I malati cronici lombardi curati dagli Emirati Arabi?

15 Novembre 2017 /

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di Aldo Gazzetti e Angelo Barbato, Forum per il Diritto alla Salute Lombardia
Col passare del tempo più si approfondiscono i vari aspetti delle delibere della regione Lombardia sul nuovo modello di gestione dei malati cronici e più si rafforzano le voci critiche, confermate da alcuni elementi decisamente inquietanti. Come è noto, con due delibere di quest’anno, non discusse né votate dal consiglio regionale, seguite da una serie di provvedimenti attuativi, la Giunta della Regione Lombardia intende cambiare le modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria per oltre 3 milioni di cittadini con malattie gravi di lunga durata che richiedono prestazioni articolate, complesse e prolungate.
Si tratta di più del 30% dei cittadini lombardi, in prevalenza anziani, affetti da un lungo elenco di malattie comprese in una lista predefinita, tra cui ipertensione, diabete, patologie cardiovascolari, nefropatie, tumori e molte altre patologie croniche, divise in tre categorie di crescente gravità, che assorbono il 70% delle risorse pubbliche destinate alla sanità in Lombardia.
Questi cittadini dovrebbero ricevere tra breve una lettera in cui la Regione li inviterà a scegliersi un gestore, tra quelli inclusi in un apposito elenco, al quale affidare, attraverso un contratto privato giuridicamente valido, la predisposizione di un piano di assistenza per la tutela della propria salute e la gestione dell’intero percorso di cura, definendo le visite, gli esami e le prestazioni necessarie.

Secondo le delibere possono diventare gestori enti pubblici o privati oppure medici associati in cooperative, ma i critici di questa cosiddetta riforma hanno subito formulato la previsione che sarebbero stati in prevalenza privati che già gestiscono servizi sanitari o nuovi soggetti di grandi dimensioni, in grado di controllare l’intero percorso di cura, dalla progettazione alla fornitura degli interventi, erogandoli direttamente o tramite accordi con fornitori scelti attraverso accordi bilaterali. Va considerato che ogni gestore potrà avere in carico fino a 200.000 utenti, ricevendo una somma fissa per ogni utente con cui ha stipulato il contratto, oltre a un premio se otterrà risultati positivi, in termini di efficacia ed efficienza non meglio definiti. In presenza di una torta di queste dimensioni si apre lo spazio per investimenti speculativi suscettibili di portare alla creazione di grosse concentrazioni monopolistiche, creando un mercato della salute, basato sul profitto e avulso dai reali bisogni di salute.
Queste previsioni sono state giudicate da alcuni eccessivamente pessimistiche, animate da pregiudizi politici e manie complottiste. Tuttavia ora è trascorso il termine per la presentazione delle domande dei soggetti che si candidano al ruolo di ente gestore e l’elenco degli idonei è disponibile, per cui possiamo verificarne la fondatezza.
Abbiamo consultato con attenzione gli elenchi dei gestori e degli erogatori ad essi associati. L’operazione è costata non poca fatica, in quanto la lista è costruita con criteri assi poco trasparenti, tanto che in molti casi è indicata solo la denominazione del gestore e la partita IVA, ma quanto abbiamo trovato ci permette di esprimere serie preoccupazioni per come è stata costruita la rete dei 294 gestori e 1.072 erogatori ritenuti idonei dopo una sommaria istruttoria da parte delle otto Agenzie di Tutela della Salute della Lombardia.
Alcuni gestori privati erano stati accreditati per erogare solamente prestazioni diagnostiche e ora si propongono di assistere malati cronici di tutti i tre livelli di gravità e per tutte le patologie. Molti di questi hanno steso convenzioni con filiere di erogatori che sembrano prefigurarsi come contratti di appalto e subappalto. Spulciando l’elenco abbiamo voluto approfondire la natura di alcuni di questi gestori, che ci sembravano di piccole dimensioni e limitata capacità. Questa ricerca ci ha condotto a interessanti scoperte.
Un caso emblematico è quello di Alliance Medical, gestore valutato come idoneo dalle Agenzie di Tutela della Salute di Milano, Monza Brianza e Insubria, che coprono la città metropolitana di Milano e le province di Como, Varese, Lecco, Monza e Lodi, con un bacino di utenza di oltre 6 milioni di abitanti, più del 60% del territorio regionale. Alliance Medical possiede in tutto tre centri di radiologia, due in provincia di Monza e uno in provincia di Como. Si potrebbe pensare che si sia proposta per gestire pazienti cronici con un limitato numero di patologie. Invece no, secondo quanto risulta dal sito dell’Agenzia di Tutela della Salute di Milano Alliance Medical è stata giudicata idonea a erogare assistenza a malati con più di cinquanta patologie diverse, che spaziano dall’AIDS all’epilessia, al diabete mellito complicato, all’artrite reumatoide, di tutti i livelli di gravità, grazie agli accordi stabiliti con numerosi erogatori privati e pubblici.
Guardando il sito di questo colosso della sanità privata abbiamo appurato che si tratta della filiale italiana di una multinazionale con sede in Inghilterra presente in molti stati europei. Un’ulteriore visita al sito della società madre ha permesso di scoprire che dal 2007 questa è proprietà della Dubai International Capital, a sua volta sussidiaria della Dubai Holding, una delle più importanti finanziarie degli Emirati Arabi di cui lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum detiene il 99% delle azioni. Dubai Holding sviluppa e gestisce un portafoglio diversificato di investimenti in settori attraenti per le opportunità di profitto: servizi finanziari, immobiliari, turistici, alberghieri, telecomunicazioni, energia, intrattenimento, biotecnologie e infine sanità.
A questo punto è pienamente confermato come l’operazione cronici della regione Lombardia sia la via maestra per l’inserimento del capitale finanziario nel mercato della sanità così come la politica della regione Lombardia lo sta disegnando. Una multinazionale che possiede un piccolo centro diagnostico contrattualizzato dalla regione per una gamma limitata di prestazioni ambulatoriali, con un budget annuo di poche migliaia di euro, può ottenere che questo sia riconosciuto come gestore di decine di migliaia di pazienti, purché si doti di una struttura informativa e un centralino, dirottando i propri pazienti nei vari centri erogatori con cui ha stabilito accordi economici, in modo da controllare un’intera filiera di produzione ed erogazione di prestazioni diagnostiche e terapeutiche, ambulatoriali e ospedaliere. Altre società meno esotiche di Dubai Holding sono in pista per spartirsi la torta.
In nome della libera concorrenza e della fede nei meccanismi di mercato vedremo i vari gestori contendersi la fidelizzazione degli utenti più appetibili con campagne pubblicitarie o informazioni interessate, mentre l’assessore Gallera minaccia i medici che sconsigliano propri pazienti a firmare il patto con un gestore? Lo slogan leghista ‘padroni in casa nostra’ suona beffardo nel momento in cui Maroni apre la porta alle multinazionali. Non è esagerato dire che tutto ciò porta allo smantellamento dell’intero sistema delle cure primarie e a un mutamento dei fondamenti stessi del servizio sanitario nazionale. Gli ambienti professionali, le forze politiche e sindacali, la società civile devono prenderne atto per fare in modo che questo disegno fallisca.
Questo testo è stato pubblicato da Quotidiano Sanità il 13 novembre 2017

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