di Bruno Giorgini
Il Fronte Nazionale è il primo partito di Francia con quasi il 30% dei voti. Per la prima volta in Europa dal 1945, quando la Germania di Hitler e l’Italia di Mussolini furono sconfitte, uno dei paesi vincitori e tra i padri fondatori della Unione Europea, vede emergere come primo partito una organizzazione politica che ha la sua origine nell’ideologia razzista e fascista.
Un’ideologia di cui il FN è ancora fortemente impregnato nonostante i tentativi di Marine Le Pen di renderlo presentabile nel consesso democratico, giungendo fino all’espulsione del vecchio Jean Marie, il padre, per manifeste simpatie fasciste, se non naziste. Erano elezioni regionali, ma a forte connotazione politica, accentuata dall’attacco terrorista a Parigi del 13 Novembre che ha tra l’altro fortemente limitato la campagna elettorale.
D’altra parte Marine Le Pen ha parlato come capo di stato in pectore, centrando il suo discorso sul senso di responsabilità, attorno all’asse della sovranità, della nazione, dello stato incarnazione dei valori di Libertè, Egalitè, Fraternitè, chiamando i francesi di tutte le origini se rassembler, a riunirsi, i patrioti, e ponendo come primo punto sociale “la difesa dei più poveri”.
Marine Le Pen si è presentata nella regione più povera, e una delle più popolose, di Francia, le Nord – Pas – de – Calais – Picardie, un tempo bastione della classe operaia e del PCF, ottenendo il 40% dei voti. Per diventare Presidente di regione deve ottenere la maggioranza al secondo turno, quando il candidato socialista (attorno al 18%), come già annunciato, si ritirerà a favore del candidato della destra repubblicana di Sarkozy, che è al 25%.
Ma nulla garantisce che gli elettori socialisti, e ancor meno i comunisti, verdi e di estrema sinistra – sommati danno oltre il 10%, qui come a livello nazionale – convergano sull’uomo della destra. D’altra parte Sarkozy ha rifiutato fin dalla prima dichiarazione qualunque apparentamento con il PS e i suoi alleati, comunicando che in alcun caso i suoi candidati si ritireranno. Né si può negare che una democrazia ad excludendum verso una candidata che ha ottenuto il 40% dei voti, e verso un partito come il FN, che è il primo di Francia, sia zoppa assai. Tra l’altro di questa convenzione il Fronte si è nutrito, crescendo giorno dopo giorno, e qualificandosi come partito estraneo ai giochi della politica politicante e alla spartizione di poltrone, sedie, sgabelli e prebende: un partito in un certo senso quasi rivoluzionario.
Inoltre la vittoria del FN (30%) copre sei regioni (Alsazia, Borgogna, ecc..) mentre i Repubblicani di Sarkozy (27%) sono in testa in quattro e il Partito Socialista (22-23%) coi suoi alleati, essenzialmente il partito Radicale di sinistra (niente a che vedere coi radicali nostrani), in tre: ovvero il partito di Marine Le Pen ha ormai un’estensione e una capacità di incidenza su tutto il territorio nazionale, e se ignorarlo non è possibile, anche confinarlo ai margini sarà molto difficile, visto che rappresenta milioni di cittadini/e.
Questa vittoria a lungo e con cura preparata, e annunciata, cammina su due gambe. La prima essendo l’affermazione di una forte identità e sovranità nazional nazionalista, la seconda un programma di difesa dei ceti più poveri e più sfruttati, e quelli del Fronte a differenza dei socialisti li trovi nei ghetti a fare propaganda porta a porta. Le due cose si tengono quando Marine Le Pen individua nella UE, e nella sua politica economica nonché nell’egemonia tedesca con perdita di autonomia dello stato francese, il vettore portante di uno sfruttamento delle risorse nazionali, sfruttamento dei lavoratori, dei contadini, ecc.., e quindi la lotta nazionale s’intreccia naturalmente con quella economica e con la questione sociale.
Non a caso Jacques Sapir, economista piuttosto noto, e vicino al Front de Gauche, ha proposto la costruzione di un Fronte di Liberazione Nazionale, dove fianco a fianco potrebbero/dovrebbero stare i militanti comunisti e quelli del FN, uniti in un programma comune di salvezza nazionale e contro l’euro. Non a caso Marine Le Pen va a Science Po, la prestigiosa grande scuola francese, a discutere con gli studenti gauchistes e le studentesse femministe, anche a prenderli/e per i fondelli, loro i figli/e della buona borghesia, che pretendono di fare la rivoluzione nella aule e nelle biblioteche, e venendo parecchio applaudita. D’altra parte, quando Hollande ha annunciato che in nome della lotta al terrorismo avrebbero potuto esserci deroghe al rispetto dei diritti dell’uomo, Le Pen ha avuto gioco facile dicendo con un sorriso assai ironico: “Il Front National è ormai fonte di ispirazione persino per Francois Hollande”. Perché la nazione sovrana ha da essere ordinata, va da sé.
Il fatto è che il FN sta assumendo una qualità di egemonia culturale, e direi linguistica, talché le parole nazione, sovranità, nazionalismo, rifiuto del cosmopolitismo e dell’universalismo, rifiuto del comunitarismo – che si traduce essenzialmente in un sottile ma pervicace indirizzo antislamico, volta a volta modulato tra antislamismo, antiterrorismo, antisalafismo ecc..però sempre riaffermando la libertà di culto per tutti, sì ma….je ne suis pas raciste mai je n’aime pas les arabes – diventano moneta corrente in bocca a famosi intellettuali, come Alain Finkielkraut o Michel Onfray, di cui Laurent Joffrin, giornalista molto noto (Le Monde, Liberation, Le Nouvel Observateur,..) ha scritto: “come filosofo, a furia di dire quel che pensa, fa il gioco del FN”.
Il fatto è che il PS ha ormai del tutto rinunciato a parole come società multietnica e multiculturale, lotta allo sfruttamento, egalitè e fraternitè, ecologia, stato dei diritti sociali, cultura critica, dissenso, sciopero, lotta, ribellione, classi subalterne, e dominanti, diritto allo studio, per non dire del diritto di voto per milioni di immigrati, dai tempi di Mitterand a ogni tornata elettorale sempre promesso, e mai attuato.
Già accadde ai tempi della guerra d’Algeria che l’antica SFIO, così si chiamavano allora i socialisti, si dissolvesse sotto l’urto di una politica coloniale ormai compiutamente e soltanto oppressiva nonché reazionaria, finché non divenne peggio appunto con la legge dello stato di emergenza del 1955, che aprì la strada alle torture e alla strage di centinaia di algerini in manifestazione pacifica a Parigi la notte del 17 ottobre 1961, nell’assoluto silenzio dei media quando al mattino nella Senna galleggiavano decine di corpi senza vita.
Non siamo ancora a questo punto, ma certo una Francia stretta tra la brace di uno stato d’emergenza e di polizia che minaccia di diventare permanente, la padella di una forza politica come il FN d’origine fascista certamente non pare essere in buona salute democratica. E, come è ben noto la democrazia contribuisce assai a una buona qualità della vita.
Questo articolo è stato pubblicato su Inchiesta online il 7 dicembre 2015