di Alessandro Canella
Paul Mason ha un eloquio visionario, che risulta convincente perché non ha nulla di trascendentale ma si fonda su una serrata analisi delle dinamiche politico-economiche del mondo contemporaneo, anche anticipando gli scopi e i rischi delle nuove tecnologie, se vengono piegate al servizio del potere.
Il giornalista britannico, che vanta collaborazioni con la Bbc e il Guardian, ha presentato il suo ultimo libro durante il festival di Internazionale a Ferrara, lo scorso 5 ottobre. “Il futuro migliore – In difesa dell’essere umano. Manifesto per un ottimismo radicale” (Il Saggiatore) è il titolo italiano, mentre la versione originale recita: “Una difesa radicale dell’essere umano”.
Nel corso della presentazione, Mason ha spaziato tra tanti temi, dall’economia all’intelligenza artificiale, fino all’informazione. Il modo in cui li ha miscelati rivela sia un’analisi complessiva dei processi umani contemporanei, sia una proposta per impedire che i fenomeni in atto si trasformino in una distopia planetaria.
La lettura del libro risulta ancor più scorrevole e divertente, perché affianca grandi teorie filosofiche ed ideologiche dell’umanità a citazioni decisamente pop e di costume, che molti possono cogliere. Il tutto in una chiave che, ai tempi del movimento No Global, veniva definita “glocal”, esplicitata nello slogan “pensare globale, agire locale”.
Voi vi rivoltereste all’idea di cedere il controllo della vostra vita ad una macchina. Ma se sostituite la parola ‘macchina’ con la parola ‘mercato’ è esattamente quello che avete fatto negli ultimi 30 anni.
La fotografia che il giornalista britannico fa del mondo tiene conto degli avvenimenti degli ultimi trent’anni, ma si focalizza sugli ultimi quindici. Il mondo ha attraversato una crisi economica, ma poiché il sistema economico non è cambiato, essa ha generato una seconda crisi, che è quella della democrazia, che consiste nella “evaporazione della fiducia di molte persone nella democrazia, nello stato di diritto e nell’universalità dei diritti umani”.
A questa, però, sta seguendo una terza crisi, che è quella del controllo delle macchine, o meglio: degli algoritmi. Se a molti suona strano pensare che una macchina intelligente possa decidere per noi il lavoro, i vestiti e persino gli affetti, se appare inverosimile che tutti noi possiamo cedere ad una macchina questo tipo di decisioni, Mason ci ricorda che è esattamente quello che abbiamo fatto negli ultimi trent’anni con il mercato.
La somma di queste tre crisi è riassumibile in una più complessiva crisi dell’Io neoliberista, le cui due caratteristiche principali sono il fatalismo e la performatività. Da un lato, siamo tutti pervasi dall’idea che ormai le nostre azioni non siano in grado di cambiare il mondo. “I nostri bambini sono ormai convinti che per avere successo dovranno diventare modelle o calciatori”, sottolinea Mason.
Dall’altro, il sistema punta tutto sulla performance, come all’interno di Starbucks. Dentro questa grande catena tutto è inserito in un preciso schema che ci porta ad avere successo nella consumazione solo se si seguono le sue regole. Non c’è spazio per un comportamento libero e imprevedibile. Allo stesso modo, “ogni giorno della tua vita devi attenerti al copione che viene imposto dalle norme di comportamento del mercato”.
Parallelamente, l’autore colloca i problemi dell’informazione, come le fake news, all’interno di dinamiche che attengono l’ordine mondiale e i cambiamenti che le élite politico-economiche vogliono imporgli.
“Il problema è che l’élite globale, che era molto contenta del neoliberismo e della globalizzazione, ha deciso di rompere il sistema globale – osserva lo scrittore – Ha deciso che non ha più bisogno di un sistema globale, dei trattati multilaterali (da lì, la Brexit), del Wto (Trump sta cercando di distruggere l’organizzazione mondiale del commercio) e ha deciso di frammentare il mondo in grandi potenze in competizione tra loro, ma a livello nazionale, continuando a perseguire il neoliberismo”.
L’arma migliore per distruggere il sistema globale è il caos e gli strumenti che si sono susseguiti per raggiungere lo scopo sono diversi. Inizialmente, di fronte a fenomeni come le Primavere Arabe, Occupy Wall Street o Gezi Park, il potere ha spento internet, ma non ha funzionato perché internet si è riversato nelle strade, come è successo in Egitto. Il secondo strumento è stato la propaganda ordinaria, ma ormai le persone sono in grado di demistificare i messaggi di propaganda.
Il terzo e il quarto strumento sono risultati più efficaci. Da un lato, la creazione di bolle chiuse di consenso (ad esempio su Facebook) che sono riuscite a dividere le persone e separare il loro accesso alle informazioni. Dall’altro, lo strumento delle fake news è servito a inquinare i social media e ad impedire la comunicazione.
“Dovevamo aspettarcelo, perché le basi della teoria della comunicazione uno a uno ci dicevano che ciò che ostacola la comunicazione è il rumore – afferma Mason – Quando usavamo i vecchi telefoni, più rumore c’era, meno si riusciva a comunicare. Quindi la strategia finale e di successo delle élite è stata quella di infestare i social media con informazioni inaffidabili”.
In questa situazione, il ruolo dei giornalisti è fondamentale poiché sono professionalmente votati alla verità. Il loro nuovo ruolo oggi è quello di dire che cosa è una bugia. Uno dei grossi problemi, per il giornalista britannico, è che molti dei grandi media mainstream rifiutano di dire “questa è una bugia”. In questo modo, le fake news possono continuare a inquinare l’ambiente comunicativo.
A questi tratti distopici e apparentemente apocalittici del quadro mondiale, Mason oppone però un certo ottimismo, che gli viene dalla scienza evoluzionistica e dall’antropologia. Il suo “umanesimo radicale” che si oppone e resiste al controllo di multinazionali e stati sugli esseri umani attraverso l’utilizzo di macchine intelligenti, fonda le radici in una convinzione teleologica che trova le sue radici nel marxismo, ma anche nell’umanesimo liberale. “Io credo che gli esseri umani si siano evoluti con uno scopo, quello di liberarsi”, sostiene il giornalista. E gli strumenti che individua per perseguire questo scopo sono due: l’immaginazione e la cooperazione.
Ciò che distingue l’evoluzione dell’essere umano da altri animali è proprio la capacità di dominare la natura e lavorare in gruppo. Perciò è proprio grazie all’immaginazione, alla tecnologia e al lavoro di gruppo che possiamo liberarci.
Gli interventi audio di Paul Mason:
Questo articolo è stato pubblicato da Radio Città Fujiko il 6 ottobre 2019