Elezioni 2018: tutti a promettere tutto, ma la scuola non ha spazio

24 Gennaio 2018 /

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di Manlio Lilli
“Viene lanciata oggi la petizione dello Snals-Confsal che coinvolge il mondo della scuola, le famiglie e tutti i cittadini al di là di ogni appartenenza partitica o associativa. Con questa petizione lo Snals impegna i partiti a indicare chiaramente nei propri programmi elettorali misure e risorse per la scuola”. Una nota dello Snals Confsal ha ufficializzato un dato di fatto di questa lunga campagna elettorale. Lunga, ma sostanzialmente vuota in tanti ambiti.
Di certo in quello scolastico. Tutti a promettere tutto. Quasi tutto. La scuola non ha spazio. Fra tasse da togliere e aumenti retributivi da aggiungere, perché mai dovrebbe entrarci anche la scuola? A chi veramente interessa parlarne? Perché mai la politica dovrebbe interessarsene e proporre nei suoi programmi la “sua idea” sull’istruzione? Perché mai dovrebbe farlo se l’istruzione obbligatoria è un tema marginale per una buona parte del Paese. Per tanti genitori e per tanti alunni. Per tanti che pur non rientrando né nella schiera degli uni né degli altri, non lo ritengono nei fatti un tema rilevante.
La scuola non è una priorità della cosiddetta agenda politica. È evidente. Non lo è di chi, anche se con modalità differenti, ne fruisce. Figurarsi degli altri. Certo se ne parla, neppure tanto infrequentemente. Nelle occasioni più disparate. C’è l’ennesimo episodio di bullismo? La cronaca restituisce la notizia di una sparatoria tra baby gang? La xenofobia si affaccia in qualche parte del Paese? Emerge da una delle tante periferie italiane qualche storia di emarginazione? Il rimedio è sempre il medesimo.

La risposta quasi scontata. È mancata la scuola. Il percorso educativo è andato in corto circuito. Una certezza tra molte incertezze. Insomma si rimandano all’istruzione scolastica le colpe di ogni stortura prodotta dai tempi presenti.
Ma c’è dell’altro, naturalmente. Ci sono le mille attività che la scuola dovrebbe assicurare secondo i moderni ed illuminati pedagoghi alla Vogue. Attività che possono, anzi debbono, entrare nei programmi scolastici. Naturalmente, insieme allo smartphone. Strumento indispensabile di condivisione, di ausilio alla comprensione. Le materie tradizionali possono rimanere, almeno finora e non ovunque. A patto che nell’insegnamento si utilizzino tutti gli strumenti compensativi esistenti. A patto che non si utilizzi rigidità nella valutazione dei risultati conseguiti. Bisogna adeguarsi. È necessario capire, non solo le difficoltà, ma anche le inclinazioni.
Insomma la scuola italiana, fabbrica di menti, fucina di ingegni, non esiste più. Messa un pezzo alla volta in cantina. Ridotta ad archeologia da osservare ma non da contemplare. Nessuna ammirazione, solo un malcelato fastidio.
I presidi? Ormai manager troppo spesso più attenti a procacciare nuovi iscritti al proprio istituto che dirigenti. I professori? Svuotati di autorevolezza da riforme e circolari ministeriali. E poi, genitori e alunni. Confusi protagonisti loro malgrado. Investiti di un ruolo che piuttosto che rafforzarli, li annichilisce. Già perché uno dei mali di questa scuola, che non può più assolvere al suo compito primario è proprio quello di essere più confusa. Un ibrido inutile. Una istituzione che per essere tante cose rischia di non essere nulla. Una scatola che si riempie di nuovi oggetti, ma che alla fine troppe volte risulta vuota. Incapace di allevare la nuova comunità. Inadatta a far crescere Persone.
Negli anni dei registri online, dei gruppi Whatsapp di genitori e di alunni, le informazioni sono tutt’altro che facilitate. Nella stagione nella quale i professori non dettano appunti, non indicano letture integrative, ma “mettono” sui portali delle loro scuole i pdf di nuovi contenuti da scaricare, tante volte i ragazzi “non capiscono”. Non solo non capiscono, ma non esercitano la loro curiosità, non imparano che anche la ricerca fa parte dell’apprendimento. Ne è un passaggio fondamentale.
Di fronte ad uno scenario così incerto varrebbe la pena che la politica proponesse qualcosa. Di fronte ad una situazione così poco rassicurante ci si sarebbe aspettati che i partiti si fossero confrontati sui programmi. Ed invece niente. Quasi niente.
“Il vostro compito è diventare esseri umani sempre più meravigliosi, pieni di ingegno, di cuore”, ha scritto mesi fa una insegnante in una lettera ai suoi ex alunni. Viene il dubbio che la politica non parli della scuola proprio per paura che i ragazzi di oggi siano uomini domani “meravigliosi, pieni di ingegno, di cuore”.
Questo articolo è stato pubblicato dal FattoQuotidiano.it il 23 gennaio 2018

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