di Marco Ligas
È stato offensivo, e non privo di saccenteria, il giudizio espresso da Massimo Zedda su Virginia Raggi per il no alle Olimpiadi. “Quando si amministrano i Comuni”, ha detto Zedda, “non si possono evitare i lavori pubblici pensando che alimentino necessariamente corruzione e clientelismo. Con questa scelta ha mostrato di essere un’incapace”.
È vero, i lavori pubblici, se rispondono ai bisogni dei cittadini e rispettano la storia, la cultura e il paesaggio delle città, sono certamente utili e perciò bene accetti. Naturalmente devono essere eseguiti con diligenza e con responsabilità, avendo la consapevolezza che spesso, chi li effettua, viene attratto da altre motivazioni, non ultima l’obiettivo del massimo guadagno anche a discapito della buona riuscita degli stessi lavori.
E non è un caso che talvolta anche le opere pubbliche più recenti, che siano strade o abitazioni poco importa, vengano danneggiate dal primo acquazzone stagionale. Massimo Zedda conosce queste vicende perché ha avuto modo di verificarle nelle ultime settimane.
Ma le motivazioni principali per cui il Comune di Roma ha rinunciato alle Olimpiadi erano altre e riguardavano soprattutto i costi che il Comune avrebbe dovuto affrontare per la realizzazione dell’evento sportivo. Eppure questo aspetto non è rimasto ai margini della decisione assunta e comunicata più volte dalla sindaca Virginia Raggi. Alcuni tuttavia hanno preferito non sentire questo messaggio al fine di indirizzare e legittimare le loro critiche (e anche gli insulti) su altre questioni.
Anche il sindaco di Cagliari ha seguito questa strada. L’ha seguita perché ha sottovalutato, non sappiamo se inconsapevolmente, il problema dei costi che l’organizzazione di un’Olimpiade comporta, o forse, più realisticamente, per star dentro l’onda mediatica che ha come bersaglio il Movimento 5 stelle. Sappiamo bene come Renzi non disdegnerebbe un sostegno finalizzato alla sconfitta di questo Movimento e Zedda, dal canto suo, non è apparso e non appare insensibile a questo disegno.
In realtà, andando al di là delle considerazioni troppo spesso ripetute strumentalmente su come sarebbero utili al nostro paese e alle nostre città le competizioni sportive come le Olimpiadi, sarebbe molto più opportuno capire, attraverso analisi adeguate, i reali vantaggi o gli inconvenienti che queste competizioni comportano.
Chi ha effettuato ricerche di questa natura è arrivato alla conclusione che le Olimpiadi sono spesso (o quasi sempre) in perdita, e che i costi stimati ex ante vengono regolarmente superati talvolta con percentuali maggiori del 100%. Determinano questo divario le spese relative alla costruzione delle infrastrutture, il più delle volte sottovalutate, ma soprattutto influiscono i costi sottostimati da chi, gruppi imprenditoriali o clan politici in testa, ha interesse perché l’assegnazione della competizione sportiva avvenga a favore del proprio paese o della propria città.
Ma di queste analisi nessuno parla, così diventa più comprensibile che la Confindustria e tutto il sistema delle comunicazioni che opera nel nostro paese si dichiarino offesi perché Virginia Raggi ha rinunciato alla realizzazione dell’evento sportivo. Peccato che la ragione fondamentale dell’offesa non abbia niente di nobile ma derivi esclusivamente dalle mancate speculazioni programmate.
Intanto qualcuno ha rilevato come il livore che oggi viene manifestato nei confronti della Raggi non ci sia stato in precedenza nei confronti di Monti, autore anche lui del gran rifiuto. Perché, ci si chiede, questa differenza? Chissà, forse perché Monti e gli scontenti di oggi hanno lo stesso Dna politico e tra loro è più difficile che si manifestino rivalità o conflittualità.
Comunque si interpretino queste diversità non si capisce perché una città come Roma, con un debito pubblico elevatissimo, avrebbe dovuto accettare le Olimpiadi richieste con grande determinazione dai cosiddetti palazzinari e dalle istituzioni sportive guidate dal duo Malagò-Montezemolo.
Risulta invece prioritario e fondamentale quel che sostiene la Raggi: Roma ha ben altre priorità, vanno dai problemi della mobilità e dei trasporti sempre più caotici e inadeguati ai bisogni dei cittadini a quello dei rifiuti e dei servizi sociali. Non affrontarli con la dovuta tempestività sarebbe un grave errore che darebbe ai cittadini un segnale imperdonabile di irresponsabilità e, in questo caso davvero, di autentica incapacità.
Se ne convinca anche il sindaco di Cagliari. Lo sviluppo della vela è sempre possibile anche al di là delle Olimpiadi; a nessuno sfugge l’importanza di questo sport così come non sfuggono le possibilità di sviluppo delle attività ad esso collegate. Ma occorre rispettare le priorità degli interventi: è qui che si manifestano le reali capacità degli amministratori di una città. E anche Cagliari, non nelle stesse dimensioni Roma, ha un forte bisogno di politiche sociali, oggi ancora insufficienti.
Questo articolo è stato pubblicato dal Manifesto sardo il 1 ottobre 2016