di Dario Zanuso e Aldo Zoppo
Dio esiste e vive a Bruxelles (Le Tout Nouveau Testament), di Jaco Van Dormael, Francia-Belgio 2015
Per quale dannata ragione una fetta di pane e marmellata cade sempre dalla parte della marmellata, e quando non accade è perché l’abbiamo spalmata sul lato sbagliato? E perché la fila vicino alla nostra è sempre più veloce? O ancora, come mai quando ci immergiamo nella vasca da bagno, regolarmente suona il telefono? Il film offre una risposta a questi essenziali interrogativi e per farlo non può che partire da Dio. La teologia ci ha offerto intere biblioteche nel tentativo di spiegare il paradosso di come sia possibile la coesistenza del male e di una divinità buona ed onnipotente. Secondo la visione surreale e grottesca di Van Dormael, questo punto di vista, in particolare nell’assunto sulla bontà di Dio, è radicalmente sbagliato.
Ad aprire il film le parole di Ea, una bambina alle soglie dell’adolescenza: “Dio esiste e vive a Bruxelles. Appartamento tre camere con cucina e lavanderia, senza una porta di entrata e di uscita. Si è parlato molto di suo figlio, ma poco di sua figlia. Sua figlia sono io.” Eccolo Dio, un signore di mezza età, un poco di buono che maltratta la moglie, relegata alle faccende domestiche, e la figlia. Dalla sua stanza, tramite un personal computer, governa i destini del mondo e degli uomini. Per scacciare la noia inventa una lunga serie di assurde e sadiche leggi universali e comandamenti con i quali vessare gli umani. Ea si ribella al giogo del padre e sabota gli strumenti del suo dominio: di nascosto si impossessa del pc ed invia a ciascun umano un sms con l’informazione sulla data di morte, togliendo così a Dio “il potere di tenere tutti per le palle”. Fugge quindi nel mondo, alla ricerca di sei apostoli con l’aiuto dei quali fondare un nuovo testamento.
È un film molto divertente. Ha alcune idee, in particolare nella parte iniziale, sorprendenti e geniali (lo è anche la conclusione, che non sveliamo; diciamo solo che i colori psichedelici del cielo ci fanno capire che se Dio fosse stato una donna avremmo avuto tutta un’altra storia, molto più bella). Perde di mordente nella seconda parte. Presentato alla Quinzaine di Cannes, è stato uno dei fiori all’occhiello dell’ultimo Biografilm Festival, dove ha avuto la sua anteprima italiana.
A bigger splash, di Luca Guadagnino, Italia-Francia 2015
In concorso all’ultima Mostra di Venezia, il film di Guadagnino è il remake di La piscina, diretto da Jacques Deray nel lontano 1969. Se allora i protagonisti (Alain Delon, Romy Schneider ed una giovanissima Jane Birkin) erano scrittori e giornalisti del bel mondo, oggi in primo piano sono le stelle della musica rock. Marianne (Tilda Swinton) è la cantante di un gruppo rock di successo, afona in seguito ad un’operazione alle corde vocali. Paul (Matthias Schoenaerts), un fotografo che non riesce ad ultimare il documentario al quale lavora da anni, è il suo giovane amante.
Le loro placida vacanza in una splendida villa di Pantelleria è turbata dall’inaspettato arrivo di Harry (Ralph Fiennes), l’ex amante e produttore di Marianne, e dalla sua giovanissima figlia, Penelope (Dakota Johnson). Inizialmente sotto traccia, poi sempre più esplicito e senza sconti, il film ci mostra l’antagonismo tra i due protagonisti maschili per la conquista di Marianne. Sullo sfondo le immagini oleografiche dell’isola, a rappresentare un’Italia ad uso e consumo del pubblico internazionale.
Nella sala Darsena del Lido, piena come un uovo, apprezziamo la perizia tecnica del regista e la buona direzione degli attori, ma la vicenda e la miseria morale dei protagonisti, irritanti ed odiosi nel loro spleen esistenziale, condito con droghe ed alcol, non riesce ad accendere alcun interesse; gli sbadigli son sempre più frequenti e prolungati. All’improvviso giunge in scena Corrado Guzzanti, nei panni della macchietta di un carabiniere, chiamato ad indagare sull’omicidio con cui si conclude la lotta tra i due galli del dammuso.
Assieme a lui, sparuti gruppi di profughi, immigrati dall’Africa e facili capri espiatori (che Guadagnino, si sappia, è un regista impegnato). Si tratta di una svolta inaspettata, che riaccende la nostra attenzione. La noia si trasforma in incredulità e completo disarmo, tra tragedia e farsa abbiam perso la rotta. Siamo annichiliti e senza parole. Chi ha il fisico più temprato reagisce con fischi stizzosi.