di Sergio Caserta
Queste elezioni francesi hanno scongiurato il peggio: una vittoria della destra estrema populista e xenofoba, la cui sola eventualità ha rappresentato una sconcertante brutale novità. La crisi del sistema politico tradizionale è stata del tutto evidente nel primo turno elettorale, con la sconfitta dei candidati direttamente espressione di quelli che furono i maggiori partiti di Francia, il socialista ed il gollista, ora dopo l’elezione dell’outsider indipendente (molto relativamente) Macron si apre un capitolo del tutto nuovo anche per le elezioni parlamentari di giugno, in cui i partiti vecchi e nuovi torneranno in pista e il peso della loro forza elettorale, al netto delle candidature presidenziali potrebbe essere molto diverso.
La sinistra con l’affermazione di Melenchon ha evitato una debacle rovinosa, ma occorre vedere quanto l’esponente della sinistra critica e radicale, riuscirà a capitalizzare in seggi parlamentari. Certo appare chiaro in Francia come nel resto d’Europa che il modello socialdemocratico tradizionale, dopo la marea liberista e globalizzatrice ha perso ogni appeal nell’insediamento elettorale storico che sceglie formule del tutto nuove, anche populistiche. Si avverte sempre più la necessità in Francia come in Germania come anche, e senza forse ancor di più in Italia, che la sinistra si riorganizzi su basi decisamente nuove, più adeguate alla profondità e alla gravità delle conseguenze sociali della crisi e dell’egemonia delle tecnocrazie finanziarie.
Una sinistra che non si unisca su rigide basi ideologiche del passato che sarebbe solo autolesionistico ed invece sappia connettersi con quella ampia e maggioritaria parte della società, non solo il proletariato, che sta pagando il prezzo più salato in termini d’impoverimento, di precarietà di perdita di diritti. Solo cosi potrà ritrovare l’identità perduta e una nuova funzione politica. Questo è il momento che la sinistra frammentata e dispersa, ritrovi la strada di una nuova unità, se non ora quando?