di Nadia Urbinati
Se dovessi scegliere un titolo per rappresentare l’Italia di oggi sceglierei questo: “il paese è fermo al semaforo rosso dello strapaese”. Da Pontida a Rignano – la Repubblica italiana sembra imprigionata in questo recinto egocratico, lontano dal mondo. La dipartita di Matteo Renzi dal Pd, annunciata da mesi, ovvero da quando egli non è più segretario, si è finalmente concretizzata.
La cappa di plebiscitarismo
Non sappiamo quale sarà il futuro del partito ancora parlamentare con etichetta renziana, ma sappiamo dei rischi che questa scelta potrebbe avere sul governo, rischi che sono scritti nel renzismo: ovvero a parole e razionalmente pari a zero (visto che al suo neonato gruppo non conviene andare ora alle elezioni) e tuttavia, le ragioni egocentriche non sono mai facili da razionalizzare; non sappiamo come Renzi userà i suoi pretoriani in parlamento e al governo. Quel che ora possiamo fare è cercare di coltivare aspirazioni che vadano oltre Renzi e liberarci dalla cappa di plebiscitarismo dell’audience che ci opprime.
Non fare un regalo all’altro Matteo
Volgiamoci al governo, che dobbiamo fare in modo che operi bene se non vogliamo fare un regalo all’altro Matteo, quello di Pontida. Il governo giallo-rosso è ai suoi primi passi, e sono in generale stati buoni passi: sia sul versante immigrazione che sul versante economia. E in entrambi i casi si deve registrare l’effetto positivo della virata verso un modo europeo di affrontare i problemi relativi all’accoglienza dei migranti e al debito. Il protagonismo italiano è positivo anche per l’Europa, che si trova in una fase interessante per tutti, avendo bisogno di liberarsi poco alla volta dei lacci della politica dell’austerità. Essendo questo bisogno, pare di capire, anche della Germania, c’è di che ben sperare.
Famiglia, povertà, abbandono scolastico
Il governo si è mosso bene anche sulla famiglia e attendiamo che sfoderi qualche proposta concreta sulla lotta contro la povertà e l’abbandono scolastico (di cui ha parlato il ministro per il Mezzogiorno, Giuseppe Provenzano), a favore della ricerca e dell’università, settori centrali per la crescita e da anni trascurati o maltrattati.
La strategia per combattere i campanilismi asfittici è dunque la politica: sia come attuazione sia come comunicazione tra istituzioni e cittadini (sapere quel che si intende fare e si fa è uno strumento di legittimità cruciale), sia come vigilanza della società sull’operato dei rappresentanti e del governo. Su questo terreno si combatte il populismo violento e razzista, il nemico numero uno per tutti, a prescindere dalle opinione sul governo.
Contrastare disperazione e solitudine
Faccio dunque mie le parole di Goffredo Bettini su Huffington.it a commento della scissione renziana: “La nostra prospettiva non viene messa in discussione dall’uscita di Renzi, che per certi aspetti, piuttosto, la chiarisce: una lettura preoccupata, ma non disfattista dei processi globali.
L’esigenza di contrastare la disperazione e la solitudine delle persone con “forme” sociali, culturali, economiche alternative a quelle della Lega. Una idea di libertà, unita alla responsabilità. La spinta a “costruire” oltre che a mettere in discussione. Costruire una società coesa e solidale. Che ridia le sicurezze perdute, guardando avanti e non marciando all’indietro. Che ritrovi un senso patriottico, non solo italiano ma soprattutto europeo”.
Guardare oltre i campanili
Non è difficile leggere tra le righe il progetto politico: la ricostruzione del partito secondo aspirazioni riconoscibili per la sinistra. È tempo di chiudere il libro sulla saga di strapaese, di guardare oltre i campanili verso spazi aperti e ampi.
Questo articolo è stato pubblicato da StrisciaRossa.it il 18 settembre 2019