di Gianfranco Pagliarulo
In Abruzzo vince il centrodestra a trazione leghista, con l’annunciato boom del partito di Salvini, perde in modo pesante il Movimento 5Stelle, ottiene un risultato segno di una qualche ripresa l’alleanza di centrosinistra. Una parziale conferma di questo trend proviene dal recente sondaggio sulle elezioni europee che dà la Lega oltre il 32% e il M5S a meno del 26%. Questo è l’essenziale; vedremo se in qualche misura tali prospettive verranno confermate dai ravvicinatissimi ulteriori appuntamenti elettorali. In ogni caso val la pena la pena soffermarsi su alcune questioni.
Inesorabilmente il baricentro del governo, già fortemente sbilanciato a favore della Lega in barba all’esito delle elezioni politiche e dei conseguenti rapporti di forza in Parlamento, si sta spostando verso il partito di Salvini. Le scelte del ministro-segretario del partito e degli altri ministri e sottosegretari leghisti indicano che in Italia c’è oggi un governo di estrema destra che non ha alcun riscontro dal dopoguerra e che può portare il Paese ad una forma moderna di Stato autoritario. Altro che scomparsa della destra e della sinistra!
Questo governo non ha mai speso una parola (e tanto meno dato vita ad un fatto) per contrastare l’azione dei gruppi neofascisti, che è sempre più diffusa e pericolosa; c’è il web, dove alla tradizionale debordante presenza di pagine “nere” si aggiunge – come dimostrato da un’interessante inchiesta di Left in via di pubblicazione – il moltiplicarsi di gruppi “segreti” della stessa matrice, che sguazzano nell’odio, nella violenza e nel razzismo e in cui sempre più spesso si fa richiamo all’uso delle armi da fuoco.
C’è la “realtà reale”, dove cresce l’attivismo delle più grandi organizzazioni (CasaPound e Forza Nuova), mentre rimane aperta la ferita delle sede nazionale di CasaPound, il cui sgombero viene palesemente ostacolato da “forze amiche” al governo, ben più attive quando si tratta di chiudere i centri sociali. D’altra parte “Prima gli italiani” è lo slogan di CasaPound, copiosamente ripreso dal ministro dell’Interno.
Inquietano le sue continue esibizioni in divisa da poliziotto, certo grottesche e poco rispettose del ruolo stesso di ministro, ma che suonano minaccia per tutti i cittadini, feriscono la dignità delle forze dell’ordine, incarnano simbolicamente – come se fosse un merito – l’immagine di un “ministro di polizia”. La recente stretta di mano del ministro a Basovizza a reduci della X Mas è più eloquente di qualsiasi commento.
Gli attacchi all’Anpi da parte di personalità del mondo della Lega e di Fratelli d’Italia sono oramai quasi quotidiani. L’obiettivo di fondo è la sua delegittimazione sociale e morale, un obiettivo strettamente legato ad altro analogo obiettivo: la delegittimazione sociale e morale della Resistenza. e con ciò costoro riconoscono implicitamente e paradossalmente sia la funzione ineliminabile dell’Anpi al servizio della Repubblica antifascista sia il ruolo della Resistenza come fondamento storico ideale della Costituzione.
Si è instaurato qualcosa di simile ad uno stato d’emergenza permanente incardinato su due pilastri: l’emigrazione e la sicurezza. Il decreto che ha questo nome simboleggia la volontà di dipingere il Paese in tale stato d’emergenza. Un’emergenza – ovviamente – che non esiste, per la diminuzione sia del flusso di migranti dall’inizio del 2018 (la favola dell’invasione) che del numero di reati (dal 1° agosto 2017 al 31 luglio 2018 si registra il 9.5% in meno rispetto ai dodici mesi precedenti). Il decreto (oramai legge) comporterà inesorabilmente un aumento degli irregolari e degli emarginati determinando – questo sì – un nuovo problema di sicurezza.
Lo stato d’emergenza costruito su un’emergenza inesistente è la circostanza tipica che consente la costruzione del nemico: oggi infatti il nemico costruito in questo laboratorio è il migrante, o il rom, o l’omosessuale, o comunque il diverso, o l’avversario politico. La costruzione dell’altro come nemico è necessaria per sottrargli legittimità (civile, sociale, politica) e, progressivamente, umanità. La persona umana non è più considerata nella sua irripetibile specificità, ma come un numero. In altri tempi si sarebbe detto: un tatuaggio.
Per avere un nemico è necessario un confine. Ed ecco che il mare diventa il confine, ovvero – e c’è da preoccuparsi – il confine diventa quello con la Slovenia o addirittura con la Croazia (che non confina direttamente con il nostro Paese). A questo proposito il presidente del parlamento europeo Antonio Tajani è stato protagonista di una catastrofica gaffe quando, in occasione del giorno del ricordo, ha esclamato fra l’altro “viva l’Istria italiana, viva la Dalmazia italiana!”, suscitando le ovvie e vibratissime proteste delle autorità slovene e croate.
Inevitabile la reazione di Tit Turnšek, Presidente ZZB NOB Slovenia, l’associazione partigiana d’oltreconfine: “Il genocidio degli Sloveni e dei Croati – ha dichiarato – è iniziato subito dopo l’arrivo di Mussolini al potere. La lingua slovena fu proibita, i cognomi e nomi furono italianizzati, gli Sloveni sono stati trapiantati in tutta la penisola italiana, molti sono stati costretti a trasferirsi. E questo, Matteo Salvini, non è genocidio? Vi siete mai scusati? É venuto il momento di farlo, ora! Con la Seconda guerra mondiale siamo stati trasportati nei campi di concentramento, Arbe, Gonars, ecc… Quanti Sloveni vi sono morti? Quanti paesi bruciati? Quanti gli ostaggi fucilati? Vi siete mai scusati, signor Salvini?”, “Il ministro dell’Interno italiano Salvini esprime terribili menzogne. L’esercito di Tito e i partigiani non hanno mai rapito bambini, non hanno mai ucciso qualcuno, solo in quanto italiano o perché cattolico. Non si vergogna, come dovrebbero fare anche tutti gli altri politici italiani che tacciono”.
Il violento spostamento all’estrema destra dell’asse politico comporta un grave pericolo sempre più avvertito nel nostro Paese e in Europa. I segnali di contrasto sono in crescendo grazie al mondo dell’associazionismo, alla magistratura, alla scuola, ai sindaci, alle forze democratiche, a un numero incalcolabile di cittadini. Né va sottovalutato il potenziale antifascista dello stesso Parlamento, un potenziale troppe volte “silenziato” da logiche di partito e di schieramento.
In conclusione siamo ancora nel pieno della stagione del populismo etnico, che nasce, com’è noto, dai disastri combinati dalla politica e dall’economia nell’ultimo decennio, anzi ne è reazione: un popolo che si sente abbandonato dai suoi rappresentanti prima o poi ne cerca altri. In Italia li ha trovati.
Eppure c’è una crescente indignazione e mobilitazione di popolo contro la politica del cinismo, dell’occhiolino al duce, dell’irrisione e dell’odio verso l’altro, della compressione delle libertà. Ma non va sottaciuto il numero vastissimo di indifferenti, di “anime morte” che vanno riportate alla vita democratica e partecipativa, alla condivisione di quel sistema di valori che in una parola si chiama Civiltà. Ci sono milioni di persone che non sono né razziste né fasciste, ma semplicemente impaurite, vittime di una propaganda becera e violenta che urla all’untore. Sono proprio queste le persone, spesso le fasce più deboli, con cui ricostruire una connessione, una relazione positiva e costruttiva, una condivisione di ragioni e di passioni. Un compito immane, ma che accomuna forze sociali, forze politiche, culture, donne e uomini in carne ed ossa. Un compito a cui per prima non si sottrae la Cgil ed il suo nuovo Segretario generale, come ha dimostrato recandosi, appena eletto, alla festa del tesseramento dell’Anpi. Un compito che si può descrivere a lungo e analizzare nel dettaglio, ma che ha un nome semplice e chiarissimo: si chiama antifascismo.
Questo articolo è stato pubblicato da Patria Indipendente il 20 febbraio 2019