di Tomaso Montanari
Caro direttore, continuo a pensare che un governo sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dal Pd (un governo il cui presidente, la cui composizione e il cui programma dovrebbero essere l’oggetto di un confronto libero da qualsiasi pregiudiziale) sarebbe il modo migliore di uscire da questa situazione: che è del tutto fisiologica, in un sistema parlamentare, e che solo l’inadeguatezza del nostro ceto politico trasforma in uno ‘stallo’.
Lo penso perché guardo all’aspetto più clamoroso del voto del 4 marzo: quello sociale. In quel voto è tornata la lotta di classe. Senza programmarlo, senza tematizzarlo, senza nemmeno dirlo. Anche se non lo sanno, o non sono interessati a vedersi così, i 5 Stelle e la Lega sono di fatto partiti delle classi subalterne. Votati in massa soprattutto (anche se non solo) dagli ultimi, dai sommersi, da coloro che sono sul filo del galleggiamento (iniziando dai giovani precari, i nuovi schiavi), in un Paese con 18 milioni di cittadini a rischio di povertà (al Sud quasi uno su due).
Mentre il Pd (e anche Liberi e Uguali) e Forza Italia sono stati votati dai salvati, dai relativamente sicuri, dai benestanti. Dunque, la faglia sistema-antisistema è sociale, prima ancora che di opinione, ed è una faglia che spacca in due il centrodestra. E quando il Pd spinge i 5 Stelle tra le braccia della Lega non obbedisce solo al puerile, irresponsabile ricatto renziano o al retaggio dell’inciucio del Nazareno, ma risponde a una logica più profonda, quella del blocco sociale che condivide con Forza Italia.
Sperare che questa cristallizzazione si rompa, significa sperare che il Pd possa ritrovare la forza di rappresentare i ceti più deboli: non si tratta di de-renzizzarsi (è solo una misura di necessaria igiene), ma di invertire la rotta rispetto a un tradimento delle ragioni elementari della sinistra iniziato negli anni Novanta, con la genuflessione a Blair e allo stato delle cose che fu indifferentemente compiuta da un Veltroni e un D’Alema.
È l’ultima chiamata, e se il Pd avvertisse lo strappo dei milioni di suoi elettori che hanno scelto i 5 Stelle potrebbe avere la forza di cambiare. Non sarebbe facile, certo: ma l’alternativa è trasformarsi, culturalmente e numericamente, in una specie di Scelta Civica. Volendoci provare, il terreno del confronto possibile con i 5 Stelle è quello dell’attuazione della Costituzione, a partire dai principi fondamentali: il terreno in cui il Pd potrebbe tentare una palingenesi, e il Movimento rimanere fedele a se stesso.
Se queste sono le speranze, l’osservazione della realtà non spinge all’ottimismo. Perché l’ansia di Luigi Di Maio di andare al governo rischia di far saltare ai 5 Stelle il fosso verso il sistema: e a tempo di record. Prendiamo la vicenda della guerra: la più cruciale di tutte. Dopo qualche sbandamento, i 5 Stelle hanno usato le stesse parole scelte da Martina: “Siamo fedeli all’alleanza atlantica”. Che tradotto vuol dire: se Trump ci chiede le basi per una ulteriore azione di guerra, noi le daremo. Alla faccia della Costituzione (art. 11) che si dice di voler attuare.
Dopo mesi di grottesca campagna sulle fake news, culminata nell’idea di un fact checking di Stato affidato a Minniti (!), i 5 Stelle non sanno reagire esercitando e argomentando una critica sulle ‘prove’ esibite dal fronte atlantico e supinamente accettate come tali dalla stampa. I canali della Chiesa cattolica dalla Siria, per esempio, raccontano un’altra verità, riassunta in un tweet dell’ex priore di Bose, Enzo Bianchi: “Sono in contatto telefonico con monaci e vescovi ortodossi in Siria. L’attacco degli Usa e dei francesi e l’ipocrisia del governo italiano mi rattrista e mi indigna. Menzogne e menzogne per continuare una guerra che vuole umiliare il medio oriente arabo”. Non sarà così semplice, e certo la situazione è complessa: ma proprio per questo non è possibile acconsentire a una guerra a scatola chiusa.
Contemporaneamente, Matteo Salvini denuncia la follia delle armi. Collateralismo alla Russia di Putin? Può darsi: ma anche sintonia profonda con la metà del Paese che è convinta che questo sistema, il sistema globale, è insostenibile. Una metà del Paese in cui si trova anche chi ha firmato l’appello della Rete della Pace contro questa guerra: tutta la sinistra (quella sociale, visto il suicidio di quella politica), il mondo cattolico, i sindacati, l’Anpi, Libera, Libertà e Giustizia.
Naturalmente non voglio ‘riabilitare’ la Lega perché oggi è per la pace. Non dimentico la trasformazione della Lega in un partito lepenista, simboleggiata dalla foto in cui Salvini dava la mano al terrorista fascista di Macerata, già candidato con la stessa Lega.
Se il rapporto tra Cinque Stelle e Pd, invece di far cambiare il Pd, facesse cambiare i 5 Stelle, lasciando solo la Lega a rappresentare chi è contro questo orrendo sistema, allora sarebbe un disastro.
Questo articolo è stato pubblicato da Eddyburg.it il 17 aprile 2018 riprendendolo dal Fatto Quotidiano dello stesso giorno