di Giacomo Russo Spena
Tanto vale riformare la Costituzione ed aggiungere il 140esimo articolo: “L’Italia è un Paese a sovranità limitata dove si può ricoprire il ruolo di ministro se si è compatibili con l’attuale assetto dell’Unione Europea e si è in grado di rassicurare a sufficienza la Troika”. Paolo Savona, un professore di 82 anni, non era idoneo per quel ruolo date le sue affermazioni no euro. A poco è servito il suo lungo curriculum da establishment, e non ostile ai poteri forti, né sono state sufficienti le parole di Di Maio che, a più riprese, ha tranquillizzato i mercati, negando l’intenzione del governo Conte di uscire dall’Unione Europea.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha fatto valere l’art 92 della Costituzione, confermando il suo niet nei confronti di Savona. Ha salvato la democrazia o è andato oltre le sue prerogative? Tra i costituzionalisti è un dibattito serrato tra chi pensa sia legittimo l’atteggiamento di Mattarella e chi lo ritiene un grave errore. Valerio Onida, ex presidente della Corte Costituzionale, è nella schiera dei secondi: “Il Presidente della Repubblica – ha dichiarato in un’intervista a Radio Radicale – può evidentemente esercitare una sua influenza, un magistrato di persuasione e di influenza, può dare suggerimenti, può dare consigli, può dare avvertimenti, può esprimere preoccupazioni, ma non ha un potere di decisione definitiva sull’indirizzo politico e quindi anche sulla scelta delle persone che devono andare a realizzare l’indirizzo politico di maggioranza”.
Insomma, Mattarella potrebbe fare opera di moral suasion ma non entrare nel merito di posizioni politiche. Ha scelto, invece, di difendere l’attuale architettura europea e di non spaventare mercati, agenzie di rating e la cosiddetta Troika. Al di là della questione costituzionale, la vicenda ha un impatto tutto politico. E qui sembra che Mattarella sia caduto in toto nella trappola di Matteo Salvini, che ha utilizzato il pretesto di Savona per far saltare il banco. Il Presidente della Repubblica, infatti, aveva proposto Giancarlo Giorgetti al posto di Savona, come ministro dell’Economia. Un leghista, nonché fidato braccio destro di Salvini. Perché allora impuntarsi su Savona e non accettare la proposta di Mattarella?
Semplice. Adesso il leader del Carroccio è libero di fare una nuova campagna elettorale a lui congeniale. A caldo, ieri su facebook, tuonava: “Le prossime elezioni saranno un plebiscito, un referendum tra il vecchio e il nuovo, tra il popolo coi suoi diritti e i poteri forti, i signori dello spread, i signori delle banche, della finanza”. O ancora: “tra democrazia ed élites”. La propaganda leghista è iniziata. Alle prossime elezioni chiederà un voto sovranista e contro le ingerenze dell’Unione Europea. Contro un Presidente della Repubblica accusato di essere succube della Troika.
Chi ora difende Mattarella come baluardo dell’antifascismo, sottovaluta che l’onda nera tornerà ancora più forte, alle prossime elezioni. Già i primi sondaggi lo certificano. La narrazione egemone sarà che l’Europa ha impedito il “governo del cambiamento”. Fa niente che poi che la Lega sia un partito saldamente dell’establishment e della Casta: è percepito anti-Sistema, pur non essendolo. L’ipotesi più probabile è un ritorno del centrodestra unito, sempre che Berlusconi non voti la fiducia a Cottarelli, con Salvini candidato premier. Da questi lunghi 80 giorni di trattative, il M5S ne esce indebolito dall’abbraccio mortale con la Lega e alle prossime elezioni può solo che perdere consensi (soprattutto nella fascia di elettorato più progressista e al Sud).
Quindi la scelta di Mattarella apre a grandi rischi politici: l’onda nera sarà ancor più travolgente. L’idea di fare una campagna pro Unione Europea, come ha in mente il Pd, non appare una grande intuizione: i consensi che ripercuote l’attuale assetto di Bruxelles sono ai minimi storici. Appare sempre più complicato difendere questa Unione Europa diseguale, oligarchica e a due velocità.
Qui viene il difficile. Si tornerà al voto a settembre, anche perché l’ipotesi di Cottarelli, l’uomo della spending review, non avrà la fiducia in Parlamento, e ci saranno pochi mesi per costruire un terzo spazio in antitesi sia al blocco populista/sovranista che a quello in difesa dello status quo. Né con la mossa di Mattarella né con Salvini, per intenderci. Uno spazio che sia europeista ma contro questa Unione Europea, che si opponga al nazionalismo xenofobo ma che abbia il coraggio di dire che vanno cambiati i trattati europei come il Fiscal Compact o il Patto di Stabilità.
Un’opzione che sappia affermare un nuovo modo di fare politica, veramente in opposizione alle elite dominanti. Che contrasti l’austerity esercitando il conflitto verso l’alto e non foraggiando la guerra tra poveri. Da un lato l’Europa tecnocrate, dall’altra il peggior Salvini. Ci vuole un soggetto altro che scardini questo duopolio: due facce, tra l’altro, della stessa medaglia. Né l’uno, né l’altro. Il tempo è poco. Sarà difficile, anzi difficilissimo, ma è necessario.
Questo articolo è stato pubblicato da Micromega Online il 28 maggio 2018