Facciamo una lista a sinistra del Pd. E non più di una

31 Maggio 2017 /

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di Vincenzo Vita
Una lista, non più di una. A sinistra del partito democratico – nelle ormai imminenti elezioni politiche – spazio per avventurose duplicazioni (o peggio) non c’è. Il rischio che numerose aree del disagio e del bisogno siano escluse dalla rappresentanza è altissimo. Al di là dei ceti politici. Il corpo a corpo sembra essersi ristretto, infatti, alla polarità dialettica costituita dal Pd centrista e moderato, nonché dall’eclettico e contraddittorio Mov5Stelle. Interi pezzi di società non si riconoscono in quei poli e ingrossano la vera maggioranza relativa: l’astensionismo.
A parte la destra tuttora divisa tra aziendalisti berlusconiani e sovranisti xenofobi di Salvini, cui però è difficile affidare future magnifiche sorti, la contesa sembra essersi ristretta e rinsecchita. E questo è il problema principale, visto che ampi settori di tradizionale simpatia per la gauche sono già andati a finire nell’imbuto del non-voto o – limitatamente – nel consenso pentastellato. Per mancanza di attendibili alternative. All’origine delle difficoltà sta proprio il forte ridimensionamento di un credibile progetto di e per una sinistra moderna: capace di rilanciare i valori fondamentali della libertà, dell’etica, dell’uguaglianza, del lavoro e della conoscenza: riscritti nella sintassi digitale.
Innanzitutto, dunque, è essenziale ricostruire il filo di culture politiche adeguate, immaginando con creatività contenuti e forme nuovi di organizzazione tra piazze e social, leggendo l’attualità dei conflitti cui non va dato il nome di comodo di “populismi”.

Ci vuole del tempo, né si possono improvvisare slogan e soluzioni puramente mediatiche. È indispensabile, però, arrivare alla fase del rilancio con i soggetti interessati o interessabili vivi e non defunti. E con il coraggioso ripristino di una concreta affidabilità morale verso l’universo scomposto e deluso delle persone in carne e ossa.
Su tali temi nei giorni scorsi l’Associazione per il rinnovamento della sinistra ha convocato un riuscito incontro con le varie forze in campo. Sono intervenuti Maurizio Acerbo (Rifondazione), Mauro Alboresi (Pci), Nicola Fratoianni (Sinistra italiana), Miguel Gotor (Mdp-Art.1), Massimo Torelli (Altra Europa), assente giustificato Pippo Civati (Possibile). Nel corso del dibattito – introdotto da chi scrive e concluso da Aldo Tortorella – Maria Luisa Boccia presidente del Centro per la riforma dello stato ha dato la parola anche ad Anna Falcone, Alberto Benzoni, Roberto Biscardini, Salvatore Bonadonna, Bia Sarasini, Alfonso Gianni e Roberto Bertoni.
È emersa una volontà condivisa di verificare la praticabilità di un traguardo unitario, a patto che sia chiara la discontinuità con le linee del passato: le “terze vie” subalterne al liberismo (il D’Alema di oggi è diverso da quello di ieri, Mdp-Art1 ha votato contro il ripristino dei voucher), il fantasma di un’ormai improbabile riedizione del “centrosinistra”, la cancellazione delle (contro)riforme di questi anni. Il tutto va declinato, però, in positivo, attraverso programmi credibili e il superamento dei vecchi metodi del e nel far politica.
La forma della lista non è meno importante dei suoi contenuti. Non può, non deve ricordare passate esperienze di sommatorie di sigle, accordi di potere, logiche spartitorie. È moneta fuori corso e ricordare quelle stagioni perdenti assomiglia ad un grottesco latinorum. Lo sguardo va rivolto – per usare un criterio – al vastissimo popolo che ha permesso la schiacciante vittoria del No al referendum costituzionale lo scorso 4 dicembre, nonché a quello contiguo (in buona parte sovrapposto) che ha animato l’enorme manifestazione con i migranti sabato 20 maggio a Milano.
Sono emerse, tra le altre, personalità fresche e autorevoli come la citata Anna Falcone – vicepresidente del Comitato del No – e l’apprezzato presidente di “Libertà e giustizia” Tomaso Montanari. E chissà quante altre figure “civiche” si celano sotto la superficie dei segni conosciuti da una politica troppo ripetitiva. Una lista di sinistra, anzi, va incrociata con il miglior “civismo”. L’Ars, ovviamente, non ha il compito di fare nomi o suggerire soluzioni operative. Anzi, lo statuto recita che l’Associazione non si presenta alle elezioni. Tuttavia, è giusto prendere atto della lezione della realtà: una lista che, pur non avendo pregiudizi verso le espressioni partitiche, sia davvero aperta ai movimenti, all’associazionismo, ai protagonisti delle mobilitazioni sociali e culturali.
Naturalmente, tutto questo esige la sconfitta dell’ennesimo patetico giro di valzer sulla legge elettorale, che prende ogni giorno sembianze diverse: dal “rosatellum” al “tedesco” ora in discussione. Il sottotesto è un altro sussurrato “Patto del Nazareno” (del resto, il caos sulla Rai il sospetto lo fa venire). Il voto del 4 dicembre ci ha consegnato il mandato di batterci per una seria riforma proporzionalista, purissima o meno, ma chiara, restituendo il potere di scelta ai cittadini.
Questo articolo è stato pubblicato dal quotidiano Il manifesto il 28 aprile 2017

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