di Claudio Cossu
È avvenuto alle prime luci dell’alba del 9 novembre 2016, protetti ancora dall’oscurità autunnale, per non destare sospetti o curiosità o, forse, semplicemente per non provocare orrore e disapprovazione da parte dei vari passanti mattinieri che si aggiravano da quelle parti, nei pressi cioè del Silos di Trieste. Gli sgherri della “polizia locale”, un tempo chiamati “guardie del radicio”, impietosi ora perché al servizio e agli ordini del vicesindaco di questa città – un tempo ridente e serena – hanno costretto una trentina di esseri umani, sfortunati e richiedenti asilo e solidarietà, hanno costretto, dunque, questi profughi e abbandonati rappresentanti di una sfortunata e derelitta umanità ad abbandonare la struttura del Silos stesso.
Dove avevano trovato un po’ di riparo dal freddo della stagione e dall’umidità circa 35 derelitti ed esclusi esseri di nazionalità afghana e pachistana, che non erano riusciti a trovare altra e diversa umana accoglienza. E ancora, in aggiunta, sono stati colpiti da una crudele e malvagia denuncia per omessa osservanza di un’assurda ordinanza che nega l’ingresso nel vecchio edificio, divieto che colpisce chiunque cerchi colà un po’ di calore e riparo, una protezione caritatevole tout court.
A loro non è stato concesso neppure di distendersi e dormire nei pressi di quell’edificio, sotto il cielo, nella nuda strada, fatta di polveroso e disagevole selciato. Come ombre sono stati costretti a vagare nelle altre strade della città divenuta ormai testimone silenziosa di tragedie similari, da una giunta comunale senza alcun rispetto dei diritti civili e umani o semplicemente priva anche di un frammento di pietas, in nome del decoro e della sicurezza (valori ridicoli nei confronti della sofferenza umana e della indigenza del prossimo).
Cacciati, sono stati visti, quindi, aggirarsi nelle gelide strade dell’algida città triestina resa angosciante, da tale giunta, e risultante ormai inospitale “agglomerato urbano ” al quale – paradossalmente e direi impropriamente – è stato conferito il titolo di “città turistica”. I loro cartoni, i poveri assi di legno e stracci che tentavano di creare un rozzo e primordiale riparo, sono stati inesorabilmente gettati in qualche discarica. Per essi non esistono tetti o ripari, tutto risulta chiuso e sbarrato da immensi ed efferati cavalli di frisia e filo spinato: la Caritas non presenta più posti liberi è piena di altri derelitti.
Mentre gli altri esseri umani, viventi nella “Fortezza Trieste”, dignitosi cittadini della città amministrata da questi algidi e malevoli figuri, da poco dichiarata “turistica”, dormono beati nei loro agiati e caldi “materassi di lana”, tra le mura accoglienti e domestiche . Mi domando perché non interviene ” Amnesty international “o la procura della Repubblica dinanzi a tale vistoso calpestio di diritti civili e umani e in presenza di mancata assistenza a persone bisognose, fragili e diserate Non certo di buona salute. Non vi è nessuno che ricorra avverso tali ingiuste e dannose misure, del tutto arbitrarie, nessun giudice o Procuratore che si rivolga, in una secoda fase, alla Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo?
Niente può, dunque essere risparmiato a Trieste, resa preda di un manipolo di duri, crudeli politici reazionari ed impreparati e che sanno gestire solo con demagogia e metodi rozzi e strumentali la bella e ridente città, un tempo perla di un grande e civile Impero che abbracciava più popoli dalle diverse e variegate culture, lingue e religioni ? Senza alcuna esclusione di sorta.