Salviamo Pisa dal ritorno delle bancarelle sotto la torre

14 Marzo 2019 /

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di Salvatore Settis
C’era una volta la legalità. Una caterva di norme, dalla Costituzione al Codice dei Beni culturali, dai regolamenti applicativi alle circolari ministeriali, prescrivono in modo non equivoco che le aree monumentali più preziose non possono essere deturpate da mercatini, bancarelle e altre presenze improprie, che disturbano la visione e la dignità dei monumenti. Come se non bastasse, a Pisa il bollino Unesco, ovviamente tributato alla celeberrima Piazza dei Miracoli, impone un sovrappiù di attenzione a queste cose, anche perché la Torre pendente è diventata uno dei simboli-chiave dell’Italia, sorpassando in popolarità in molti Paesi (a cominciare dagli Stati Uniti) perfino il Colosseo.
Eppure il sindaco leghista di Pisa, avendolo a quel che pare promesso in campagna elettorale, vuole riportare sulla Piazza la sterminata schiera di bancarelle che fortunatamente ne era stata allontanata pochi anni fa, restituendo la Piazza alla sua dignità e alla sua storia.
Della vicenda ha ben scritto in queste pagine Tomaso Montanari (26 novembre 2018). Un appello contro il ritorno delle bancarelle sotto ogni forma, lanciato dalla giornalista Valeria Caldelli, ha raccolto in pochi giorni 2.200 firme, di pisani e non, e di ogni possibile orientamento politico: un sintomo di civiltà che di questi tempi non può passare inosservato. “Nessuno sentiva la mancanza delle migliaia di piccole torri pendenti di plastica”, scriveva Montanari, ed è ridicolo sostenere che tale paccottiglia, di solito made in China, rappresenti l’artigianato tradizionale, come ha dichiarato un assessore in vena di scherzare.

C’era una volta la città. Ora, a quel che pare, ci sono i “centri commerciali naturali”, a cui alcune regioni (l’Emilia-Romagna nel 1997, il Lazio nel 2006, la Campania nel 2009) hanno dedicato apposite leggi, mentre la Toscana, per non restare indietro, ha pubblicato nel 2010 un Rapporto sull’operatività dei centri commerciali naturali, contandone 150 nel territorio regionale. Documenti da consultare, per chi voglia imparare che per “centro commerciale naturale” s’intende quel che fino a ieri si chiamava “centro storico”, o più semplicemente “città”.
“Centro commerciale naturale” è infatti “una locuzione che si è diffusa in Italia dalla fine degli anni novanta con l’obiettivo di denominare con un’espressione più accattivante” il centro storico con la rete dei suoi negozi (così Wikipedia). Dobbiamo dunque pensare che tutto quanto in una città non sia esercizio commerciale è un puro contorno alle attività strettamente economiche. Contorno le case, contorno i corpi e la vita di uomini e donne, contorno le chiese e le cattedrali, contorno le istituzioni, le scuole, le biblioteche, i musei, i teatri, i monumenti, i luoghi della ricerca e della creatività, i tribunali, i parchi e i giardini.
Un contorno utile solo per abbellire e rendere più accattivanti i luoghi del commercio, attrarre clienti, stimolare l’economia, aiutare i politici a raccattare voti negoziando favori con associazioni di categoria. Fu dunque a questo scopo che i Pisani del Medio Evo innalzarono la davvero miracolosa Cattedrale, l’insigne Battistero, l’originalissimo Camposanto e lo Spedale di Santa Chiara, e una Torre che sarebbe di prodigiosa bellezza anche se non pendesse?
C’era una volta la dignità. Chissà se il sindaco di Pisa e la sua amministrazione capiranno che togliere per sempre e senza compromessi le bancarelle dalla Piazza dei Miracoli vuol dire salvaguardare la dignità non solo della Piazza e dei suoi ineguagliabili monumenti, ma anche della città e dei cittadini di Pisa: della loro storia e del loro futuro. Vedremo se anche il sindaco e la giunta capiranno che dovrebbero velocemente andare in questa direzione, non solo per rispettare la legalità (ben espressa dal ministero e dalla Soprintendenza), ma anche per la loro stessa dignità morale e civile.
Questo articolo è stato pubblicato dal Fatto Quotidiano l’8 marzo 2019

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