Jobs act macht frei: si deve andare oltre menzogne già sentite

13 Maggio 2016 /

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Morti sul lavoro
Morti sul lavoro
di Claudio Cossu
Su “Il Piccolo” (di Trieste) del 5 maggio 2016, in un intervento firmato “www.lavoce.info”, l’autore termina con delle considerazioni traboccanti di ottimismo, o diciamo, meglio, “non peggiorative” sullo stato attuale del “mercato del lavoro” (terminologia non certo felice, come già è stato rilevato), sintetizzando, alla fine, che la situazione del lavoro – nel nostro Paese -, sia pure presentando ancora dati preoccupanti e gravemente negativi, (aumento dei disoccupati da 1,6 a 3,2 milioni dall’anno 2007 al 2014, salvo una pausa tra il 2010 e il 2011).
Ma in fondo, peraltro, a partire dal 2015 avrebbe “preso corpo un qualche segnale percettibile di riduzione” (della disoccupazione, ndr). Tutto sommato, pertanto, alla fine, la situazione del mondo del lavoro “di sicuro non si sta aggravando”, ma “si ravvisano, anzi, segnali di miglioramento e ci si augura che le cure prodigate (dalla politica dell’attuale governo, ndr) continuino a spingere al miglioramento un paziente il cui quadro clinico è per diversi aspetti compromesso da vizi antichi”.
E prima ancora, riferisce sempre l’autore, “nel 2015 la domanda del lavoro si è poi rianimata” e, sul finire dello stesso anno, “almeno quanto perduto con la seconda recessione, è stato recuperato”. Ma quel non peggioramento, quella instabile stabilità che presenta oggi il mondo lavorativo, in Italia, grazie anche (dicono) alle nuove tipologie di lavoro, ai nuovi contratti di dubbia limpidezza, ai “voucher” o buoni lavoro, al “job act” tout court, otre a una conseguente, inevitabile metodologia di mero sfruttamento, costa sofferenze e sangue.

Talvolta, purtroppo, una ripresa – in contro tendenza – dell’indice delle morti sui luoghi di lavoro. Ritengo, senza alcun dubbio, per la carenza nonché per la trascuratezza nella tutela degli operatori nei luoghi di lavoro, come pure nella sicurezza della salute dei lavoratori. Quelle che un tempo venivano chiamate “morti bianche” e che parevano ormai in netto calo, sono, quindi, tristemente aumentate.
Ma le notizie dei decessi vengono omesse regolarmente dai media. Possono produrre, forse, demotivazioni e possono arrecare depressione, non invogliando certo gli elettori a votare o a dare il proprio consenso a chi guida la politica dell’attuale esecutivo? Osservando i dati Inail, infatti, assistiamo, per la prima volta dal 2006, ad un aumento delle morti sul lavoro in “strana” coincidenza con i citati segnali di “miglioramento” o “non peggioramento”.
Si veda, anche, il giornale “on line” Ediltecnica per professionisti tecnici ISSN 2281-4566″ del 2016. In particolare, durante i primi otto mesi dell’anno 2015, le vittime risultano ben 752 solo nell’edilizia, 100 in più rispetto ai 652 decessi, dello stesso periodo, nell’anno 2014. Un bilancio tragico che comprende anche le morti avvenute ” in itinere”- vedi anche RaiNews – 65/A giornata per le vittime degli incidenti e infortuni sul lavoro.
Si arriva, pertanto, in tutto l’anno 2015, all’11% in più rispetto all’anno 2014 (in particolare, poi, nel settore dell’industria si sono verificate 69 morti sul lavoro, il 15% del totale infortuni). L’indice di mortalità, dunque, è tornato tristemente a crescere, con 3,5 morti ogni 100 mila occupati. E vi è da osservare, inoltre, che i dati dell’Inail, diffusi con toni trionfalistici precedentemente, non sono del tutto attendibili, in quanto non tengono conto dei lavoratori assicurati con altri istituti, delle partite IVA né dell’economia “sommersa” che in certi settori rappresenta un fenomeno non marginale.
Infine, secondo l'”Indipendent observatory of Bologna (Italy) who died on the jobs” nei primi mesi del 2016 sono già state accertate ben 194 morti sui luoghi di lavoro (191 nello stesso periodo dell’anno 2015, mentre nel 2008 erano 177, con un aumento del 7,4%). Complessivamente, nell’anno 2015 “il sanguinoso stillicidio di caduti sul lavoro” è stato conteggiato, dallo stesso Inail, con i limiti sopra descritti, in 1172 morti globalmente, a prescindere dal settore preso in esame singolarmente, oltre alle decine di migliaia di feriti, con un incremento del 16% rispetto al 2014.
Per questo qualche settimana addietro è stata proclamata una giornata per ricordare il “Safe Day” da sindacati e istituti vari che si occupano delle problematiche del lavoro. Questo il vero volto, la luttuosa e dolente interfaccia dell’asserito trend in positivo (meglio sarebbe definirlo non peggiorativo) registrato dal 2015 a tutt’oggi, nel mondo del lavoro.

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