di Alfiero Grandi
Il premier Giuseppe Conte sta tentando di ricucire la maggioranza gialloverde. Se ci riuscirà, il conto lo pagherà comunque il Movimento 5 Stelle. L’analisi del voto delle Europee non è andata abbastanza a fondo. Il M5S ha perso metà dei suoi voti in 12 mesi, ma quali sono le ragioni di fondo della sua crisi?
La crisi ha origine nella scelta di allearsi con la Lega. È vero che il M5S doveva cercare di non vanificare il risultato elettorale, ma l’alleanza con la Lega ha contraddetto il mantra del Movimento di non essere né di destra né di sinistra. Per allearsi con altri occorre definire un progetto e chiarire bene la scelta politica. L’autodefinizione del M5S come né di destra né di sinistra non ha un reale fondamento, ma lo ha portato a consegnarsi alla Lega, cioè alla destra estrema.
Da questo ha origine la subalternità del M5S alla Lega, fin troppo frequente su scelte di fondo. Fino al salvataggio di Salvini dal processo per il caso della nave Diciotti. Una contraddizione con la storica linea del M5S in base alla quale i politici si devono difendere nei processi, non dai processi.
Il prezzo politico e di immagine per il M5S è stato pesante, aggravato dal dietrofront di Salvini, che prima era favorevole a farsi processare, poi ha capovolto la posizione per evitare a ogni costo il processo. Di Maio e il M5S hanno subìto. Anche le scelte del governo su Ilva di Taranto e Tap hanno contribuito alla difficoltà dei Cinque Stelle.
Per giustificare l’alleanza con la Lega il M5S, ha inventato lo strumento del “contratto” per evitare di parlare di una vera alleanza. In caso di alleanza il Movimento 5 Stelle avrebbe dovuto motivare le ragioni per farla con un partito di estrema destra, collegato con la parte più conservatrice dei cattolici che attacca perfino papa Francesco.
C’era un’altra possibilità ? Si poteva e doveva parlare apertamente del programma e dell’alleanza necessaria per attuarlo. È vero che la “strategia del popcorn” imposta da Matteo Renzi al Pd ha reso poco percorribili altre strade, ma il M5S è rimasto prigioniero della sua ideologia e in particolare dell’idea (falsa) che non esisterebbero scelte di destra o di sinistra. Da quando è iniziata l’esperienza di questo governo è stato evidente che la Lega è dominante, quindi il M5S è stato invischiato in scelte ispirate dalla destra.
Eppure il contratto di governo aveva molte controindicazioni fin dall’inizio: dai 49 milioni pubblici della Lega spariti, al viceministro Edoardo Rixi in attesa di sentenza (è stato poi condannato e si è dimesso), ai condoni, alla flat tax, al contrasto alle norme anticorruzione. Dopo un anno di governo appare chiaro che non si governa cercando di sommare decisioni politiche diverse, se non opposte, come conferma l’incidente sulla risposta italiana alla Commissione Ue, con la fuga di notizie su una versione della lettera del ministero del Tesoro diversa da quella poi effettivamente invitata. Non è casuale che nel testo iniziale i risparmi sul reddito di cittadinanza venivano incamerati dalla Lega per finanziare la flat tax, voluta da Salvini, confermando un tentativo di furto con destrezza delle risorse, trasferite dalla colonna del M5S a quella della Lega. Negare l’esistenza di destra e sinistra, come fa il M5S, cancella le differenze e la qualità delle scelte da compiere. E la Lega spinge con forza a destra.
Il futuro politico dei Cinque Stelle dovrà tenere conto di queste esperienze, tornando a discutere di alleanze sulla base di un programma. Anche M5S e sinistra non sono alleati naturali, ma possono tentare di raggiungere un programma per fare uscire il Paese dallo stallo attuale, trovando le risorse necessarie senza smantellare ulteriormente lo Stato sociale, prendendo le risorse dai patrimoni, dai redditi alti e dall’evasione. Altrimenti saremo alla mercé dei mercati finanziari.
Non è indispensabile passare per nuove elezioni, tanto più che dopo nuove elezioni sia il M5S che la sinistra potrebbero essere entrambi all’opposizione. Le coraggiose misure necessarie hanno bisogno di un progetto politico ed economico, orientato socialmente. Al centro l’interesse del Paese e della grande maggioranza dei cittadini. Il M5S è a un bivio, se resterà paralizzato dalla paura rischia di autoaffondarsi.
Anche le sinistre debbono cambiare. Il risultato delle Europee dice che con nuove elezioni non è detto ci sarà un vantaggio elettorale. Per recuperare i voti perduti occorre dimostrare che la lezione è stata capita. Le correzioni politiche indispensabili e una nuova maggioranza M5S/sinistre aiuterebbero a far capire che la novità è possibile.
Il continuismo è dannoso per tutti, l’innovazione politica può dare al Paese un segnale forte e mobilitare le sue energie. Capisco che così destra e sinistra tornerebbero in evidenza, ma è inevitabile. Perché occorre fare una scelta.
Questo articolo è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano l’11 giugno 2019