988 a 191 nel 1999. Un’espansione quantitativa, di più di 44 paesi, che però è andata a scapito della qualità. L’astro del modello democratico per Crouch entrando nel terzo millennio ha cominciato infatti a offuscarsi a causa di numerosi inconvenienti. Scarsa partecipazione alle elezioni degli aventi diritto di voto; corruzione dei rappresentanti politici di professione; condizionamenti sulle campagne elettorali da parte di imprese private e lobby della comunicazione: queste alcune delle circostanze che all’inizio del XXI secolo avevano spinto Crouch a parlare di un’epoca post-democratica, sarebbe a dire un’epoca nella quale la democrazia in quanto regime modello mondialmente egemone stava entrando in un declino sistematico e dall’avvenire quanto mai incerto.
Al di là di quanto l’approccio di Crouch e le sue successive analisi politologiche siano più o meno suffragabili, mi pare del tutto convincente questa sua periodizzazione che fa risalire alla fine del XX secolo l’inizio di un tempo nel quale la democrazia, dopo essere parsa in precedenza e per quasi cinquant’anni il regime politicamente risolutivo a livello mondiale, sia risultato vieppiù contraddittorio, insufficiente e problematico. E ciò non solo per i difetti sopra citati, ma sopratutto per non avere costituito alcun preciso argine alle peggiori conseguenze della globalizzazione neoliberale nel frattempo dilagante, con tutte le annesse crisi economiche e le crescenti ingiustizie sociali.
Se dunque si assume la tesi per cui già vent’anni fa il mondo era precipitato in una “fase post-democratica”, che dire su quanto da allora ad oggi è accaduto nell’universo della politica? Viste le scarse novità incoraggianti prodigate in proposito da questo ultimo ventennio dovremo forse parlare di un’ulteriore degenerazione di questa stessa fase? oppure dell’aprirsi addirittura di una nuova epoca, ancora più confusa ed oscura?
Queste le domande fondamentali dai cui prende le mosse il nostro seminario. Di sicuro la prima cosa da registrare è l’imporsi su scala planetaria di quella cosiddetta “rivoluzione sovranista”, la cui effettiva consistenza sarà qui ampiamente discussa, ma che si può comunque riconoscere in prima evidenza abbia conquistato i governi di alcune delle massime potenze economiche e militari del globo, quali gli Stati Uniti, la Cina, la Russia, l’India, il Brasile, le Filippine, Turchia, ma che preme anche nella stessa Ue, primeggiando in alcuni governi e tra non poche forze di opposizione. Nessuno dei maggiori leader di questo orientamento come Trump, Putin, Xi Jinping, Modi, Bolsonaro, Duterte, Johnson, Salvini, Erdogan, Orban si dichiara apertamente antidemocratico, ma quanto i loro modi di governare siano una minaccia costante a ciò che solitamente si intende con democrazia lo si può cogliere riflettendo sulla stessa nozione di “sovranismo populista” oramai accolta ovunque.
Questi due termini indicano infatti due punti di fuga da quanto il concetto standard di democrazia pretende di tenere inscindibilmente insieme: da un lato, il corpo della sovranità nazionale, lo Stato, e, dall’altro, il corpo collettivo dei cittadini. “Democrazia” vuol dire infatti che tra l'”alto” delle istituzioni e il “basso” della realtà sociale vi possa sempre essere una dialettica armonica più o meno costante, a condizione che siano garantite alcune regole universalmente accettabili, quali il rispetto dei diritti dei cittadini, la loro partecipazione, rappresentanza e informazione pluraliste.
Al contrario, gli orientamenti “sovranisti e populisti”, sia pur nella loro estrema varietà dovuta anche alle loro origini non solo di destra ma anche di sinistra, sono accomunati proprio dal ritenere insufficiente la dialettica della democrazia riguardo a due questioni divenute quanto mai acute nel corso della globalizzazione neoliberale di mercati e finanza: l’interesse particolare di ciascuno Stato così come l’identità propria di ogni popolo, interesse e identità che si suppongono ben discernibili rispetto al resto del mondo e da difendere prioritariamente contro le ingerenze inferte dalla globalizzazione neoliberale dei mercati.
La politica nel nostro tempo è dunque caratterizzata da un’opposizione nella quale si fronteggiano, da un lato, una visione cosmopolita e pluralista della politica che promuove la “società aperta e democratica” come il regime più consono alla globalizzazione dei mercati, dall’altro, una visione particolarista e gerarchica della politica che promuove la sovranità statale come necessaria custode dell’identità nazionale di ogni popolo. La prima, quella che si vuole più democratica e aperta sul mondo, dopo avere perso il governo della sua patria originaria, gli Stati Uniti a seguito dell’elezione di Trump, è ancora preminente specie nell’Europa occidentale; la seconda, che ha avuto come precursori paesi ex socialisti come Russia e Cina, si dimostra invece apprezzata tra le nazioni anche esse già socialiste nella parte più orientale dell’Ue.
Punto di maggior debolezza della visione “democratica”, date le sue aperture cosmopolitiche, è il costante rischio di fungere da cavallo di Troia per le ingerenze delle oligarchie globali, con tutte le disgrazie che ne conseguono per ceto medio e popolazioni più povere. Punto di maggior debolezza della visione sovranista e populista è invece il tradizionalismo che essa propaga nelle relazioni sociali e tra sessi, istigandovi xenofobia e pregiudizi familistici: mali che si dimostrano ancora contagiosi, nonostante che, per quel poco che se ne può prevedere, tutto ci dice che il divenire mondo va esattamente altrove, verso una crescente eguaglianza dei costumi umani.
Ciò che entrambe queste visioni politiche paiono comunque incapaci di fronteggiare adeguatamente sono quelle crescenti ingiustizie sociali planetarie che la globalizzazione neoliberale e il proliferare dei regimi democratici sulla fine del secolo scorso si sono illusi di potere ridurre. Mentre l’attuale diffusione mondiale dei sovranismi populisti pare addirittura spegnere ogni speranza nella stessa idea di giustizia sociale universale.
Si può essere allora tentati di avallare quelle visioni dette “antagoniste”, a pretesa militante e con notevoli riscontri accademici, per le quali l’importante è sapere riconoscere in ogni strategia governativa, sia essa neoliberale o sovranista populista, un’espressione del solito sistema capitalista. Dopo di che non resta altro che testimoniare con lotte o perfomance trasgressive la supposta esistenza di una moltitudine rivendicante beni comuni.
Per immaginarsi sperimentazioni più proficue il seminario invece cercherà ispirazione ripensando a quella metà del XX secolo nella quale lo stesso Crouch ha riconosciuto l’origine di ciò che egli ha chiamato la “epoca democratica”. Se, come egli sostiene, siamo alla fine di tale “epoca”, ci pare quanto mai opportuno reinterrogarne gli inizi, per capire se in seguito sono stati tralasciati altri tracciati ora eventualmente da riattivare.