di Silvia R. Lolli
I mezzi di comunicazione italiani continuano a dare corda al politichese e non alla politica. Accanto alle cronache, soprattutto nere, usate spesso all’infinito per occupare gli spazi angusti di un’informazione nella quale la politica non si fa sentire, se non per gossip o per inchieste giudiziarie o chiacchiere da bar legate a primarie varie.
Così è a livello nazionale e locale, basta guardare i vari telegiornali e le trasmissioni connesse in cui la fa da padrone un racconto semplice e senza idee sul nostro futuro. Se guardiamo poi la politica più locale, complice forse leggi elettorali schiacciate sulla vittoria di uno che decide e costruisce la sua Giunta, ma anche di una cittadinanza che sta perdendo il senso del diritto di cittadino finché non gli si toglie qualcosa che sente suo, ci dovremmo accorgere della caduta in basso dell’idea di politica e di democrazia.
Continuo a pensare che negli ultimi anni la città di Bologna ed oggi la metropoli siano organizzate come un’azienda, con a capo un consiglio di amministrazione (giunta) e un amministratore delegato (sindaco o chi per lui). Il consiglio comunale fa le veci del consiglio dei probiviri o di sindaci, che come sappiamo da tante situazioni di fallimenti, corruzioni, italiani non servono troppo, viste le indagini che spesso ci danno un quadro delle varie colpe, ma senza darne le sanzioni. Il più delle volte non incide sulle scelte già fatte dalla giunta.
Volendo continuare a ragionare per esempio dello Stadio comunale di Bologna, il Dall’Ara, possiamo avere un esempio reale del racconto politichese attuale anche nella nostra città. La decisione è ri-organizzare, in nome della rigenerazione urbanistica, una vasta area pubblica a interessi solo privati: speculazione edilizia e commerciale.
Alla vigilia dell’ennesima raccolta di firme della cittadinanza, costituita in Comitato e speriamo ancora in tempo per qualsiasi decisione futura, viviamo solo nei mezzi d’informazione questo racconto. I cittadini di Bologna vengono messi di fronte al fatto compiuto, cioè alle scelte non di politica sportiva ed urbanistica, ma solo a scelte decise da vari consigli di amministrazione di società, private e pubbliche, la cui politica è legata solo ai bilanci e ai finanziamenti che si possono avere. Ci sarà partecipazione, ma non sarà vera perché si potranno dare indicazioni di minima ma per un’idea progettuale già scelta da altri soggetti.
Avete sentito parlare di un’idea politica per lo sviluppo sostenibile della città che non siano solo le parole di comunicazione elettorale? Noi no se non con termini, vedi “rigenerazione urbana”; in questo caso vuol fare rigenerazione per esempio in una fascia boscata. In una città estremamente urbanizzata ed in un luogo troppo vicino all’ospedale Maggiore, come sono appunto i prati di Caprara, come si può usare la parola rigenerazione se si costruiscono 11.000 nuove abitazioni al posto di alberi? E se poi si contrattano costruzioni di supermercati o addirittura outlet con i privati che entrano nel cerchio magico di questa combriccola in cui si mette il patrimonio pubblico (area militare in mano al pubblico o semi-pubblico, vedi Crb e la sua fondazione per esempio) in mano ai privati per un’operazione non solo politicamente sbagliata (e si dice che la giunta sia ancora di centro sinistra?), ma anche rischiosa dal punto di vista finanziario, se solo ci ricordassimo la crisi iniziata dai derivati e dai subprime.
Però andando oltre tutte queste speculazioni rimane il vuoto, ormai ancestrale per Bologna, di sapere la politica sportiva che i nostri “governanti” hanno in mente. Anche qui tutto, e da anni, è dato in mano ai privati e ci si barcamena solo per approvare le richieste specifiche dei vari consorzi e società di gestione degli impianti che sono ancora pubblici e costruiti su suolo pubblico.
Le manovre, molto sotto banco, che si stanno facendo per lo stadio comunale e per l’area della prima periferia che va dai Prati di Caprara (est ed ovest) fino allo Stadio passando dal Crb e anche dal centro sportivo Corticelli, sono un’ulteriore evidenza della mancanza di politica sportiva di Bologna. Sembra non ci sia ancora nulla di definito a livello di progettualità, cioè sembra che non ci siano ancora i vari progetti esecutivi, ma ci sono le idee di varianti urbanistiche già predisposte e che troveranno facilitazioni maggiori quando sarà approvata la legge regionale urbanistica e, a fianco di essa, la legge regionale sullo sport.
Nessuno si è accorto intanto che da tempo non c’è una vera politica sportiva a Bologna. Una delle poche città polisportive in cui tutta l’impiantistica, fin dagli anni Venti (costruzione stadio comunale allora Littoriale) era finalizzata non solo al calcio, ma a tutti gli sport: atletica, nuoto, ciclismo, lotta, pugilato, ginnastica, pallacanestro, pattinaggio, scherma, tennis… Ne sono, anzi ormai ne erano, una testimonianza gli spazi del complesso architettonico appunto dello Stadio comunale, ma anche del Palazzo dello sport di piazza Azzarita (costruito a metà degli anni Cinquanta), anche e soprattutto quelli al coperto, come le palestre e le piste al coperto sotto le tribune che servivano per i riscaldamenti dei vari sport e per gli allenamenti invernali di atletica e pattinaggio da corsa (impianto allo Stadio).
Se guardiamo più a fondo questa questione non c’è solo l’odierna incapacità di avere un’idea di politica ancora polisportiva, ma c’è stata negli anni la volontà di perdere impianti sportivi importanti a favore di società di calcio e di basket professionistiche che fra l’altro non hanno mantenuto gli altri spazi sportivi. Ci risulta per esempio che per far posto ad un bar dedicato dentro al PalaDozza si siano dovute spostare le storiche pedane di scherma della Sel Virtus, oltre alla chiusura degli impianti di atletica sotto le tribune dello stesso palazzo e si spostò la biblioteca del Csef (Centro studi di educazione fisica).
A fronte di questa concessione (convenzione pluriennale in cui si parlava appunto di lavori di manutenzione.) pluriennale, ci risulta che il Comune abbia anche perso, per il fallimento della società, anche l’affitto richiesto. Bella politica, tutta a favore della collettività. Anche la concessione, convenzione, del Dall’Ara al precedente assetto societario del Bfc, ha dato finora due risultati certi: l’abbandono di una pista di atletica rimessa a nuovo (e per gare ufficiali) e la chiusura dell’anello sotto le tribune falciati per costruire il passaggio alla tribuna vip. Forse un altro risultato è stato un debito pagato più tardi al Comune.
Significante e significato diventano importanti per stabilire che cosa sia diventata la politica sportiva della città di Bologna negli ultimi anni.
Anni in cui inoltre, a livello contabile e non solo sportivo, non possiamo dire che la città ci abbia guadagnato. Ricordiamo solo ciò che abbiamo già rilevato sulla questione scelte sulle piscine, acquisto a prezzi esorbitanti dello Sterlino e la deficitaria questione della piscina di 50 metri dello stadio comunale.
Il peggio poi è che la maggior parte dei bolognesi è stata a guardare e non ha detto nulla; ma se la politica sportiva la fanno le società o gli enti di promozione sportiva a cui viene data la gestione di grossi e più piccoli impianti e per tanti anni, oppure viene facilitata la possibilità di costruire impianti nuovi (sempre rimanendo suolo pubblico?) per accrescere la loro autorità sportiva e spesso settoriale, il cittadino non può fare nulla. Infatti non può conoscere tutto, soprattutto quando in Italia studi specifici di economia e sociologia sportiva sono appannaggio soprattutto di gruppi facenti capo allo stesso sport; poi il cittadino è escluso dagli accordi, convenzioni o avvisi pubblici che sono diventati più contratti privati fra l’amministrazione e i vari soggetti sportivi.
La frammentazione degli interventi e dei contratti la possiamo chiamare ancora politica? Credo di no; allora mi chiedo perché dobbiamo eleggere amministratori che poi si dimostrano alquanto ignoranti in materia?