Ecco Razem, la Podemos polacca

14 Giugno 2018 /

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di Giacomo Russo Spena
Se ne parla poco, troppo poco. Eppure Razem rappresenta un’esperienza interessante, innovativa e moderna. Qualcuno l’ha ribattezzata la “Podemos polacca” per le sperimentizioni politiche e teoriche messe in atto. Una forza da studiare per l’organizzazione interna, le battaglie intraprese e la contaminazione coi movimenti sociali e femministi. Senza nessun richiamo al passato né alla sinistra classica. Messo in soffitta il rosso, il colore prescelto è il viola. Ad oggi è un partito ancora piccolo – i sondaggi lo danno al 5 per cento – ma i margini di crescita sono immensi. Si ipotizza che in prospettiva possa rappresentare l’alternativa mancante al governo autoritario di Jarosław Kaczyński.
In polacco Razem significa Insieme ed è stato fondato nel 2015, poco prima del voto, da un gruppo di attivisti sociali – a cui si aggregano subito i ‘Giovani socialisti’ e alcuni militanti dei Verdi – che si scagliano sia contro l’establishment che contro quella sinistra radicale incapace di rappresentare le istanze di cambiamento. Si critica un Sistema oligarchico e diseguale, invocando la nascita di un soggetto nuovo che ridia speranza alla gente ormai disillusa.
Alle elezioni del 2015, vinte dal partito conservatore Diritto e Giustizia, Razem ottiene in pochi mesi, senza soldi per la campagna elettorale né copertura mediatica, il 3,6 per cento pari a 600mila voti. Un primo passo, seppur non riesce ad entrare in parlamento.

Dopo il voto continua il progetto politico: si aprono circoli ed aumenta la presenza sui territori. Si battezzano anche il sito e il forum on line. La partecipazione sulla piattaforma digitale è un tassello fondamentale. L’obiettivo, oltre a quello di farsi conoscere, è riportare le persone a fare politica e, per questo, si è deciso di adottare un sistema misto tra democrazia rappresentativa – dove il consiglio nazionale, composto da 50 membri è l’organo supremo e stabilisce le strategie da adottare – e forme di democrazia diretta. Alcune decisioni sono prese tramite votazione on line, altre nelle riunioni dei circoli per alzata di mano. Razem adotta un metodo ibrido tra un partito classico e un’organizzazione di stampo più movimentistico.
Si prova a costruire un’opposizione credibile al campo conservatore-populista in una Polonia che attraversa una fase di grandi contraddizioni. Il leader Kaczyński, infatti, se da un lato sta “picconando” la democrazia trasformandola in un regime con pulsioni autoritarie – chiudendo gli spazi di partecipazione e attaccando i diritti civili – dall’altro sta attuando delle significative riforme prestando attenzione alle fasce più deboli. Il paradosso? Mentre i precedenti governi della SLD (Alleanza della Sinistra Democratica) avevano adottato politiche di privatizzazioni, tagli al sociale e deregulation di stampo liberista, con questo governo si assiste ad un’espansione del welfare tanto che il consenso di Kaczyński è ai massimi storici.
Per tale motivo, Razem non ha alcun rapporto col centrosinistra polacco, considerato parte del problema, ma rispetto al 2015 ha mutato il modo di relazionarsi con gli altri partiti della sinistra radicale: sta egemonizzando lo spazio politico dell’alternativa. Accantonate le ostilità, sono nate battaglie comuni con Verdi, Iniziativa Polonia, PPS, con i comitati urbani (soprattutto a Cracovia, Wrocław, Varsavia e Białystok), con le associazioni di inquilini e coi sindacati.
Negli ultimi mesi, poi, Razem si è contaminato col movimento femminista e si è reso protagonista di importanti manifestazioni. Una delle loro attiviste ha concepito la famosa “protesta nera”, con migliaia di donne in piazza sotto il Parlamento polacco che hanno bloccato la legge di inasprimento contro l’aborto. Le ragioni femministe sono forti e radicate nel partito: hanno una leadership collegiale – con una struttura organizzativa orizzontale (teorizzano la dottrina del “non avere mai capi politici”) – e tra i portavoce svettano varie donne. Ogni organo del partito è composto per statuto dal 50 per cento da uomini e 50 per cento da donne.
“Siamo una forza populista, nel senso che ci facciamo portavoce delle legittime domande del popolo senza scadere della demagogia: chiediamo più democrazia e giustizia sociale, il nostro programma ha una chiara impronta socialista”, afferma Jakub Sypiański, membro del Consiglio Nazionale di Razem, il quale ci indica come la questione del contrasto alla precarietà sia una priorità programmatica. Il partito racimola consensi tra i giovani e nelle vertenze dei precari. Nei comizi i vari dirigenti parlano di abrogazione dei cosiddetti “contratti spazzatura” (senza garanzie per il lavoratore), aumento del salario minimo e di introduzione delle 35 ore settimanali.
Inoltre Razem tiene insieme le rivendicazioni sociali (e civili) con la lotta alla Casta: le proposte per una tassazione progressiva – secondo il principio “chi ha di più paga di più” – per la gratuità del sistema scolastico e per la tutela dei beni comuni camminano, di pari passo, con la richiesta di tagli ai costi della politica e di riduzione degli stipendi dei parlamentari. Stando nella cattolica Polonia, avanzatissime sono le posizioni su laicità e diritti civili: introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, matrimoni gay, nuova legge sull’aborto e campagne per l’uso dei contraccettivi sono priorità programmatiche.
Non è un caso che Razem abbia trovato un feeling politico con Robert Biedroń, il sindaco della città di Słupsk, che sta facendo scandalo in Polonia per il suo essere gay ed ateo. Un leader sul trampolino di lancio in vista delle elezioni del 2020. “Abbiamo molte battaglie in comune con lui e stiamo creando una profonda sinergia” racconta sempre Jakub Sypiański ricordando come alcuni membri della segreteria di Razem abbiano recentemente incontrato Biedroń a Słupsk e come lui sarà presente al prossimo congresso di Razem.
L’ultima parte del programma è dedicata all’Europa: è una forza europeista ed è contro quel che definiscono “l’imperialismo di Putin in Polonia”. È anche tra i fondatori di PrimaVera Europea, la lista transnazionale lanciata da DiEM25 e da Yanis Varoufakis: una delle leader del partito, Agnieszka Dziemianowicz-Bąk, ha la co-presidenza del neonato soggetto a dimostrazione di come Razem abbia già una certa rilevanza politica nei circuiti progressisti. Il 13 giugno sarà presente a Milano per l’evento di lancio della lista che vedrà, tra gli altri, la partecipazione del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, e di emissari sia di Podemos che di Barcelona en Comù.
Dalla lotta all’establishment al femminismo, dai diritti sociali a quelli civili, Razem è un inedito laboratorio politico. Una macchia viola nella reazionaria Polonia.
Questo articolo è stato pubblicato da Micromega Online il 12 giugno 2018

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