di Erri De Luca
Il genere umano è indisciplinato. Si sa dall’inizio, dalla prima coppia in circolazione, in ordine di apparizione: Adamo, Eva. Freschi di creazione ricevono istruzioni per l’uso di un giardino, con una restrizione, una soltanto. Non potranno cibarsi del frutto di un certo albero, di specie botanica sconosciuta ma di clamoroso appellativo: conoscenza di bene e male. È il nome fornito dalla massima autorità in circolazione.
Si sa che la prima mossa registrata agli atti dalla coppia è l’assaggio del prodotto dell’albero in questione. Non sanno che effetto produrrà. L’autorità ha parlato di morte, ma loro non sanno cosa sia, non conoscendo i lutti. Osano alla cieca, per istinto di sperimentare. Si ritrovano con un aumento della percezione e con la coscienza di essere nudi. Nessuna specie animale sa di esserlo.
Hanno forzato il limite imposto e il risultato è di avere inaugurato il libero arbitrio, capace di contraddire ogni potere e ogni autorità. Stabilita questa enormità fin dall’inizio, il seguito del genere umano ha continuato a forzare limiti interiori, confini esteriori, leggi, usanze. Le civiltà si sono dotate di codici che hanno poi modificato, abrogato, trasgredito.
Noi per esempio abbiamo una Costituzione che ripudia, e schifa, il ricorso alla guerra e ugualmente sono state spedite truppe in vari conflitti remoti che non riguardavano i nostri confini. I governi e i presidenti incaricati dell’osservanza costituzionale hanno proseguito nelle violazioni spacciando vocabolario falso: missioni di pace. Intendevano: pace all’anima della Costituzione. L’indisciplina della specie umana verso regole e leggi non si è limitata al singolo caso della prima coppia. Se ne trovano anche nel Nuovo Testamento. Si sa che il sabato è giorno prescritto di arresto generale di ogni attività lavorativa. Sabato, da shabbat, è cessazione.
Di sabato il giovane protagonista di quel racconto attraversa coi suoi un campo di grano. Nel suo seguito c’è qualche affamato che coglie delle spighe per nutrirsi. I custodi della legge l’accusano di flagrante delitto. La risposta affronta un tema generale: non è l’essere umano fatto per il sabato, ma è il sabato a essere fatto per l’uomo. Intende che la legge va applicata al caso specifico del singolo, dei suoi bisogni, e che non è il singolo a dover essere misurato meccanicamente sull’articolo di legge.
Cita a proposito un episodio risalente a Davide, che era anche un suo lontano parente. Anche lui aveva trasgredito una legge per sfamare i suoi.
Queste informazioni sono a disposizione dei lettori da circa venti secoli. Vengono lette in luoghi dedicati al servizio religioso. Il cristiano sa di inginocchiarsi davanti all’altare di un sacrosanto ribelle. Chi vuole rinchiudere la persona umana dentro le leggi come dentro una gabbia, non potrà tenercela a lungo. Circostanze della vita personale e pubblica spingono a varianti di comportamento. Potranno essere di aperta violazione o di nuova interpretazione del testo.
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Sono stato in una piazza di Napoli dove si dimostrava affetto e si appoggiavano le ragioni di cinque operai licenziati dalla Fiat di Pomigliano d’Arco. Fuori di fabbrica e di orario di lavoro avevano appeso il fantoccio dell’amministratore delegato, in seguito al suicidio di un loro compagno.
Il loro ricorso è stato prima respinto, poi accolto in appello, poi di nuovo respinto in Cassazione. La motivazione parla di obbligo di fedeltà al datore di lavoro. Obbligo di fedeltà: lo assegno ai propri ideali, a un giuramento, a un matrimonio. Al di fuori di questi ambiti solenni, l’obbligo di fedeltà riguarda alcune specie animali addomesticate.
La nostra, appunto, è per natura e cultura indisciplinata. Alle leggi fa delle carezze contropelo. Nessun’autorità ha impedito la disubbidienza, nemmeno quella religiosa. La specie umana ha invece l’obbligo della libertà. Non è un diritto, è un dovere.
Esiste un antico dissidio tra giustizia e legge. Giustizia è un sentimento. La prima obiezione di un bambino nei confronti dell’adulto consiste in: non è giusto. Non ha ancora imparato a dire: non è bello, non è buono. Verranno dopo queste messe a fuoco. Nella sua sensibilità e nella sua coscienza si forma in prima linea il sentimento della giustizia.
Le leggi invece sono parole scritte dalle circostanze. Anche se votate da un legittimo parlamento, possono essere oscenamente ingiuste e perciò respinte dal cittadino. La leva obbligatoria decretata per legge dalla Repubblica di Salò, pena la fucilazione per renitenti e disertori, fu disobbedita in massa, ingrossando per effetto contrario i reparti combattenti in montagna.
Facile parlare di una legge fascista per affermare il dovere della disobbedienza? Per chi disubbidì allora non fu facile né ovvio, anzi fu un gesto che comportava la vita. Erano leggi con pieno valore legale. Molto più tardi, in democrazia, sono stato incriminato e processato per una legge del codice fascista rimasta in vigore, mai applicata prima alla parola dissidente di uno scrittore (*).
Ai giorni nostri è stata approvata una legge che incriminava per favoreggiamento all’immigrazione clandestina i pescatori che salvavano naufraghi in mare. Era una legge che ne contraddiceva una più importante e perpetua, l’obbligo di soccorso. Ma contraddiceva con più forte oltraggio il sentimento di giustizia. I pescatori di fronte a vite in pericolo salvavano e negavano la legge.
Esistono norme contrarie alla fraternità e vanno perciò respinte. La magistratura svolge il suo compito perseguendo i colpevoli di avere violato leggi ingiuste. Sono atti di ufficio, anche se con margine di discrezione.
Ho criticato per esempio quella magistratura che si è prestata a fare da albero di trasmissione della volontà politica di calunniare le navi e gli equipaggi che soccorrevano dispersi e naufraghi in mare. Per due anni ne hanno disonorato le opere con ipotesi di reato risultate inconsistenti. Quella magistratura si è prestata volontariamente alla campagna di diffamazione lanciata da governo e opposizione insieme. Hanno ottenuto risultati disumani.
La coscienza civile di un popolo esercita invece il suo dovere di sostegno agli incriminati per ragioni umanitarie. Il sindaco di Riace è incriminato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, come uno scafista libico. Nego l’aggettivo clandestino. Lo è chi, secondo definizione di vocabolario, sale su un mezzo di trasporto senza pagare il biglietto. Qui si tratta di persone che hanno pagato a prezzi e mezzi di estorsione ogni metro del loro viaggio. Il solo trasporto gratuito lo hanno potuto avere i salvati in mare da morte sicura. Favoreggiamento all’immigrazione è da più di venti anni il sistema di governo che lascia in mano e in tasca ai contrabbandieri il trasporto di chi ha titolo di chiedere asilo e protezione.
L’Italia ha firmato nel 1951 la Convenzione di Ginevra relativa allo statuto dei rifugiati. Essi sono titolari di diritti. I governi di oggi non la firmerebbero. Siccome non possono recedere, la ostacolano e inventano modi per non applicarla. Questi modi sono complici del trasporto delegato ai contrabbandieri di carne umana, la merce più redditizia da trasportare sul Mediterraneo. Più redditizia della droga, perché questa va pagata alla consegna e allo sbarco, mentre quei corpi umani pagano prima, e dunque il loro carico può essere perso e gettato via durante il percorso.
Tra i capi d’imputazione pendenti sul sindaco di Riace c’è la celebrazione di matrimoni irregolari tra nuovi ospiti e cittadini del comune, a scopo di evitare l’espulsione dei primi. Il matrimonio è un nodo e queste nozze sono servite da ancoraggio, per ormeggiare una vita e scongiurarne il ritorno alla deriva.
La legge è fatta per adattarsi alla misura della persona, alla sua vicenda, non viceversa la persona fatta per rientrare di forza dentro la casella della norma. Il sostegno di molti italiani, me compreso, al sindaco di Riace può incorrere nell’apologia di reato? Se è così, me ne assumo volentieri e personalmente la responsabilità, dichiarando che l’opera del sindaco di Riace è conforme alla fraternità e pertanto legittima. Viene mantenuto agli arresti e poi «esiliato» per la buona ragione che intende continuare a ripetere le azioni che ritiene giuste.
Per me conta l’apologia di un uomo che ha offerto e offre il migliore esempio di antidoto civile all’odio razziale, contrastando a viso aperto le leggi persecutorie di ospiti definiti immigrati. Oggi, sul fragile palco di governo, dei minuscoli Erode si compiacciono del loro fatturato di annegati. Non dureranno quanto il prototipo del quale sono le caricature.
(*) Erri De Luca è stato rinviato a giudizio per istigazione a delinquere per alcune dichiarazioni contro i cantieri del Tav rilasciate in un’intervista del settembre 2013. In La parola contraria (Feltrinelli, 2015) ha spiegato le sue ragioni e rivendicato il diritto alla libertà di parola, ricevendo sostegno e solidarietà da molti scrittori e intellettuali italiani e stranieri. Il 19 ottobre 2015 è stato assolto perché il fatto non sussiste.
A partire da Adamo ed Eva, la disubbidienza all’autorità è stata la cifra dell’umanità. Perché è il sabato a essere fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato. Esiste un antico dissidio tra giustizia e legge: le leggi, anche quando perfettamente legittime, possono essere oscenamente ingiuste, e in questi casi vanno perciò respinte. La specie umana non ha l’obbligo dell’ubbidienza, ha invece l’obbligo della libertà. Che non è un diritto, ma un dovere. Pubblichiamo l’intervento di Erri De Luca dal numero 7 di MicroMega in edicola intitolato “La legge e la rivolta (apologia della disobbedienza civile)”, un tema di grande attualità in questi giorni in cui molti sindaci e presidenti di regione hanno deciso di opporsi al decreto sicurezza del governo.