di Silvia R. Lolli
Attendere se alla presentazione del progetto sullo stadio comunale una comune cittadina di Bologna potesse entrare, è stata un’esperienza alquanto deprimente. In una mezz’ora di attesa, oltre ad osservare ciò che è oggi la realtà dello storico stadio Comunale di Bologna, abbiamo osservato la tipologia di persone invitate alla Terrazza Bernardini per il “vernissage” promesso da ben tre anni.
Era infatti aprile/maggio 2016 quando in piena campagna elettorale si informarono i tifosi e poi alcune società sportive del programma per la rigenerazione dello stadio Dall’Ara che sarebbe avvenuto da parte del Bologna FC. Allora non furono chiuse le porte né dello spazio universitario (dove avvenne il primo incontro), né delle palestre dello stadio (secondo incontro). Si era in campagna elettorale e si dovevano fare proclami e trovare elettori e lo sport è un grosso bacino di voti da tempo; oggi si mantengono le promesse, nonostante soluzioni diverse prospettate (vedi la proposta dell’urbanista Rocchi) per non barattare un bene pubblico storico a fronte di una rigenerazione solo commerciale.
Oggi 25 gennaio 2019 dopo un’ampia pubblicità sui giornali si è presentato il progetto definitivo (crediamo pronto già da anni); unici invitati i giornalisti ed una ristretta cerchia di altre, selezionate, persone; forse c’erano anche gruppi di tifosi, ma certamente non troppi, perché alcuni aspettavano fuori.
Se fossimo entrate e avessimo potuto fare domande avremmo spiegato che oggi nella città di Bologna non si trova più un campo per fare i Campionati studenteschi di atletica; avremmo chiesto le ragioni di sottoscrivere una convenzione per 99 anni con il Bologna FC per un impianto pubblico e storico; avremmo chiesto, considerati i problemi di bilancio, perché si è acquistato lo Sterlino all’inizio della passata legislatura che accanto a sbilanci per i debiti lasciati dalle convenzioni di impianti pubblici con società fallite (ex Fortitudo) o quasi fallite (ex Bologna FC) ha creato certamente un deficit che porta all’impossibilità di sostenere pubblicamente spese di ristrutturazione (anche se ricordiamo che il sindaco disse qualche mese fa che in questa rigenerazione il Comune ci metterà quasi la metà del costo finale.).
In questi anni non c’è mai stata alcuna discussione pubblica su questi importanti elementi per una città che dice di avere ancora un giunta di sinistra. Per questi motivi ci sentiamo più in presenza di un consiglio di amministrazione che risponde solo ai proprietari che appunto non sono più i cittadini.
A questo punto non ci interessa tanto leggere i giornali di domattina o di guardare i servizi televisivi che saranno certamente molto dedicati a Saputo e al calcio professionistico; al momento di scrivere non sappiamo come sarà il progetto, tuttavia alcune cose sentite finora saranno confermate: sparizione della pista di atletica, dello stadio oltre a quella dell’antistadio; priorità a spazi commerciali a scapito di palestre polisportive, in una situazione già cambiata per l’interruzione dell’anello sotto le tribune avvenuta da anni; costruzione di altri spazi poco sportivi ed abbellimenti solo per pochi, come appunto la “terrazza Bernardini” che già ha cambiato la fisionomia dello stadio rinnovato nel 1990. Speriamo che il progetto sia stato supervisionato dai migliori studiosi strutturalisti, geotecnici, eccetera, perché dopo l’esperienza nefasta della piscina di 50 metri ne abbiamo abbastanza.
Fu una scelta voluta non certo dai cittadini, ma da parte del sistema sportivo bolognese che ha fatto uscire dalle casse pubbliche altro danaro (anche oggi con gli interessi sui mutui) e che ha devastato un impianto e l’ambiente circostante (su Via A. Costa è ben visibile il mega impianto di riscaldamento.) senza produrre una ristrutturazione benefica (basta guardare internamente ed esternamente i problemi di umidità).
L’attesa di oggi dunque, dopo un momento di sconforto per sentirsi nessuno cioè cittadini invisibili, ha fatto emergere ricordi, emozioni e molta tristezza. Abbiamo scattato alcune foto, volutamente senza immortalare persone, che però sono passate, ma erano lontano, erano la casta, ricchi, poteri e rappresentanti dell’informazione. Erano lontani come sta diventando lontano questo storico bene che ormai di pubblico non avrà più nulla, se non chiamare tale la massa di tifosi che lo inonderà per le partite.
Il bene pubblico unisce, fa rete, comunità, condivisione. Come fare ciò con le reti e i tornelli che ci sono lungo spazi e strade attorno ai tre spazi rimasti dello storico complesso costruito negli anni Venti? Altri spazi, campi da tennis, spazi per presidio per i VVFF, spazi per uffici delle federazioni, da anni sono scomparsi.
Tornelli, alte reti, spazi esclusivi come la terrazza Bernardini, riservati appunto solo a chi paga di più e a chi racconta queste voci narranti, cioè una storia ormai auto-prodotta e riprodotta che non sarà più la storia sportiva della città di Bologna. E intanto decadenza nei due impianti natatori (il più piccolo dei quali alle ore 15 del pomeriggio era quasi deserto) che fra l’altro, in momenti successivi hanno perso gli impianti dei tuffi di nostra ormai vecchissima memoria.
Separazioni fra gli impianti, vari confini, anche fra sempre meno specialità sportive (sempre meno presenti qui) divise fra enti promozionali e federazioni per lo stesso sport; separazioni fra mondi di sportivi sempre maggiori. Spazi riadattati solo per vip che hanno per esempio interrotto al Dall’Ara una continuità estetico-funzionale, ma anche sociale di un impianto nato come polisportivo ed oggi asservito alla frammentazione liberista anche di uno sport che costruisce solo muri, privilegi, tornelli per limitare quella violenza che esprime e fa propria. Su tutto la violenza ed il potere per una monosportività molto poco educante le future generazioni.
Oggi ci sentiamo di ringraziare questi pseudo-politici per aver scelto una presentazione esclusiva del nuovo progetto di rigenerazione dello stadio Dall’Ara e non incontro aperto alla cittadinanza, per esempio fatto in sale comunali; infatti l’attesa all’esterno dello stadio di Bologna ci ha dato modo di ripensare alle troppe evoluzioni avvenute in questi spazi un tempo molto più armoniosi; cambiamenti avvenuti forse nell’indifferenza generale o più probabilmente solo a causa di una nuova forma di potere al quale ci siamo assuefatti in molti.