di Silvia R. Lolli
Dal 2° incontro in commissione urbanistica svolto il 27 giugno 2018 e dalle successive comunicazioni giornalistiche sulle scelte del Bologna FC non possiamo che continuare a ragionare e a tener vivo un dibattito che, nonostante il movimento di cittadini creato da Rigenerazionenospeculazione, ci pare ancora troppo spesso l’espressione di un pensiero unico.
Oltre a ciò che si legge sui giornali che impone la ricerca della ristrutturazione dello Stadio e il passaggio quasi di proprietà, certamente di usucapione alla società di calcio per ben 99 anni. E’ un pensiero unico quello scaturito dalle conclusioni del temporaneo presidente della commissione (la presidente Leti aveva impegni familiari) e portavoce del PD consigliare Claudio Mazzanti. Anche questo secondo incontro con vari gruppi ed associazioni di cittadini è stato ricco perché la loro contro-informazione si è rivelata all’altezza della situazione, anzi molto più avanzata delle poche risposte ricevute. Del resto il processo partecipato concluso in aprile 2018 ha prodotto competenze notevoli.
Così al termine della commissione, alla stregua degli interventi delle assessore Orioli e Pillati, Mazzanti ha ritenuto doveroso rispondere ricordando che non si può oggi essere contro un POC che è stato approvato nel 2015 dopo due anni di discussioni nei quartieri e in consiglio e che ha previsto ai Prati la nuova scuola.
Una scuola, come aveva detto l’assessora Pillati, che si è deciso di costruire fin dal 2012 negli incontri con l’USP (Ufficio Scolastico Provinciale di Bologna). Perché? Perché si prevede un aumento di bambini a Bologna ed in particolare nell’area dei Prati di Caprara. Continuiamo a rileggere le statistiche dello stesso comune di Bologna, almeno quelle che abbiamo letto fino a due mesi fa. Orwell ci ha insegnato che con le nuove tecnologie l’evidenza informativa può essere cambiata, basta togliere qualche files e magari sostituirlo con altri. Il pensiero oggi si forma sempre di più così, basta guardare a livello internazionale i passaggi per trovare il nemico da combattere fra Iran, Iraq ed ancora Iran a seconda delle situazioni contingenti importanti per chi comanda sulla terra.
Allo stesso modo possiamo leggere il file che al Comitato è pervenuto dopo questa udienza in commissione da parte dell’esperto di bonifiche del Comune di Bologna del dott. Claudio Savoia dell’U.I. Verde e Tutela del Suolo che ci ha tenuto a offrire una visione diversa del problema rispetto all’esperto del comitato intervenuto prima e che aveva sottolineato, come successivamente Martelloni e Clancy per C.C., l’importanza di usare strumenti di bonifica coerenti con la destinazione che si vuole fare dell’area.
La scuola dunque, ma anche la strada di accesso alle nuove abitazioni ben vsibile, sono alla base del disboscamento radicale dei due ettari che in pochissimo tempo è stato effettuato. Da grillo parlante continuiamo a dire che questa scelta è stata fatta in base a dati sui nuovi bisogni scolastici che sarebbero tutti da verificare e discutere meglio.
Rimanendo alla questione bonifiche, soprattutto a quella bellica in questi giorni cominciate, ci chiediamo se può essere veramente vero che nell’area così velocemente rasa al suolo e che sembra già una strada, sia necessaria. Chi passa dalla via Emilia in questi giorni o chi legge le foto aeree dell’area potrà notare a quale distanza sia questo spazio dalle case dei militari e dall’ospedale Maggiore. Ci si potrà imputare di sollevare sterili critiche se osserviamo una minima distanza e poniamo una domanda: perché prima di costruire queste strutture non è stata fatta la bonifica bellica? Ci appare alquanto strano soprattutto per il Comune di Bologna degli anni Cinquanta e Sessanta, anche se la ricostruzione era da organizzare celermente; dopo il 1945 il Comune di Bologna era così indifferente alla sicurezza soprattutto per la costruzione di edifici pubblici?
Rispetto alle altre bonifiche poi il ministero della Difesa avrebbe dovuto dare maggiori conoscenze. Chissà se sarà possibile imparare qualcosa di più con l’avvento di una ministra dei M5S? Sono stati riversati materiali pericolosi? Se sì quali? A noi risulta che l’area est negli ultimi anni, prima dell’abbandono e del rimboscamento spontaneo, fosse solo adibita ad esercitazioni con i carri armati.
Certamente ci sbagliamo, ma proprio per non continuare a fare i grilli parlanti tacciati di fake news avremmo gradito, da cittadini, una maggior trasparenza da parte di tutti, Comune, Ministero della Difesa e INVIMIT. Un’altra questione suggerita dall’incontro alla commissione urbanistica la vorremmo conoscere già da tempo: quali i costi e i benefici, cioè quale schema di bilancio della situazione odierna e futura? A favore di chi saranno i costi e a favore di chi i benefici?
Intanto dal portavoce del WWF sappiamo che la perdita è già di € 800 per ogni albero di oltre 20 mt. di altezza abbattuto nei due ettari ora sotto osservazione da parte del genio militare. A questa perdita certa per noi cittadini aggiungiamo altre cifre già descritte dal Prof. Basile: gli alberi abbattuti non potranno aiutare a ripulire l’aria dalla troppa CO2 – questo per esempio è un costo (che dobbiamo pagare all’Europa) mai sufficientemente tenuto in considerazione nei bilanci pubblici.
Altri costi, sempre pubblici, sono quelli sanitari; non solo collegabili alla ricerca del benessere fisico, ma, come dice da tempo l’OMS, anche dal benessere psicofisico e sociale delle persone. L’ipotesi del POC, ricordiamo decisa soltanto dal 2015, con quali previsioni di costi e benefici per il pubblico è stato organizzato? Questo è un dato che non sapremo mai, tuttavia ci sentiamo di individuare in questa scelta una delega al privato e quindi una svendita ad esso del patrimonio pubblico. L’INVIMIT stessa è stata costituita solo per fare cassa senza preoccuparsi di verificare bene tutti i costi sociali ed ambientali di tale scelta politica.
In questi tempi tuttavia non ci pare che ci sia alcuna capacità di fare scelte politiche reali, tanto meno quando si vorrebbero definire di sinistra.