di Maurizio Matteuzzi
Oggi io sono stanco. Sono stanco di sentire gente rozza e incolta pontificare sull’università italiana. Di dover ribattere a critiche insensate, da bottegaio di periferia. Di dovere decodificare norme assurde, distruttive della dignità accademica, di vedere il corpo docente calare ogni anno in modo sempre più drammatico, di vedere il precariato eretto a sistema, di constatare la continua messa in mora del diritto allo studio, di dovere prendere atto del decadimento sempre più accentuato degli studenti. D’altra parte, se si disinveste per decenni su un certo comparto, gli esiti sono scontati.
Sono stanco della fuffa mediatica degli imbonitori, quelli che farneticano di 500 cervelli eccellenti, che verrebbero in Italia. Chi verrebbe, Eccellenza, entro strutture fatiscenti, senza mezzi per la ricerca, con stipendi all’ultimo posto in Europa, in un paese dove anche comprare un vetrino per un microscopio è un problema, si può fare solo in certi periodi, pagandolo il triplo, e soddisfacendo una burocrazia demenziale? Che, fa il nesci Eccellenza; o non sapeva? Vuole una ricetta sicura per ottenere una resurrezione immediata dell’accademia? Non chiami gente da fuori, non ne abbiamo sinceramente bisogno: basterebbe che ve ne andaste via voi.
Sono stanco di vedere uno scienziato, dopo una cena con diciannove colleghi, a Bruxelles, cercare disperatamente di spiegare al ristoratore, in inglese, che ha bisogno di una ricevuta fiscale per un ventesimo del totale. Di vivere l’ingabbiamento entro settori scientifico disciplinari della cultura, settori spesso mal pensati, con materie mal accoppiate, e vistose lacune. Unico caso al mondo. Ho sentito spesso qualcuno argomentare che non è opportuno sposare certe vie “perché non si fa in nessuna parte del mondo”. Sono molte le cose che accadono in Italia e in nessun altro posto al mondo. Quale università al mondo non ha le facoltà, a parte noi? In quale posto del mondo una promozione si trasforma in un danno economico? Chi altri ha mai pensato di usare le mediane come discrimine, per penalizzare a priori, in modo certo, una metà della popolazione?
Fa di nuovo il nesci, Eccellenza, non sapeva?
Sono stanco di scoprire ogni giorno l’ennesima trovata dell’ANVUR, istituto che ha battuto ogni record di velocità a coprirsi di ridicolo, messo quotidianamente alla berlina da Roars. Di farmi opprimere da una burocrazia insensata e debordante, di una assurdità che spesso ha dell’incredibile: come quando, per dare un assegno di ricerca a un allievo, si deve tacere il nome del prescelto, e fare un finto concorso, con un finto anonimato, e riempire tre verbali di pagine e pagine di fesserie e di finzioni. Scribi e farisei, sepolcri imbiancati! Sicuramente qui accorreranno tutti dall’università di Boston, l’MIT dovrà chiudere i battenti, verranno qui in cinquecento! E quelli che verranno saranno sicuramente i migliori, tutti sopra la mediana. Attenzione però: le mediane, come tutti gli enti geometrici, sono impalpabili, lunghezza senza larghezza, come dice Euclide: a star seduti sulle mediane si può anche sbattere per terra quella parte del corpo su cui raramente batte il sole.
Sono stanco di chi promette, enfatico e stentoreo, che “aboliremo la Gelmini”, e poi la rinforza con i propri ministri. Come avrebbe scritto Guareschi, contrordine compagni: la frase dell’Unità non era “ab-oliamo la Gelmini”, ma era “OLIAMO la Gelmini”!
Stanco di dovere spiegare l’importanza della cultura umanistica, o della ricerca di base, entro una pletora di persone che hanno divinizzato il mercato, il risultato a breve termine, l’ “aziendalizzazione”, con la lungimiranza politica di una talpa.
I’m tired. Estoy cansado. Ich bin müde. Je suis fatigué. Caspita, Eccellenza, come mi sono internazionalizzato, ora, con la 240! D’altra parte, perché non dovrebbero venire, quei cinquecento: noi abbiamo il sole, il mare, il Colosseo…
Attenzione però: ha mai sentito un americano cercare di dire “Colosseo” in italiano? Viene fuori qualcosa di simile a “culo suo”; sorge un dubbio: che alludano, Eccellenza?