di Ingrid Colanicchia
«Ni una mujer menos, ni una muerta más». Non una donna in meno, non una morta in più. Si racconta che dicesse spesso così Susana Chávez, la poeta messicana, attivista per i diritti umani, che ha speso gran parte della sua vita per denunciare i femminicidi che hanno reso tristemente nota Ciudad Juárez, la città dove era nata e dove, nel 2011, a soli 36 anni, ha trovato la morte: mutilata e uccisa con tutta probabilità per quella sua stessa battaglia.
La speranza di Susana non si è tradotta in realtà: da allora, in Messico e non solo, di morte ammazzate per mano di un uomo ce ne sono state tante. Al punto che “Ni una menos” è diventato il nome di un intero movimento che in America Latina riempie le piazze per dire no alla violenza sulle donne.
Un grido collettivo che ha attraversato l’Oceano e che sarà scandito a gran voce da quante e quanti il 26 novembre confluiranno a Roma per la manifestazione nazionale “Non una di meno”, indetta dalla Rete IoDecido (che a Roma, da tre anni, si è mobilitata sul tema della salute, contro la violenza di genere eccetera); da D.i.Re – Donne in rete contro la violenza (che riunisce i Centri Antiviolenza non istituzionali e gestiti da associazioni di donne sparsi sul territorio nazionale); e dall’Udi – Unione donne in Italia (storica associazione femminile nata tra il 1944 e il 1945 dall’esperienza dei Gruppi di Difesa della Donna, creati in supporto alla Resistenza).
«Vogliamo che sabato 26 novembre Roma sia attraversata da un corteo che porti tutte noi a gridare la nostra rabbia e a rivendicare la nostra voglia di autodeterminazione», si legge nell’appello di lancio della manifestazione che partirà da piazza della Repubblica alle 14. «Non accettiamo più che la violenza condannata a parole venga più che tollerata nei fatti. Non c’è nessuno stato d’eccezione o di emergenza: il femminicidio è solo l’estrema conseguenza della cultura che lo alimenta e lo giustifica. È un fenomeno strutturale che come tale va affrontato».
La manifestazione del 26 novembre, indetta in concomitanza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne (che cade il 25), è frutto di un percorso che, nei mesi passati, ha visto una grande mobilitazione di realtà e collettivi, culminata in una partecipatissima assemblea, svoltasi a Roma l’8 ottobre scorso.
E nelle intenzioni non sarà che un punto di partenza. Per il giorno successivo è stato infatti organizzato un momento di discussione nazionale (appuntamento alle 10 alla scuola elementare Federico Di Donato, in via Nino Bixio 83) che si articolerà in tavoli tematici e laboratori, incentrati, oltre che sulla violenza, sull’educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità; sul diritto alla salute e all’autodeterminazione in ambito sessuale e riproduttivo; su lavoro e welfare eccetera.
L’obiettivo è quello di predisporre un “Piano femminista contro la violenza maschile” che porti, tra le altre cose, alla rapida revisione del Piano straordinario nazionale antiviolenza adottato nel 2015, che promotrici e aderenti ritengono assolutamente inadeguato.
Ma la giornata del 26 sarà anche occasione per approfondire un tema strettamente legato alla questione: presso la Casa internazionale delle donne (in via della Lungara 19) si terrà infatti, dalle 10 alle 13, l’incontro “Libertà delle donne e fondamentalismi”, tappa di un percorso che sfocerà nell’organizzazione di un seminario internazionale entro la prossima primavera. Un’iniziativa che nasce dal desiderio di ragionare su quei fondamentalismi, di diversa natura, non solo religiosa, che hanno come bersaglio la libertà delle donne.
Il 26 e 27 novembre saranno, insomma, due giorni di grande mobilitazione, cui tutti coloro che ritengono la violenza di genere questione prioritaria sono chiamati a partecipare.
Questo articolo è stato pubblicato da Micromega online il 19 novembre 2016